Venerdì 13 settembre 2024, un Presidente degli Stati Uniti in scadenza di mandato e che, per di più, non è stato più ritenuto psico-fisicamente idoneo dal suo partito a rinnovare la sua candidatura si è incontrato a Washington con un Primo Ministro inglese, fresco fresco di nomina, per discutere su uno dei passi più rischiosi e delicati per i possibili futuri sviluppi della guerra tra Ucraina e Russia. La questione sul tavolo era la concessione dell'autorizzazione a Kiev di poter impiegare i missili occidentali per colpire il territorio russo in profondità. Un'ipotesi a cui ha risposto con immediatezza Putin, affermando che una tale autorizzazione all'Ucraina verrebbe considerato un coinvolgimento della NATO nel conflitto, con tutte le relative conseguenze e reazioni da parte russa, compresa quella nucleare.
La prima domanda che ci si può porre è quella se sia normale che due Nazioni, per quanto tra le più influenti dell'Alleanza Atlantica, nell'ambito di un incontro bilaterale, possano sentirsi legittimate a decidere a nome di tutti i Paesi Membri della NATO, su un argomento così importante. La risposta è ovviamente negativa, perché le decisioni all'interno dell'Alleanza devono essere approvate all'unanimità. E tale totale concordanza al momento non sussiste, anche perché, in merito, la posizione di molti governi non è assolutamente favorevole e tra questi figurano anche Berlino e soprattutto Roma, che ha ribadito il suo no all'impiego in territorio russo di tutti gli armamenti forniti dall'Occidente, non solo i missili. Tra i decisamente favorevoli compaiono invece Finlandia e Svezia, le ultime entrate nell'Alleanza le quali, per la loro contiguità territoriale con la Russia, ne hanno una diversa percezione di minaccia.
Pertanto, appare chiaro che la NATO risulta ben divisa sull'eventualità di autorizzare Zelensky a colpire la Russia e all'orizzonte non sembrano esserci concrete possibilità di discussione al riguardo e tanto meno di concertazione. Questo può di certo rassicurare chi intravede, in questa diversa visione dei Paesi Membri, una salvaguardia verso il rischio di una pericolosa un'escalation, che potrebbe arrivare a coinvolgere la NATO.
Infatti, al termine dell'incontro tra il Presidente Biden ed il Premier UK Starmer, pur se non è stato emesso un comunicato ufficiale, ne sono stati resi noti i contenuti, le decisioni, le non decisioni e le possibili prossime decisioni.
In pratica, gli USA non hanno ancora autorizzato l'impiego in territorio russo dei loro ATACMS – Army Tactical Missile System, ma si sono mostrati possibilisti per una prossima decisione positiva. La Gran Bretagna ha invece confermato di essere favorevole per Kiev di impiegare i loro missili Storm Shadow, già a disposizione degli Ucraini. Tuttavia, per poter autorizzare Zelensky, gli Inglesi hanno avuto bisogno a loro volta dell'autorizzazione americana, perché questi armamenti hanno tecnologia d'oltreoceano.
Nell'incontro del 13 settembre, Biden ha appunto concesso il via libera a Starmer per i suoi Storm Shadow e anche ai Francesi per i loro Scalp, che di diverso dai primi hanno solo il nome.
Tuttavia, rimangono sempre e soltanto delle posizioni esclusivamente nazionali, che oggettivamente non hanno forza e natura per far presupporre il coinvolgimento di tutta la NATO, come invece paventato da Putin, il quale non si è lasciato sfuggire l'occasione per strumentalizzare, in maniera propagandistica, l'incontro di Washington. Infatti, lui conosce perfettamente le dinamiche obbligatorie dell'unanimità decisionale dell'Alleanza ed è perfettamente consapevole che non riguardano, per il momento, questa decisione sui missili.
Peraltro, è quantomeno strano che nessuno dei Paesi Membri, di fronte alle false accuse di Mosca, non abbia ritenuto necessario sconfessarle, precisando che le decisioni relative all'impiego dei missili verso il territorio russo, non sono state assunte nell'ambito dell'Alleanza. Un particolare non da poco, che potrebbe disinnescare sul nascere qualsiasi rischio di un'escalation che metterebbe in pericolo anche Nazioni come l'Italia, a causa di azioni intraprese da pochi altri Paesi.
Inoltre, è il caso di provare a valutare il reale impatto che l'impiego dei missili inglesi e americani avrebbe sulle operazioni. A premessa di ogni altra considerazione, bisogna ammettere che i Russi sono coscienti già da molto tempo dell'eventualità di dover fronteggiare la minaccia dei missili in argomento, siano essi americani che inglesi, per cui hanno avuto modo di prepararsi e di adeguare i loro dispositivi. Quindi, non ci sarà alcun effetto sorpresa, che notoriamente costituisce uno dei maggiori fattori di successo.
Veniamo ora ai missili in questione.
Gli Storm Shadow, cosi come gli Scalp (che sono in possesso anche dell'Italia) sono missili che hanno una gittata non dichiarata ufficialmente, ma comunque superiore ai 250 km e raggiungono una velocità di 0,8 Mach. Hanno una testata sussidiaria “a carica cava”, che riesce a perforare anche murature spesse e consistenti ed una testata principale, con spoletta ritardata, che esplode dopo la perforazione. Pertanto, queste armi sono indicate soprattutto per colpire infrastrutture particolarmente protette come Posti comando, bunker e depositi fortificati. Quindi non dispongono di quella capacità distruttive areale che, in questo momento, farebbe molto comodo agli Ucraini per neutralizzare le unità russe e, soprattutto, le basi aeree da cui decollano bombardieri ed elicotteri russi.
Diverso invece è il discorso relativo agli ATACMS – Army Tactical Missile System americani i quali, con una gittata massima di 300 km, potrebbero avere un impatto maggiore, perchè dotati di testate con sub-munizionamento, in grado di distruggere aree aeroportuali con i relativi velivoli. Peccato però che, secondo fonti di intelligence, i Russi avrebbero già arretrato il posizionamento di gran parte dei propri aerei, mettendoli fuori dalla portata dei missili.
Infine bisogna considerare anche quanti missili Storm Shadow e Scalp sono ancora in dotazione agli Ucraini. L'entità dei rifornimenti di tali armamenti forniti a Kiev non è mai stata rivelata, ma tenendo conto che gli stessi arsenali occidentali non ne dispongono in grandi quantità (l'Italia ne aveva 200, di cui un certo numero è stato ceduto all'Ucraina) e che le Forze Armate ucraine ne hanno già utilizzati per difendersi, i missili rimanenti che potrebbero essere utilizzati in Russia non dovrebbero essere molti.
Pertanto, sembra evidente che, in termini operativi, il permesso di colpire la Russia che Zelensky sta chiedendo a gran voce in ogni consesso internazionale, molto probabilmente non garantirebbe quel successo militare che il Premier ucraino promette.
Molto diverso è invece il discorso che riguarda l'impatto politico che comporterebbe l'impiego dei missili in argomento contro il territorio russo. Anche se non avrà la dimensione e la gravità prospettate dai toni propagandistici di Putin, circa il coinvolgimento diretto della NATO, costituirà comunque un fattore fortemente negativo che peggiorerà l'attuale situazione.
Quindi c'è da chiedersi se valga la pena correre questo rischio.
Il Premier britannico ha dichiarato che il dibattito sui missili continuerà nei prossimi giorni a New York, a margine della riunione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dovrebbero essere presenti anche altri non precisati Paesi occidentali e, soprattutto, il Presidente Zelensky che, sicuramente, continuerà a perseverare nelle sue richieste.
Secondo Biden e Starmer, la discussione sui missili dovrà tenere in considerazione anche il rafforzamento in corso delle collaborazioni militari tra Russia ed Iran, che costituisce un serio motivo di preoccupazione. Teheran sta fornendo a Mosca armamenti pesanti, tra cui missili balistici e droni e potrebbe ricevere in cambio importante tecnologia e Know how nel settore nucleare, determinante per migliorare le possibilità iraniane di dotarsi di capacità nucleare. E questo rischio, che è da sempre uno dei peggiori incubi per la Casa Bianca, potrebbe indurre il suo inquilino ad allinearsi all'alleato britannico, dando via libera ai desiderata di Zelensky, che scalpita per poter colpire ancora il territorio russo, nonostante siano ormai palesi le notevoli difficoltà politiche interne che sta incontrando, a seguito della poco felice decisione di attaccare la regione di Kursk.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
C'è solo da augurarsi che il Ministro della Difesa Crosetto tenga salda la sua posizione di contrarietà, insieme a quei Paesi Membri della NATO che la pensano come lui, perché sono uno degli ultimi argini contro una spiralizzazione della crisi, che la potrebbe far diventare irreversibile.