Insulti, botte e umiliazioni. Questo, tutto quello che una madre di origine marocchina sarebbe stata costretta a subire dal suo figlio più grande, ad oggi trentenne e sottoposto al divieto di avvicinamento.
Lei, residente a Fossano, vive con gli altri suoi due figli, una femmina e un maschio. Il quarto, lo perse anni fa in un incidente stradale. Il marito, invece, è venuto a mancare a causa di un brutto male. Nel dicembre del 2022 fu proprio la madre a denunciare il figlio più grande per le botte che le dava. Il ragazzo si trova ora imputato in tribunale a Cuneo per maltrattamenti che si sarebbero perpetrati dall’inverno di due anni fa al marzo 2023. Agli atti della Procura di Cuneo ci sono anche alcuni referti ospedalieri dove la donna si recò dopo essere stata presa a schiaffi e quando venne scaraventata contro una porta dell’appartamento in cui vivevano.
In aula sono stati ascoltati i Carabinieri che intervennero sia nel dicembre che nel marzo dell’anno dopo. A chiamarli la prima volta era stato la donna. In quell’occasione, quando i militari si recarono nell’appartamento trovarono la nonna sdraiata sul divano che lamentava un dolore alla gamba e la porta rotta. “C’era disordine in tutte le stanze - ha spiegato uno dei carabinieri intervenuti - Abbiamo chiamato il 118 per la nonna. La madre lamentava che il figlio non collaborasse mai alle spese di casa. Avevano avuto una discussione tra loro: lui le diceva che era una pazza, una ‘donna di strada’ e che ‘alla moschea non doveva più andare per quello che aveva fatto’. Non sappiamo a cosa si riferisse”.
A marzo, invece, la telefonata ai Carabinieri partì dal fratello minore. Convocata in aula per testimoniare, la madre ha ritrattato tutto, negando, tra le lacrime, di essere stata mai maltrattata dal figlio. “Ero troppo arrabbiata e volevo mettergli paura - ha spiegato al pubblico ministero -. Sono stata io a colpirlo per prima e poi ho perso l’equilibrio. Lui è grande e volevo si prendesse le proprie responsabilità., che iniziasse a lavorare e che mi aiutasse. Mi arrabbiavo molto quando mi diceva che ero ‘una donna di strada’. Me lo diceva davanti a sua sorella più piccola. Lei non doveva sentire queste cose”.
Quanto alla spinta che il ragazzo avrebbe dato alla nonna, nemmeno quello sarebbe vero: “Io non c’ero - ha continuato la donna - Mia madre dice che era stato lui a farla cadere. Quando ho parlato con mio figlio, mi ha detto di non mettermi in mezzo: ha detto che si erano solo parlati, lui voleva passare e lei era caduta da sola”.
In udienza è stata chiamata a testimoniare anche un’assistente sociale del consorzio Monviso Solidale che dal 2012 al 2014 seguiva la famiglia. “Ho ricominciato ad avere contatti nel 2021, perché il figlio minore non frequentava regolarmente la scuola - ha spiegato -. Ho convocato la signora che mi ha spiegato di venire maltrattata dal figlio più grande. I maltrattamenti erano verbali e poi venivano alzate le mani: mi aveva detto che quando suo figlio era tanto arrabbiato quell’ira sfociava in spintoni”.
La donna, poi, disperata, tentò anche di allontanare suo figlio dal nucleo familiare: “Diceva che suo figlio facesse uso di sostanze e abusasse di alcol - ha concluso -. Era seguito da un amministratore di sostegno: quando suo fratello morì nell’incidente stradale alla famiglia venne corrisposto un risarcimento e gli era stata affiancata quella figura affinché lui non sperperasse quel piccolo gruzzoletto”.