Farinél - 20 ottobre 2024, 11:49

Farinél/ Con Trifole e Onde di terra le Langhe diventano terra di cinema

Con Trifole di Gabriele Fabbro e Onde di terra di Andrea Icardi le Langhe diventano lo scenario ideale per il cinema e aprono a interrogativi importanti sul futuro delle nostre colline

A documentari e docufilm come lo splendido “The truffle hunter” eravamo abituati, ma da tempo il cinema non raccontava le Langhe, non le vedeva come sfondo. In poco più di un mese due registi, Gabriele Fabbro e Andrea Icardi, hanno riscritto la storia ambientando le loro opere, di pura fiction, nella destra Tanaro per uno scenario che diventa protagonista assoluto (e non sempre positivo) della loro sceneggiatura.
Vado a memoria, da buon cinefilo, ma non ricordo negli ultimi decenni film al cinema ambientati nelle Langhe ad esclusione di opere tratte da libri di Beppe Fenoglio o Cesare Pavese.

Di Onde di Terra ho ampliamente scritto:
“I protagonisti di “Onde di Terra” sono i contadini che in una Langa davvero grama non hanno lasciato le colline e oggi ci permettono di guardare un po’ tutti dall’alto in basso, cosa che non dovremmo fare ricordando, come ci ricorda più volte il regista, che veniamo dalla terra.
In una costante contrapposizione, irrisolta e per questo ancora più efficace, tra la schiena curva dei contadini e quella dritta degli scrittori, coloro che scrivono di chi fa, il film del regista di Santo Stefano Belbo scorre via in un attimo.
Tutto è ben dosato, nulla è esasperato, la mano è quella del regista esperto e non di chi per la prima volta si cimenta con un lungometraggio. L’inesperienza passa in secondo piano di fronte a una scrittura importante, a una sceneggiatura solida, una delle migliori che ricordi negli ultimi anni, e da scrittore e giornalista, la mia attenzione è sempre rivolta alla scrittura.
Storia nella storia quella di Fulvia, nome letterario come pochi altri nelle Langhe, eppure Fulvia arriva da lontano, da Brancaleone, il paese della Calabria in cui Cesare Pavese venne confinato nel 1935. Un legame che emerge più volte durante il film, ma che non è forzato e anche questo molto delicato”


Onde di terra è un film importante, come ritengo un film importante sia Trifole del giovane Gabriele Fabbro, un regista che saprà farsi strada nel mondo del cinema lasciando una impronta.

Gabriele ha fatto quello che non fecero i Fratelli Taviani. Gabriele per mesi ha studiato le Langhe, ha incontrato decine di persone con grande curiosità e voglia di ascoltare e soprattutto di imparare.
Ha scritto e riscritto più volte la sceneggiatura con l’umiltà dei grandi, pronto a valutare cambiamenti di registro quando necessari.

“Trifole - Le radici dimenticate” è un film drammatico, antico e allo stesso tempo moderno. È la storia di un ricongiungimento familiare e della riscoperta delle proprie radici, che vede come protagonisti il cercatore di tartufi Igor (Umberto Orsini) con la sua cagnolina Birba e la giovane nipote Dalia (Ydalie Turk, attrice e co-autrice del film), che da Londra arriva nelle Langhe su richiesta della madre Marta (Margherita Buy), per assistere il nonno che si trova in difficoltà economiche e di salute.
Ho captato in questi giorni recensioni non sempre positive, ma nel complesso il film mi è piaciuto molto, lo trovo pieno di poesia, con alcuni momenti deboli, ma con guizzi e un valore complessivo molto alto.
Con quest’opera Fabbro ha voluto lanciare un monito contro la monocoltura, contro la banalizzazione di una Langa che è molto più che solo filari pettinati e pailettes.

È una terra anche grama, con persone cattive e senza scrupoli. Temevo che l’opera di Fabbro proponesse una visione agiografica della Langa, così non è. Bravo.
Volendo trovare un difetto: Orsini è immenso, ma poco credibile nei panni del trifolao e qualche forzatura nella trama poteva essere evitata, ma nel complesso “Trifole” è un film che io mi sento di promuovere a pieni voti, come promuovo a pieni voti il regista.
Le Langhe dopo tanta televisione ora sono al cinema con due film che meritano di essere visti e sostenuti e a cui auguro di fare tanta, tanta, strada.

Marcello Pasquero