Attualità - 28 luglio 2024, 14:55

Piozzo "Sul cammino del ricordo" a 80 anni dall'incendio nazista del 5 luglio 1944 [FOTO]

Ieri la commemorazione per le vie del paese con la preziosa testimonianza di Cesare Salvatore Vietti, sopravvissuto da neonato alla rappresaglia in paese

Una candela accesa per ogni caduto. Così Piozzo ha scelto di commemorare chi ha perso la vita lottando per la libertà di cui godiamo noi oggi, nell'80° anniversario dell'incendio del paese, avvenuto per mano nazista il 5 luglio del 1944. 

"Sul cammino della memoria". È questo il nome scelto per le celebrazioni, organizzate dal gruppo Alpini locale, che si sono svolte ieri sera. 

Il corteo, aperto dalle note della banda musicale "Alesina" di Carrù ha attraversato le vie del paese, raggiungendo il monumento dei caduti all'Albarosa per la deposizione della corona d'alloro. Lo stesso omaggio, alla fine del corteo, è stato poi posto anche di fronte al municipio. 

"Oggi ricordiamo una parte di storia che ha segnato il nostro paese - ha detto il sindaco, Sergio Lasagna - Ringraziamo il gruppo alpini per aver organizzato questa manifestazione, il gruppo delle Volontarie per l'arte, la banda musicale di Carrù, le maestre e gli alunni della primaria che hanno realizzato approfondimenti e lavori sulla rappresaglia nazista che Piozzo subì il 5 luglio del 1944".

Il primo cittadino ha poi anche ringraziato il vice presidente del consiglio regionale, Franco Graglia che, anche in questa occasione, ha scelto di prendere parte attivamente alle celebrazioni in paese. 

"Questa sera - ha detto Fausto Ballauri, capogruppo degli alpini - ricordiamo l'incendio di 80 anni fa, percorrendo le strade del paese, sui passi della nostra gente e dei nostri caduti. Proprio per ricordare tutti coloro che hanno perso la vita su ogni fiaccola ha il nome di uno di loro". 

Al termine del corteo, la signora Felicina Priola ha ripercorso gli eventi storici legati a quel 5 luglio del 1944 quando i nazisti per rappresaglia diedero fuoco al paese, distruggendo case, cascine e incendiando anche l'archivio comunale. A seguire, Cesare Salvatore Vietti, sopravvissuto alla rappresaglia nazista, quando era solo un neonato, ha condiviso la sua testimonianza, lasciando a disposizione della comunità anche un prezioso diario. 

"Il 5 luglio del 1944 ero un neonato di poche ore quando i tedeschi incendiarono Piozzo, l'archivio comunale e tantissime case. Venne risparmiata via Priola, siamo stati fortunati, siamo dei sopravvissuti".

LA TESTIMONIANZA DI CESARE VIETTI

"Era luglio, il tempo in cui si trebbiava il grano; verso mezzogiorno, arrivarono a Piozzo i Tedeschi. La gente si era rifugiata nei boschi, solo mio padre tardava nel cortile per scaricare dal carro i covoni di grano e far posto a me e a mia madre per andarsene.
Li i Tedeschi lo sorpresero e credendolo uno sciacallo, lo caricarono su un autoblindo dove già c'erano il tenente Pietro Bellino, un partigiano catturato a Boves ed un morto. Nel breve tragitto, mentre venivano trasportati in piazza, il partigiano che sapeva di venir fucilato, chiese da quale parte poteva tentare la fuga. "La Rocca", che allora arrivava fin verso il centro della piazza, "é l'unica salvezza" spiegò mio padre.
Ma il suo tentativo di fuga verso la libertà risulterà vano: Bellino fu ucciso da un colpo di mitraglia mentre, in fondo alla rocca, scavalcava la rete di un orto. Mio padre fu messo davanti al muro del Municipio. Non riuscendo a capire di quale colpa fosse accusato, tentava di far vedere i calli delle sue mani, segno della fatica contadina. Grazie ad un traduttore riuscì a far capire che era un onesto lavoratore che non si era potuto allontanare come gli altri piozzesi per la nascita di un figlio.
I tedeschi, non sapendo se credere o no al suo racconto, decisero di andare a verificare di persona: si recarono in via Priola, a casa Vietti, entrarono in camera da letto, mi trovarono, mi tirarono su dalla culla e, quando videro che ero un maschio esclamarono: 'Servirà per le guerre future!'. Mio padre venne liberato con la raccomandazione di non allontanarsi perchè lì di certo non sarebbe successo nulla. Il concentrico di Pozzo bruciò quasi tutto, venne risparmiata via Priola, dove c'era casa mia, ma il fumo, l'odore acre della cenere rendevano irrespirabile l'aria e mio padre, nonostante l'ammonimento, decise di raggiungere i boschi della Vernera, vicino a San Grato. Nei giorni successivi, anche se Piozzo era in gran parte distrutto, la vita continuava e compito di mio padre fu quello di denunciare, in un Municipio dove al posto dei documenti e delle carte c'era solo cenere, la mia nascita. I vicini di casa e gli abitanti di via Priola seguirono mio padre intenzionato a chiamarmi Cesare fino in Municipio e insistettero per darmi un nome che fosse anche un ringraziamento: Salvatore. Ecco perchè mi chiamo Salvatore Cesare".