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Attualità | 19 ottobre 2024, 15:07

Bra, la storia di successo a km zero di Domenico Scarzello raccontata al Caffè letterario

Il direttore del Museo della Scrittura Meccanica ha raccontato la sua passione per le macchine da scrivere nell’emozionante serata del 17 ottobre

La serata del Caffè letterario con Domenico Scarzello

La serata del Caffè letterario con Domenico Scarzello

C’era una volta l’ipnotico rumore delle macchine da scrivere. E c’è ancora, grazie a Domenico Scarzello, una passione per la scrittura meccanica, i silenzi e il ritmo dei tasti percossi spezzato dal “ding” del carrello, testimone di un’altra epoca.

La serata di giovedì 17 ottobre in compagnia del direttore del Museo della Scrittura Meccanica, primo appuntamento del Caffè letterario di Bra, ha confermato l’apprezzamento per questa serie di incontri, che coinvolgono il pubblico, non relegandolo al semplice ruolo di spettatore.

Nello spazio intimo e raccolto di BrArte, circondati da dipinti, storie ed emozioni, i presenti tra i quali alcuni rappresentanti di associazioni cittadine come Riccarda Bravi del Panathlon, Luciano Leone dell’Uni3 di Bra, Stefano Milanesio, presidente dell’Anioc Bra e Walter Boffa dell’Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti, si sono ritrovati per un evento giunto ormai alla settima edizione.

Nuova location, ma stesso obiettivo: fare cultura attraverso temi stimolanti, ospiti eccellenti e con momenti consolidati, tipo l’introduzione letteraria a cura della pittrice Maura Boccato e l’identikit dell’ospite, svelata dal collaboratore del Nuovo Braidese, Pino Berrino.

La premessa è stata di Silvia Gullino, curatrice del Caffè letterario, che ha ringraziato i partner di questo appuntamento culturale che vuole diventare un “rito”, esattamente come quello del caffè. Con la sua “sacralità”, che ha preso forma, grazie al sostegno dell’associazione Albedo presieduta da Flavia Barberis, BrArte di Agata Comandè e Slow Food Bra rappresentata dal fiduciario Gianni Milanesio oltre al patrocinio del Comune di Bra.

La benedizione, per così dire, è arrivata proprio dal sindaco Gianni Fogliato, che ha parlato del Caffè letterario come «Una realtà che si è affermata nell’ambito delle iniziative culturali braidesi per merito dell’impegno e delle idee. Idee votate all’approfondimento e alla conoscenza che si concretizzano in una parola, anzi tre: spirito di squadra, costanza e crescita, perché se crescono le persone, cresce anche la città».

A chiudere la catena di interventi l’invito di Flavia Barberis a tesserarsi per l’associazione Albedo, perché diventare soci vuol dire entrare a far parte di una grande famiglia unita nel segno della cultura.

Le presentazioni hanno poi ceduto il posto alle parole di Domenico Scarzello, che ha raccontato in maniera approfondita e con curiosi aneddoti lo strumento di comunicazione che ha rivoluzionato il mondo e che ha portato, dopo secoli, alla nascita delle tastiere che oggi tutti conosciamo, nonché compagna di lavoro fedele e indispensabile per scrittori e giornalisti.

La produzione delle macchine da scrivere è ormai quasi scomparsa; il computer, mouse, tablet e il touch screen dei nostri smartphone l’hanno, da tempo, rimpiazzata. Ciononostante, essa resta comunque un elemento di confronto difficilmente cancellabile, poiché ben impresso nella memoria storica di tutti i nati nello scorso millennio. Ma chi è stato ad inventarla? Cosa si cela dietro a questo oggetto ancora tanto ricercato? Ecco tutte le risposte.

 

La macchina da scrivere, un po’ di storia

Il 23 giugno 1868 Christopher Latham Sholes, editore e politico di Milwaukee, nel Wisconsin, ottiene il brevetto della macchina da scrivere, che aveva sviluppato grazie all’aiuto del suo amico tipografo stampatore Samuel W. Soule e all’amico meccanico non professionista Carlos S. Glidden, la prima con la tastiera QWERTY, dalle prime lettere nella parte sinistra della tastiera, ancora utilizzata nei PC moderni. Dopo alcuni tentativi falliti di commercializzazione, il brevetto venne rilevato nel 1873 dalla Remington & Sons che cambiò il nome alla macchina in Remington N°.1 e riuscì a farne un prodotto di successo.

In realtà l’origine di questo iconico oggetto è tutta italiana. Tutto iniziò a Fivizzano, paese in provincia di Massa Carrara, con Agostino Fantoni, che nel 1802 inventò un primo, rudimentale strumento di scrittura, perfezionato poi da Pellegrino Turri, un conoscente di famiglia. Passano trentacinque anni: nel 1837 in Piemonte, Giuseppe Ravizza a Novara cominciò a costruire alcuni prototipi che portò in giro per il mondo, in varie esposizioni nazionali e internazionali, alla ricerca di un finanziatore che però non trovò mai. Pietro Conti di Cilavegna di Pavia ideò il tacheografo, strumento precursore della macchina da scrivere.

Passano altri anni e nel 1864 a Parcines, vicino Merano, Peter Mitterhofer che era un falegname costruì cinque modelli di macchina per scrivere, due interamente in legno. Nell’allora impero austro-ungarico i consulenti dell’imperatore Francesco Giuseppe I non decisero di sostenerlo, almeno all’epoca. Solo molti anni dopo, nel 1998, il suo paese natale gli renderà omaggio intitolandogli il Museo della macchina per scrivere. E poi c’è la storia tutta carruccese di Celestino Galli (Carrù, 1803 - Carrù, 12 febbraio 1868), filosofo, scrittore polimata e poliglotta italiano, che inventò il Potenografo (prototipo di macchina da scrivere). La paternità di questa invenzione è dunque italiana, anche se non può essere attribuita a un solo uomo, ma a tutta una serie di perfezionamenti e ad una sorta di concorso di idee.

Donne e macchine da scrivere

La tecnica e la pratica della scrittura mediante l’uso di una macchina per scrivere (o, più in generale, di una tastiera) è detta dattilografia (dal greco dáctylos “dito” e graphía “scrittura”, letteralmente: “scrittura con le dita”). La diffusione della macchina da scrivere negli uffici dell’800 rese indispensabile la ricerca di personale capace di utilizzarla al meglio per battere dei testi sotto dettatura o scritti da altri in forma di bozze. In questo modo alla professione del calligrafo subentra pian piano quella del dattilografo. Sono soprattutto le donne che la esercitano, che per la prima volta hanno la possibilità di lavorare negli uffici, con l’opportunità di far carriera, ed iniziare una forma di emancipazione dalla famiglia o da lavori sottopagati o poco gratificanti.

La prima macchina da scrivere italiana

Parlando della storia della macchina da scrivere è impossibile non menzionare la Olivetti, che nel 1911 presenta all’Esposizione Universale di Torino la M1, la prima macchina da scrivere italiana. Sono di Olivetti anche alcuni dei modelli più iconici. Come la Lettera 32, progettata dall’architetto e designer Marcello Nizzoli e messa in commercio nel 1963: un modello diventato popolare anche grazie al costo contenuto e all’estrema compattezza e praticità che negli anni è stato utilizzato da tantissimi personaggi celebri.

E così, al termine della serata, è venuto da pensare a Ernest Hemingway, Indro Montanelli e al nostro Giovanni Arpino, menti geniali dal naturale estro, grande fantasia e voglia di scrivere, tutti accomunati da un profondo e indissolubile legame: la macchina da scrivere!

Il Caffè letterario

Da sempre la storia e diffusione del caffè è legata al suo potere altamente aggregante. Nati sul finire del Seicento, i caffè letterari hanno segnato la storia dell’intera Europa, stimolando la nascita di movimenti culturali, correnti filosofiche, attività editoriali. L’epoca d’oro di tali vivaci luoghi di incontro, socializzazione e produzione culturale è stata la Francia dell’Illuminismo: i borghesi parigini, classe sociale emergente, potevano scegliere nel Settecento per i propri animati dibattiti tra più di 3mila Caffè.

Chi è Domenico Scarzello

Per chi non lo sapesse, Domenico Scarzello è presidente dell’Associazione Italiana Collezionisti Macchine per Ufficio e autore del libro “Un tasto italiano” in cui parla con dovizia di particolari della macchina da scrivere, compagna di lavoro fedele e indispensabile per scrittori e giornalisti. La sua passione si coniuga all’opera di divulgazione, tanto che presso l’impresa Bra Servizi ha fondato il Museo di scrittura meccanica, un’esposizione permanente di esemplari di macchine per scrivere che formano un campionario davvero unico. Per capire di che patrimonio si tratta, basta mettere piede in corso Monviso 25, a Bra.

Silvia Gullino

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