In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,38-44).
Oggi, 10 novembre, la Chiesa giunge alla XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B, colore liturgico verde).
A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Mauro Donato, sacerdote dell’Arcidiocesi di Torino.
Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.
Eccolo, il commento.
«In Verità io vi dico...»: così dichiara Gesù ai discepoli; letteralmente sarebbe: «Amen, vi dico…», ovvero: «Così stanno le cose, così è…». Gesù offre ai discepoli lo sguardo di Dio su quella cassa che raccoglie le offerte, o, meglio, non sulla cassa, ma sulle persone che fanno la loro offerta.
Lo sguardo umano facilmente si posa sulle cose, che possono fare più sensazione, come una grossa offerta che cade rumorosamente nella cassa; lo sguardo di Dio, invece, quello che Gesù offre e condivide con i discepoli, e dunque anche con noi, si posa sulle persone, sul cuore di chi offre. Così, si può vedere che si può offrire tanto con un cuore duro, superbo e doppio; e si può offrire poco con cuore aperto, sincero e puro. Quando si offre calcolando il ritorno personale, si offre sempre poco, perché la vita, nella sua interezza, non è coinvolta e il cuore è diviso. Quando si offre con generosità, senza sperare nulla in cambio, si coinvolge il proprio essere, la propria vita, per intero, e il cuore è unificato: questo è il buon frutto agli occhi di Dio, ed è tanto.
Il tema in questione, per noi, parrebbe essere la contribuzione di ogni cristiano, anche economicamente, alle necessità della Chiesa; allo stesso tempo, questo tema va inserito in un orizzonte più ampio; come sempre, dal punto di vista del Vangelo, non si può ridurre la questione a un dovere, che, tra l’altro, i ricchi citati nel Vangelo parrebbero adempiere; proprio perché ciò che rende vera e fruttuosa l’offerta è l’atteggiamento del cuore, la sorgente che la anima può scaturire solo dall’amore per il Signore, primo di tutti i comandamenti, come detto da Gesù e dallo scriba pochi versetti prima.
Il tempio sarà distrutto; ma per chi accoglie il Signore il nuovo tempio è il Suo corpo, e tutta la vita spirituale scaturisce da Lui; il luogo di culto non è più a tutti gli effetti un tempio, in cui si custodisce la presenza di Dio separata da mondo: è la Chiesa (da ecclesìa = adunanza di persone), che sposta il senso stesso del luogo sulle persone che si radunano in esso per adorare il Corpo di Cristo, nuovo tempio del credente; anzi, di più: l’assemblea stessa della celebrazione liturgica è presenza di Cristo (oltre al pane e al vino consacrati e ad altri segni).
Chi ha accolto il Vangelo, dunque, non può non vivere la sua vita di fede che in comunità, radunandosi insieme agli altri per pregare, ascoltare la Parola, celebrare, e vivere la comunione e la carità (la fede solitaria e “fai da te” è una contraddizione in termini). La Chiesa è l’insieme di tutti i battezzati che partecipano alla sua vita, e ognuno, per conseguenza stessa della sua fede, sa che in questa famiglia è chiamato a contribuire con le sue risorse, prima di tutto spirituali, umane, ed anche materiali: è un offrirsi e un offrire alla comunità intera, e, dunque, ai poveri, e a tutti i fratelli e le sorelle e a chi spende tutta la sua vita per il Signore, e poi per le strutture, gli edifici, e così via.
Ciascuno, allora, può far proprio l’atteggiamento del cuore della vedova: come lei ha “gettato tutta la sua vita” per il tempio, così il discepolo - e il credente - è chiamato a mettere tutta la sua vita nelle mani del Signore, vivendo concretamente questo donarsi nella Chiesa, dentro il mondo.