Cronaca - 17 ottobre 2024, 08:12

"Se vengo a scuola papà farà del male a mamma": le parole della bimba che hanno fatto condannare il padre

Al genitore, accusato di maltrattamenti e lesioni sulla ex moglie, il giudice ha inflitto una pena di tre anni e tre mesi di carcere. Il processo è nato in seguito alle confidenze della piccola alle insegnanti

Immagine di repertorio

“Mi diceva che aveva timore a lasciare la mamma da sola, perché aveva paura che il papà le facesse del male. Voleva difendere la mamma, era convinta che se ci fosse stata lei il padre non le avrebbe fatto nulla”. È nato così, dalle confidenze che la piccola alunna faceva alle maestre, il procedimento penale a carico di un uomo residente a Cuneo, accusato di maltrattare e picchiare la mamma.

Timori e paure, quelli della piccola, che si sono rivelati fondati, perché quei tre episodi violenti che la Procura contestava al genitore nel corso del processo sono stati dimostrati. Il giudice l’ha infatti condannato a tre anni e tre mesi di carcere e al risarcimento danni: cinquemila euro per la ex moglie e altrettanti per la loro bambina.

Prima un calcio alla mano, poi una spinta contro un tavolo di cristallo seguita da pugni in faccia e mani al collo e, ancora, il lancio addosso di una sedia. Ma c'era altro. La donna, costituitasi parte civile contro l'ex marito, aveva raccontato in aula anche di minacce di morte e del fatto che sapeva che sua figlia avesse raccontato qualcosa alle maestre. “Ci raccontò dell’episodio del tavolino e poi dei lividi” aveva riferito un’insegnante della bambina chiamata a testimoniare. “So che aveva detto alle maestre che mi metteva la pomata sulla pancia dove avevo gli ematomi”, ha concluso la madre.

“La bambina veniva a scuola ed era spaventata - ha dichiarato un’altra docente -. Si pensava che avesse delle difficoltà scolastiche e che avesse paura di affrontare le attività. Poi abbiamo capito che le sue paure erano legate a quello che succedeva a casa”. Come emerso nel corso del processo, la bimba in più occasioni avrebbe detto di volersi trasferire nella casa dei nonni materni insieme alla mamma, perché “più vicina alla caserma dei carabinieri”.

Ma le parole della figlia, per l'avvocato del padre, sarebbero il risultato della suggestione da parte della madre: “Questo è un procedimento nato dal disagio rappresentato dalla bambina alle maestre - ha detto il legale nella sua arringa -. Questi racconti, però, non possono essere ritenuti prova per una condanna, al massimo uno spunto investigativo”.

Nemmeno i racconti della donna, per la difesa, sarebbero credibili: “Se avesse subito un’aggressione dal mio cliente, quel novembre, sarebbe andata in ospedale, chiamando l’ambulanza, come aveva fatto a luglio”.

Ad essere chiamata a deporre, nel corso dell’istruttoria, come testimone della difesa, è stata l’attuale compagna dell’uomo, per la quale il pubblico ministero ha chiesto la trasmissione degli atti alla procura per falsa testimonianza. Nel corso della sua deposizione, la donna, aveva omesso e poi negato un accesso al pronto soccorso. Alla domanda del magistrato sul motivo di quell’accesso, la donna aveva risposto di essere caduta per le scale, invece agli atti risultava una denuncia, poi ritirata, in cui affermò di essere stata picchiata.

CharB.