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Cronaca | 06 novembre 2024, 07:13

Morì sulle piste di downhill a Viola: accusato il gestore. A dicembre la sentenza

Vittima dell'incidente fu il ligure Andrea Pastor. Nel corso dell'ultima udienza è stato ascoltato un biker che frequneta abitualmente quelle piste: "Ero caduto anche io nello stesso punto. Farsi male fa parte del gioco"

Immagine di repertorio

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È alle battute finali il procedimento a carico del gestore dell’impianto di downhill di Viola St. Grèè accusato di fronte al tribunale di Cuneo di omicidio colposo: nel 2022 Andrea Pastor,  biker residente a Buggio frazione di Pigna in Val Nervia, perse la vita sulla pista “saltimbanco” cadendo con la bicicletta. Ad essersi costiuita parte civile è la famiglia della vittima, assistita dall'avvocato Bianca Gasco. 

Nel corso dell’ultima udienza è stato ascoltato un frequentatore abituale del bike park. La Procura di Cuneo sta cercando di dimostrare che quel tragico incidente si sarebbe potuto evitare. L’impianto accusatorio si è infatti costruito attorno alla regolarità o meno delle due rampe: in particolare il pubblico ministero sostiene che le due avrebbero dovuto essere collegate da una rampa intermedia, in modo tale che se il biker avesse avuto un’indecisione se percorrere o meno quel salto, non sarebbe caduto nel “vuoto” centrale; di contro, la difesa sostiene che l’assenza di un collegamento fra le due fosse regolare, anche alla luce dal fatto che non esiste una normativa che stabilisca come debbano essere le piste di downhill.

Il biker chiamato in aula a testimoniare ha spiegato di essere stato lui stesso vittima di un infortunio abbastanza grave circa due mesi dal tragico incidente: “Ho deciso di fare il salto dopo averlo osservato e valutato  -ha spiegato l’uomo- . Ho commesso l’errore io, facendo il salto corto e finendo sbalzato su un ostacolo e poi per terra”. La caduta, in cui lo sportivo batté la schiena, lo lasciò senza respiro per qualche istante. Trasportato di urgenza dall’elisoccorso al Santa Croce di Cuneo gli venne repertato un trauma polmonare: “L’amico che era dietro di me ha raccontato di aver percepito un rallentamento da parte mia - ha illustrato - Senza rendermene conto ho messo le mani sui freni e ho affrontato il salto in modo più lento. La piccola differenza di velocità ha consentito che io arrivassi corto. Se mi fossi reso conto di aver frenato, avrei preso la chicken line”.

Quanto ai tappeti posti sotto al “buco” della rampa, il biker ha affermato di non ricordare se ci fossero o meno: “Ricordo che c’erano i cartelli - ha concluso - come per tutti i salti l’insidia sta nel trovare la velocità giusta per superare l’ostacolo. Fa parte del gioco farsi male”.

A dicembre, la discussione del processo.

CharB.

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