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Attualità | 06 novembre 2024, 14:17

TRENT'ANNI DALL'ALLUVIONE/ Clavesana e cinque vite spezzate, l'ex sindaco Michelino Chiecchio: "Il peggio fu sentire le urla della gente ed essere impotenti" [VIDEO]

È un ricordo doloroso quello del primo cittadino: "Il paese è stato ricostruito, ma i morti li ho ancora tutti nel mio cuore. All'ultimo uno prese il mio posto in macchina e perse la vita nel crollo del ponte Maccagno"

L'ex cotonificio di Clavesana dopo l'alluvione del 1994

L'ex cotonificio di Clavesana dopo l'alluvione del 1994

"Mi sembra impossibile che siano passati già trent'anni. Nell'alluvione abbiamo perso tutto: il ponte, due frazioni e purtroppo cinque persone. Quello che ho sempre detto Clavesana l'abbiamo ricostruita, ma i morti continuano a essere nel mio cuore".

Così Michelino Chiecchio, amministratore di lungo corso e sindaco di Clavesana nel 1994, ripercorre i tragici momenti di quel 5-6 novembre, quando l'acqua del Tanaro,  di strusse ponti, abitazioni e spezzò 29 vite in provincia di Cuneo, 5 nel suo comune: Adriano e Giuseppe Bonino (padre e figlio), Giuseppe Borra, Lorenzo Monti e Giuseppe Peisino.

"Li conoscevo tutti di persona - racconta Chiecchio -  Bonino era andato alle scuole di Carrù  per prendere il figlio, tornando indietro un ponte era già chiuso, quindi è passato su quello del campo sportivo, levando le fettucce. Sono stati i primi due a perdere la vita. 

Quella giornata  ce l'ho ancora tutta negli occhi: una tormenta tremenda, l'acqua che scendeva a catinelle,  il vento  soffiava. Il ricordo più terribile è quello delle urla: sentivamo delle urla, ma non potevamo raggiungerli, eravamo completamente impotenti. Abbiamo chiesto l'intervento dell'elicottero, ma nessuno poteva muoversi". 

Una tragedia, quella del 1994, che ha segnato profondamente il paese che ieri, martedì 5 novembre (leggi qui), ha voluto apporre cinque targhe con i nomi delle vittime nel "Giardino del ricordo", dedicato a loro e nato, proprio dove l'alluvione ha distrutto tutto.

L'ex sindaco Chiecchio posiziona la targa per Giuseppe Borra

"Di quei momenti ricordo la totale assenza di qualcuno che ci desse indicazioni. Come sindaco ho agito come il buon padre di famiglia, cercando di decidere per il bene della comunità. Il municipio allora era nella frazione Capoluogo, ricordo che il sabato mattina, mentre andavo in comune, avevo visto il livello del Tanaro ai Borra (frazione che è stata cancellata dal Tanaro, ndr) che mi preoccupava. Lo dissi al geometra che mi tranquillizzò: eravamo abituati a vedere il fiume che tracimava, non potevamo aspettarci quello che avvenne di lì a poco.  

In trent'anni sono cambiate tante cose. All'epoca non avevo neanche il cellulare per comunicare in fretta. Alle 10 del mattino, vedendo il livello del fiume che continuava a salire, decisi di andare nelle scuole per far preparare i bambini e rimandarli a casa. Poi abbiamo fatto lo stesso con i residenti ai Borra, purtroppo un giovane, Giuseppe Borra, è rimasto in casa e ha perso la vita. Nessuno si aspettava che l'acqua potesse arrivare a un livello così alto". 

"Quando arrivarono i primi sommozzatori dalla Liguria - ricorda Chiecchio -  mi offrii di accompagnarli ma il signor Peisino prese il mio posto, con lui Lorenzo Monti. Erano su una delle macchine risucchiate dal crollo del ponte Maccagno a Piozzo. Ci siamo scambiati il posto all'ultimo momento". 

Le vittime coinvolte nel crollo del ponte furono sette, oltre ai clavesanesi, c'erano gli albanesi Dorian Gjata e  Haki Leknikaj, Gianstefano Garelli di Carrù, Gianfranco Milano e la madre Maria Mancardi di Farigliano. 

Si salvò solo Giampiero Ballauri, che venne sbalzato fuori dal Pajero su cui viaggiava con gli altri due clavesanesi, riuscendo a raggiungere un'abitazione vuota in attesa dei soccorsi. Qui venne salvato grazie al gesto eroico del compianto sindaco piozzese Felice Boffa (leggi qui). 

Arianna Pronestì

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