Cronaca - 11 settembre 2024, 10:24

"Una fuitina" dietro i cinque colpi di pistola al campo nomadi di Cerialdo

Accusato di averli esplosi in piena notte un 45enne di origini sinti: la casa presa di mira avrebbe ospitato l'uomo con cui sua figlia, all'epoca minorenne, avrebbe avuto una relazione osteggiata

Immagine di repertorio

Erano le tre e mezza del mattino del febbraio 2020 quando J.A., un 45enne di origini sinti, avrebbe aperto il fuoco contro la roulotte di una coppia di nomadi di via Passatore a Cerialdo. I motivi che si celerebbero dietro ai cinque proiettili sparati da una pistola calibro 38, non sarebbero sarebbero di natura razziale come era sembrato alla comunità sinta in un primo momento, ma di mezzo ci sarebbe una “fuitina”.

A dirlo chiaramente in aula è il destinatario di quell’avvertimento: un 28enne che all’epoca frequentava la figlia dell’imputato. Quest’ultimo, attualmente in carcere per altri reati e su cui grava la recidiva specifica, deve ora rispondere davanti al Tribunale di Cuneo di minacce gravi. La contestazione è aggravata dall’uso dell’arma, che J.A. non avrebbe denunciato. Per questo è anche accusato di detenzione illecita.  

Come spiegato dal ragazzo, i colpi avevano spaccato due finestre della casa in cui dormiva sua suocera, la sua compagna in dolce attesa di 29 anni e la loro bambina di 7 anni: “Quella sera non ero con loro - ha detto il 28enne- La mia compagna era andata con la bambina dai nonni perchè nostra figlia aveva le coliche. In piena notte abbiamo sentito gli spari, ma non ho visto nulla per strada”.

“Con J.A. avevo avuto delle discussioni giorni prima - ha proseguito - Avevo convissuto qualche mese in Toscana con sua figlia. Questa 'fuitina' l’abbiamo fatta due volte: la prima volta lei era minorenne, la seconda maggiorenne. Io mi ero lasciato con la mia compagna ma poi siamo tornati insieme. Tre mesi prima di quella notte lui mi aveva detto di rimanere a casa mia in Toscana e che lei sarebbe rimasta con lui”.
Il ragazzo ha comunque negato che qualcuno lo avesse mai minacciato se si fosse trovato a Cuneo: “Quando sono tornato con J.A. era tutto a posto. Io potevo andare tranquillamente a trovare la mia compagna al campo e stavo in un’altra roulotte”.

Una ricostruzione opposta quella offerta dalla compagna del ragazzo, che ha spiegato che in realtà quella notte loro e la bambina dormivano nella casa di sua zia: “Sono stata io a chiamare il 112. Ma non avevo sentito sparare: è stata mia mamma a bussare, spaventata”.  Ad ottobre si ascolteranno altri testimoni.

CharB.