Cronaca - 21 agosto 2024, 19:43

Cuccioli di cane venduti "in nero" sul web e con libretti falsi: tre condanne

I cagnolini, di varie razze, venivano venduti per circa 500 euro. Durante l'istruttoria la maggiori parte dei testimoni ha riferito di non aver ricevuto la fattura, disconoscendo la propria firma apposta sulla schede

Immagine di repertorio

È giunto al termine il procedimento “costola” dell’indagine Nero Wolf del 2016 che portò alla scoperta di un traffico clandestino di alcuni cuccioli di cane proveniente dall’Est poi messi sul mercato a prezzi irrisori. Molti animali si ammalavano o morivano durante il viaggio: conseguenze date sia dalle condizioni di trasporto che dai pochi giorni di vita di alcuni animali.

In quel processo, conclusosi due anni fa, era stata indagata una veterinaria di Busca che patteggiò la pena per aver redatto falsamente i libretti identificativi dei cuccioli. Il fine era quello di ometterne la reale provenienza.

Nel corso delle indagini però, oltre al nome della libera professionista, spuntò anche quello di un altro veterinario P.P. e quelli di M.U. e F.M., fossanesi che gestivano un allevamento di cani. I tre imputati sono stati condannati ad un anno e otto mesi di carcere.

Per la Procura, che aprì un altro fascicolo chiedendo il rinvio a giudizio dei due medici avrebbero apposto la propria firma in alcune schede identificate, poi risultate non regolari, avrebbero anche rilasciato alla coppia di allevatori alcuni libretti sanitari in bianco solo con timbro e firma.

M.U. e F.M., infatti, si occupavano di piazzare i cuccioli in vendita su un sito internet e di farseli pagare in “nero”.  Dopo il 2017, alla veterinaria sarebbe “subentrato” il collega P.P.: l’accusa nei loro confronti era di abuso della professione, falso e favoreggiamento. Ma non solo. Per il PM, poi rivedutosi nel corso della discussione, i quattro avrebbero costituito un’associazione a delinquere.

Un’istruttoria corposa, che ha visto sfilare numerosi acquirenti e padroni dei cuccioli: chi di un bulldog, chi di un cocker o di un labrador. Alcuni dei cagnolini, purtroppo, hanno avuto vita breve. Altri invece, ammalati, sono stati curati. La maggior parte dei testimoni ha riferito di non aver ricevuto la fattura, disconoscendo la propria firma apposta sulle schede.

La Procura, affermando che in istruttoria non è emersa prova di una struttura organizzativa, ha chiesto la condanna dei tre imputati P.P., M.U. e F.M. a due anni e sei mesi di reclusione, senza generiche.  Per la veterinaria, invece, è maturata la prescrizione e perciò è stato chiesto e ottenuto un non luogo a procedere.  “Se la procedura non è stata rispettata ciò è ascrivibile alla condotta scellerata degli allevatori” aveva affermato l’avvocato Fabrizio Di Vito, difensore dei due veterinari, aggiungendo che “la vaccinazione non è obbligatoria, se non in casi speciali. Lo è solo il microchip”. “Non c’è prova che i vaccini siano stati somministrati ai cani dagli allevatori” aveva sostenuto l’avvocato Enrico Gallo, legale degli allevatori.

CharB.