Il premio Amico della Giostra è stato consegnato ieri, sabato 28 settembre ad Antonio Buccolo, con una cerimonia ricca di ricordi, di momenti toccanti, scandita dalle splendide immagini dell’archivio Buccolo, uno dei più ricchi della città.
Se siete albesi e non sapete chi sia Antonio Buccolo cercate di documentarvi perché stiamo parlando di uno dei personaggi che più hanno influenzato il dopoguerra in città. Storico, fotografo, artista, pensatore, con spirito critico ma mai di una critica fine a sé stessa ha saputo raccontare la crescita della città di Alba favorendola.
Ieri ho avuto l’onore di poterlo intervistare sul palco di Sala Beppe Fenoglio e ho chiesto proprio questo: “Come ha fatto un paesone che nel dopoguerra aveva 13.000 abitanti a diventare un polo industriale, commerciale, turistico di primo livello?”.
La risposta è stata semplice e quindi illuminante: “Grazie ai grandi personaggi che l’hanno popolata e che tutti insieme hanno permesso di costruire una storia unica”.
Una storia che si intreccia anche con il Palio, con il folklore, la festa popolare per eccellenza della città di Alba che dovrebbe tornare a essere uno spettacolo per albesi prima che per turisti. Provate a chiedere agli albesi se abbiano mai visto il Palio degli Asini, 8 su 10 vi risponderanno di no, gli altri due vi partecipano. Questa dovrebbe essere la sfida: portare sugli spalti gli albesi per vivere il loro Palio, un palio che, come raccontato da Buccolo affonda le radici nella storia fino al 1275 e alla rivalità con gli astesi.
Il ritorno in pieno Ventennio Fascista con Pinot Gallizio un personaggio straordinario, eclettico, illuminante e illuminato, capace di scrivere la storia di Alba su più piani e in differenti modi, fino a diventare pittore d’avanguardia, lui che fino ai cinquant’anni d’età mai prese in mano un pennello.
Alba è oggi città di vini, tartufi e nocciola, punto di riferimento per turisti e gastronomi da ogni angolo del mondo, ma spesso dimentichiamo che Alba sia una città di 30.000 abitanti, in Italia è al 280° posto tra le città più popolate, un puntino, lo 0,05% della popolazione italiana.
Eppure, quel puntino nel nord ovest dell’Italia e nel sud dell’Europa ha dato i natali a un imperatore romano, Publio Elvio Pertinace, a un Ministro, Michele Coppino a cui si deve l’istruzione obbligatoria.
Ad Alba è nata la più grande multinazionale italiana, la Ferrero ed è originato il concetto di moda “Pret à porter” con Giuseppe Miroglio. In piazza San Paolo Giacomo Alberione è stato uno dei più grandi imprenditori del Novecento, con un modello di autarchia che nulla aveva a che fare con il fascismo, ma che può essere definito ancora oggi visionario di un’imprenditoria sostenibile che si autoalimenta.
A pochi passi nell’allora Piazza Savona Giacomo Morra aprì uno dei locali più famosi d’Europa e mise le basi per costruire il mito del Tartufo bianco d’Alba, fino al primo dopoguerra venduto al prezzo delle patate e oggi simbolo di lusso in tutto il Mondo.
Alba era la città di Beppe Fenoglio, uno dei più grandi scrittori del Novecento, con la sua poetica intrisa di albesità e di Alta Langa e a pochi passi da Alba cercava il proprio paese e la propria casa Cesare Pavese, autore capace ancora oggi di parlare ai giovani a oltre 70 anni dalla morte.
Poi come non ricordare Beppe Modenese, il re della moda, Guido Sacerdote, uno dei più grandi artefici dell’esplosione della tv in tutte le case e Roberto Longhi, uno dei massimi storici dell’arte della storia italiana.
Ad Alba, negli stabilimenti Mondo, è stato ideato il Tango, il pallone che ha fatto giocare il Mondo intero e nascono le piste delle Olimpiadi.
Nella città del tartufo bianco, da sempre con una forte anima spirituale, ha vissuto la beata Margherita di Savoia ed è nato il beato Giuseppe Girotti, giusto tra i giusti della Seconda guerra Mondiale.
Il resto è storia recente, la storia del Piazza Duomo, stabilmente tra i migliori ristoranti del Mondo, della famiglia Ceretto che ha creduto di poter dare vita a un tre stelle Michelin in centro ad Alba, di Angelo Gaja, di Aldo Cazzullo, di tanti imprenditori illuminati e di grandi personaggi nati in una città che non tollera la mediocrità e che il Gheddo e l’ambizione hanno portato da paesone di provincia a diventare capitale.
Il messaggio che lascia Antonio Buccolo è un monito a non sedersi sugli allori, a capire che la salita sia stata difficile e favorita dalla presenza di grandi personaggi, ma nulla è per sempre e la discesa, spesso, è rapida e fragorosa.
Un monito che tutti dobbiamo fare nostro se vogliamo che Alba continui a essere una capitale.