Con il via libera della prima e seconda commissione congiunte – riunite a Palazzo Lascaris in sede legislativa - diventa legge il provvedimento varato dall’assessore alla Pianificazione Urbanistica Marco Gallo per rispondere ai rilievi mossi dalla Corte Costituzionale con la sentenza di luglio sulla legge regionale 7 del 2022 in materia di semplificazione urbanistica ed edilizia. Il lavoro degli uffici dell’assessorato è partito da un punto fermo: confermare parte dell’impianto della legge approvata due anni fa su proposta del consigliere Marin e impugnata dall’allora governo Draghi che contestava venti dei 51 articoli della legge. Una legge che allentava i vincoli per recuperare e ristrutturare fabbricati e porzioni di edifici, sottotetti, seminterrati, dando anche la possibilità di spostare abitazioni costruite in aree a rischio idrogeologico.
“Il risultato che abbiamo raggiunto oggi, permettendoci di uscire dal limbo normativo dopo la sentenza della Corte Costituzionale – dichiara l’assessore Marco Gallo – è il frutto di un importante gioco di squadra. Insieme all’Assemblea regionale, il territorio e le associazioni ed ordini professionali, abbiamo lavorato per restituire piena operatività al comparto urbanistico piemontese in un momento particolarmente decisivo per la filiera immobiliare alla luce del Decreto Salva Casa. Il nuovo strumento urbanistico rappresenta un'opportunità per sbloccare pratiche edilizie ferme, in linea con le indicazioni della Corte Costituzionale”.
L’iter legislativo si è dunque concluso con un nuovo testo di legge quanto più fedele a principi di rigenerazione urbana e pianificazione territoriale condivisa. L’obiettivo è preciso: dare una risposta alle circa quattromila pratiche – secondo fonti della filiera immobiliare – bloccate dal vuoto normativo creato dalla sentenza della Corte Costituzionale. Il disegno di legge Gallo parte dalla modifica di tre precedenti leggi regionali: la numero 19 (norme in materia edilizia), la numero 56 (Tutela ed uso del suolo) e la numero 16 (Misure per il riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana).
Le modifiche all’articolo 1 - che concerne quelle che in edilizia si chiamano “variazioni essenziali”, ovvero le difformità rilevanti rispetto ai progetti originari - sono quindi tese a reintrodurre la normativa di competenza regionale, tenendo presente i rilievi della Consulta.
Le modifiche all’articolo 2 puntano a reintrodurre, in parte, nell’ordinamento regionale la normativa precedente la legge Marin, con modeste modifiche per consentire il recupero dei sottotetti esistenti nel rispetto di una corretta pianificazione.
Ed è questo il cuore pulsante dell’intervento legislativo. Il recupero dei sottotetti – anche per limitare il consumo di nuovo suolo – è consentito purché esistente e legittimo alla data del 31 dicembre 2023. Una scadenza che fa da spartiacque: fino ad allora il recupero è ammesso anche in assenza del via libera del piano regolatore vigente nel comune di appartenenza. Per tutti i sottotetti realizzati dal primo gennaio 2024, invece, l’operazione può avvenire solo in coerenza con le indicazioni previste dal piano regolatore generale. La scelta di introdurre un riferimento certo (ovvero la data del 31 dicembre 2023) recepisce la richiesta della Corte Costituzionale contraria al recupero anche per gli edifici non ancora costruiti, «decorsi tre anni dalla realizzazione o ad avvenuto perfezionamento delle pratiche di legittimazione».
Infine, gli interventi finalizzati al recupero dei sottotetti avvengono senza alcuna modifica delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde. Con un’eccezione relativa alle misure che si rendano necessarie per opere di resa energetica o adeguamento sismico dell’edificio.