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Cronaca | 24 luglio 2024, 11:27

Stalker la perseguitava, fino a 1.500 chiamate nel cuore della notte all’operatrice del progetto di accoglienza

Giovane richiedente asilo condannato a un anno e dieci mesi per atti persecutori e la violazione del divieto di avvicinamento

Immagine di repertorio

Immagine di repertorio

Un anno e dieci mesi di carcere. Questa la pena inflitta dal Tribunale di Cuneo ad A.A.E., giovane extracomunitario sudanese, accusato di stalking e violazione del divieto di avvicinamento.

Nel 2019 il giovane era entrato nel progetto di accoglienza migranti in un centro del Monregalese, dove aveva frequentato corsi di lingua italiana. Aveva anche preso parte a un percorso di inserimento che gli aveva poi permesso di accedere a un tirocinio, e qualche tempo dopo trovò un lavoro in autonomia.

Per due anni, dal 2019 al 2021, era stato seguito da un’operatrice con cui aveva rapporti quotidiani. Andando avanti però, il rapporto, da parte di lui, diventò sempre più invadente e insistente, al punto che la ragazza lo denunciò e i suoi colleghi le diedero un "tracker",  dispositivo di allarme collegato al telefono. 

Come spiegato in tribunale dalla vittima, A.A.E. una notte arrivò a chiamarla 1.486 volte. Ma oltre a quelle migliaia di telefonate, c’erano anche appostamenti, pedinamenti, insistenti richieste di matrimonio e messaggi che costrinsero la Procura a chiedere al giudice per le indagini preliminari di applicare la misura cautelare di divieto di avvicinamento, poi trasgredita. 

A carico del ragazzo, pendeva anche l’accusa di violazione della misura, ora aggravata nel divieto di dimora, a cui si è aggiunto il provvedimento di divieto di presenza sul territorio provinciale, su cui il giudice che ha emesso la sentenza di condanna si è riservata di decidere il prolungamento.

“Nel 2021 mi aveva dichiarato il suo amore - aveva riferito la donna -. Una volta mi aveva scritto che aveva intenzione di sposarmi e che mi avrebbe aspettata. Era sposato e in attesa del ricongiungimento familiare, ma mi chiedeva cosa dovesse fare per poter sposare una italiana e poi mi disse che voleva sposare me, che voleva avere dei figli da me”. 

Per il pubblico ministero, che aveva chiesto al giudice la condanna del ragazzo proponendo una pena pari a due anni di reclusione, quelle condotte integravano perfettamente il reato di stalking, rafforzato dal fatto che la vittima si vide costretta a cambiare le proprie abitudini per paura. Per la difesa del giovane il suo atteggiamento sarebbe stato sì insistente, ma non tale da ingenerare paura o timore, in quanto “non vi è traccia né di violenza, né di minaccia”.

CharB.

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