Un Occhio sul Mondo - 03 agosto 2024, 11:00

"I nostri Caschi Blu prigionieri del capitolo sesto"

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Quando si decide di intraprendere la carriera militare si deve essere coscienti che si tratta di una vita molto particolare, in cui i rischi, anche personali sino all'estremo, fanno intrinsecamente parte del gioco. Tuttavia, questo aspetto oggettivo di uno dei mestieri antichi come il mondo, può essere fortemente condizionato, in senso sia negativo che positivo dal management operativo, dalla bontà della pianificazione e da come è strutturata la missione.

Nei giorni scorsi, è stata registrata una certa agitazione del Ministro della Difesa Crosetto, a causa della sua grande preoccupazione per le sorti del nostro Contingente militare, inserito nella Missione UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon) e schierato nella parte meridionale del Libano, a ridosso del confine con Israele. Proprio nell'area in cui si stanno fronteggiando, bombardandosi reciprocamente, le Forze di Difesa israeliane e quelle di Hezbollah.

La situazione tra le due parti, già molto tesa a causa del conflitto nella Striscia di Gaza, si è ulteriormente aggravata dopo la strage dei ragazzini Drusi nel campo di calcio, ad opera di Hezbollah e l'uccisione, per ritorsione, di un suo leader da parte di Tel Aviv.

E' ovvio che il confine israelo-libanese sia divenuto un teatro operativo ad altissima tensione, il che già costituisce un grosso problema per i nostri soldati anche se, incredibilmente, non è per loro né il più grande né il peggiore.

Infatti il nervosismo del nostro Ministro della Difesa è dovuto non tanto dai rischi derivanti dalla situazione, quanto piuttosto dalla possibilità dei nostri militari di intervenire, anche con l'uso della forza, per assolvere la loro funzione pacificatrice. Da notare che si parla di possibilità non di capacità, visto che i soldati attualmente schierati in Libano sono gli stessi che hanno affrontato situazioni di combattimento, nelle missioni in Iraq ed Afghanistan.

Il Ministro Crosetto ha affermato di aver ripetutamente chiesto all'ONU di variare le Regole di Ingaggio perché, secondo lui, le attuali non consentono ai nostri militari di poter usare le armi, eventualmente per imporre quanto previsto dalla missione.

In realtà, il vero problema della Missione UNIFIL e, di conseguenza, dei nostri Caschi Blu, è più strutturale e difficilmente risolvibile solo cambiando qualche Regola di Ingaggio.

Per comprendere meglio, bisogna considerare le modalità con cui l'ONU decide, pianifica e conduce le proprie operazioni di pace. Intanto, si deve evidenziare che le Nazioni Unite non hanno propri soldati (come ad esempio la NATO), ma utilizza i militari messi a disposizione da quelle Nazioni, che tecnicamente vengono definite “volenterose”, che decidono di aderire ad una determinata missione.

Una Operazione di Pace dell'ONU deve essere autorizzata dal Consiglio di Sicurezza, il quale, emettendo una specifica Risoluzione, definisce i compiti, l'entità delle Forze necessarie ma, soprattutto, decide la natura della Missione, sulla base di quanto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite.

Il Documento fondamentale dell'ONU, che ne regola qualsiasi attività, tratta delle operazioni militari di pace nei Capitoli VI e VII.

Il Titolo del Capitolo VI è “Soluzione pacifica delle controversie” ed è più che eloquente su come prevede di risolvere una controversia internazionale. Pertanto, anche un'eventuale componente militare, impiegata per contribuire all'attuazione di una soluzione pacifica, deve agire senza utilizzare la forza, a meno che questa non serva sostanzialmente per l'autodifesa.

Normalmente, i soldati che agiscono in tale contesto indossano un elmetto blu e utilizzano mezzi completamente dipinti di bianco. Due accorgimenti che servono per essere chiaramente individuati dalle Parti in contrapposizione. Inoltre, dispongono soltanto di armamento leggero.

Nella storia moderna, alcune Operazioni condotte sotto Capitolo VI hanno causato molti problemi o, comunque, non sono state assolutamente in grado di operare efficacemente nella gestione delle crisi a cui erano assegnate. Fra i più drammatici fallimenti dei Caschi Blu è possibile annoverare la missione di UNPROFOR (United Nations Protection Force), una forza militare ONU che operò in Croazia e Bosnia Erzegovina durante la Guerra civile della ex Jugoslavia, senza riuscire ad assolvere i suoi compiti di protezione e tutela della popolazione inerme. Il massacro di Srebrenica, in cui furono trucidate più di 8000 persone, sotto gli occhi di un impotente battaglione olandese di fanteria, ne è l'emblema più spaventoso.

Tutta un'altra storia è una operazione di pace condotta nell'ambito del Capitolo VII, che all'Articolo 42 prevede “Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell’articolo 41 (Diplomazia) siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”. In pratica, in questo contesto, una Forza ONU può utilizzare la forza nelle azioni che si ritengono necessarie, impiegando assetti terrestri, aerei e navali, per imporre la pace e la sicurezza internazionale.

Basti pensare che la NATO, la quale dopo la caduta del muro di Berlino (1989), si è di fatto messa al servizio dell'ONU (Bosnia, Kosovo, Iraq e Afghanistan), lo ha fatto solo se l'operazione di pace era contestualizzata nel Capitolo VII. Praticamente, l'Alleanza non ha mai accettato di mettere i propri soldati in una condizione di impotenza e di sottodimensionamento delle capacità operative, di fronte ad una situazione a rischio.

Esattamente la situazione in cui, invece, si trova in questo momento il nostro Contingente in Libano, perchè la sua missione si sta svolgendo nel quadro del Capitolo VI, “according to Security Council Resolution 1701 (2006) (come previsto dalla Risoluzione..)”, come scritto nel sito ufficiale di UNIFIL.

Se poi, sempre sul sito ufficiale di UNIFIL, si va a leggere cosa è previsto per le Regole di Ingaggio, si trova scritto che “Nell'attuazione del loro mandato, tutto il personale UNIFIL può esercitare il diritto intrinseco all'autodifesa. Inoltre, l'uso della forza oltre l'autodifesa può essere applicato nelle aree di dispiegamento delle truppe UNIFIL e, entro le loro capacità, per resistere ai tentativi con mezzi violenti di impedire a UNIFIL di svolgere i propri doveri in base al mandato del Consiglio di sicurezza; per proteggere il personale, le strutture, le installazioni e le attrezzature delle Nazioni Unite; per garantire la sicurezza e la libertà di movimento del personale delle Nazioni Unite e degli operatori umanitari; per proteggere i civili sotto minaccia imminente di violenza fisica; e per garantire che l'area di operazioni di UNIFIL non venga utilizzata per attività ostili.”

Quindi il nostro personale può soltanto difendersi e difendere, ma non può imporre. Sia perché il mandato non lo prevede sia perchè nelle Regole di Ingaggio c'è il brevissimo ma penalizzante inciso “entro le loro capacità”, che si riferisce all'armamento in dotazione, che non prevede assetti pesanti (es. artiglieria).

E allora che fare? E' sufficiente chiedere all'ONU un cambio delle Regole di Ingaggio? La risposta è negativa se si vuole che UNIFIL possa giocare realmente un ruolo impositivo nell'attuale crisi tra Israele ed Hezbollah.

Affinchè la Forza ONU possa essere efficace, bisognerebbe cambiare completamente la missione, portandola sotto egida del Capitolo VII. Ma per fare questo sarebbe necessaria una variante dell'attuale Risoluzione 1701 o una nuova Risoluzione, provvedimenti che possono essere adottati solo dal Consiglio di Sicurezza. Ma per una decisione del Consiglio di Sicurezza necessita la concordanza di tutti i 5 Membri Permanenti. Ma viene da ridere a pensare che, in questo momento, si possano mettere d'accordo Cina, Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna (la Francia non la consideriamo neanche) su una decisione che riguarda una delle aree più problematiche per la sicurezza internazionale

Ma se anche, per assurdo, si dovessero “allineare tutti questi pianeti”, UNIFIL dovrebbe essere completamente modificata e rinforzata nelle sue capacità operative. Anche questa un'azione veramente difficile.

Pertanto, non c'è da stupirsi assolutamente che le cronache di questi giorni, oltre alle arrabbiature con l'ONU del Ministro Crosetto, riportano anche la notizia che i nostri Comandi militari stanno approntando un piano di evacuazione del nostro Contingente. In questa situazione, non solo non c'è da stupirsi, ma c'è da augurarsi che questo piano sia preparato nel migliore dei modi e, soprattutto, sia messo nelle condizioni di essere attuato tempestivamente e rapidamente, perchè, stante l'attuale situazione e con la previsione di una probabile ed imminente guerra tra Israele e Hezbollah/Libano, sarebbe la cosa più sensata da fare.

Marcello Bellacicco