Cronaca - 03 settembre 2024, 13:09

Conflitto israelo-palestinese, Beni Comuni e Cuneo Mia chiedono una presa di posizione al Comune: “L’Occidente faccia di più per raggiungere la pace”

I quattro consiglieri dei due gruppi sottolineano come l’allargarsi delle violenze in Cisgiordania rischi di essere solo il primo passo di “un’escalation incontrollabile”. Se ne parlerà nel Consiglio comunale di settembre

Condannare con fermezza la risposta aggressiva e sproporzionata attuata da Israele sulle popolazioni civili di Gaza e della Cisgiordania e farsi portavoce con il governo per l’assunzione di iniziative più incisive volte a ottenere un cambiamento nella guida del governo israeliano e una pace duratura che garantisca un futuro alle due popolazioni coinvolte: è questo il cuore della richiesta che i gruppi consigliari Cuneo per i Beni Comuni e Cuneo Mia ha avanzato in un recente ordine del giorno.

Ugo Sturlese, Aniello Fierro, Luciana Toselli e Claudio Bongiovanni chiedono insomma al Comune una presa di posizione chiara e ferma davanti alle “azioni disumane e contrarie al diritto internazionale perpetrate a Gaza e in Cisgiordania dal governo Netanyahu”, sottolineando come nel sostanziale immobilismo dei governi del blocco occidentale e malgrado le esplicite condanne dell’ONU continui lo sterminio del popolo palestinese a Gaza (che ormai ha raggiunto le impressionanti cifre di 40.502 morti e 93.855 feriti, in gran parte civili).

Le prospettive non diciamo di pace ma almeno di una tregua duratura sono molto precarie per l’intransigenza delle due parti ma in particolare per la decisione del governo israeliano, che ha scelto per sopravvivere di mantenere una condizione di conflitto permanente, che peraltro espone tutto il mondo ai rischi di un’escalation incontrollabile – scrivono i consiglieri -. La catena di uccisioni e ritorsioni genera un clima di odio che rende sempre più debole la soluzione ‘due popoli-due stati’, per non parlare di quella di uno stato binazionale. Questa tragica situazione è frutto dello scarso impegno posto anche dagli stati occidentali a operare con determinazione per una risoluzione del conflitto, per esempio con il riconoscimento dello stato palestinese assunto solo da un piccolo numero di stati europee e con la cessazione di ogni forma di aiuto militare a Israele”.

Gli scriventi sottolineano come in questa maniera i paesi occidentali si rendano complici di un’evidente operazione di pulizia etnica, ingenerando grandi responsabilità nel perdurare e nell’aggravarsi del conflitto nell’attesa che Washington li sollevi ma senza considerare che nello stato pre-elettorale in cui versano gli Stati Uniti difficilmente si vorrà dar luogo a decise iniziative di pace (al di là di vaghe dichiarazioni contro gli eccessi del governo Netanyahu).

Una situazione complessa che, negli ultimi mesi, si è estesa anche alla Cisgiordania dove “soldati e bande di coloni israeliani hanno distrutto centinaia di case abitate dai palestinesi e ucciso oltre 600 persone avvalendosi dell’inerzia e della sostanziale connivenza o anche dell’aperta partecipazione delle forze di sicurezza israeliane. E’ evidente che il succedersi di questi atti criminali non potrà che determinare la crescita di forme di guerriglia armata collegate con Hamas, oggi minoritaria in Cisgiordania”.

L’ordine del giorno verrà discusso nel Consiglio comunale di settembre.