Cronaca - 11 luglio 2024, 09:45

Crollo del viadotto di Fossano vicino alla sentenza: parlano le difese

Penultima udienza in tribunale a Cuneo a sette anni esatti dal collasso del viadotto di via Marene. A prendere la parole i difensori di sette dei dodici imputati accusati a vario titolo di omesso controllo e disastro colposo

Crollo del ponte di Fossano

Dopo le richieste della Procura e delle parti civili è stata la volta dei difensori di sette dei dodici imputati in tribunale a Cuneo per il crollo del viadotto di Fossano.

Sei di loro, i tecnici Anas A.A. e M.S., il geometra R.R. e l’ingegnere M.A.F. per la Franco&C Spa, il geometra e direttore del cantiere M.C. e il capocantiere M.T. per le Imprese Grassetto, devono rispondere di disastro colposo; tre tecnici Anas (il geometra V.P., il capocantiere B.C. e il capo sorvegliante D.C.C.), avrebbero invece omesso di rilevare e annotare nelle schede la presenza delle infiorescenze, delle macchie e delle colature violando così una circolare ministeriale del 1991. Infine, per i lavori eseguiti sulla circonvallazione nel 2006, quando venne scarnificato il manto stradale, sono stati chiamati a rispondere l’ ingegnere Anas, G.A., e i due responsabili della ditta appaltante Pel.Car che si occupò dei lavori, M.G. e M.R.V.

La Procura, nel corso della sua requisitoria, aveva chiesto l’assoluzione per M.A.F. (ingegnere della Franco Spa), M.G (amministratore della Pel.Car), V.P., B.C. e D.C.C. (tutti tecnici Anas): per i primi due per il mancato raggiungimento della prova e per i tre tecnici per non aver commesso il fatto. Sette, invece, sono state la richieste di condanna alle pene sospese di  due anni di reclusione nei confronti di M.C., M.T., rispettivamente geometra e direttore di cantiere e capocantiere per le Imprese Grassetto (la ditta appaltatrice che si occupò della fornitura dei conci), di A.A., ingegnere e direttori dei lavori Anas, di M.S. geometra coadiutore di quest’ultimo; di un anno e sei mesi di reclusione per il geometra R.R. della Franco&Spa (azienda preposta alla costruzione dei prefabbricati in cemento armato)e, infine, di un anno e due mesi per M.R.V. e G.A., responsabili della ditta appaltante Pel.Car (che si occupò della manutenzione) ha ritenuto che il ponte crollò a causa delle mancate iniezioni di Boiacca e per alcuni difetti di manutenzione svolti nel 2006.  

A prendere per primi la parola sono stati gli avvocati tre tecnici, i legali Paolo Dotta e Franco Papotti, secondo cui il collasso sarebbe imputabile alle mancate iniezione di boiacca in quanto, oltre al fatto che la struttura nelle zone dove erano presenti le infioerescenze era sana, le campate crollate erano quelle dove l'iniezione non era stata eseguita. Durante  l’inchiesta, i consulenti tecnici erano stati chiamati a confrontarsi sul fatto se il collasso del ponte fosse o meno dovuto alle mancate iniezioni della miscela di cemento ed additivi e se la presenza di infiorescenze e colatura visibili sulla struttura esterna ne potessero far presagire il crollo. Inoltre, quanto emerso dalle arringhe degli avvocati, dalle direttive ricevute dall’Anas i tecnici non erano tenuti a segnalare ed annotare le infiorescenze perché non considerate “elemento rilevante” (leggi qui).

Per l’ingegnere M.A.F. della Franco Spa, l’avvocato Marco Ivaldi si è associato alle richieste assolutorie della Procura, contestando invece la richiesta di condanna a carico del geometra della stessa ditta R.R..Il legale ha infatti sostenuto come l’istruttoria non abbia fatto emergere la causa scatenante del crollo del viadotto.  Ad associarsi alle richieste assolutorie anche l’avvocato Roberta Bei per l’ingegnere e direttore dei lavori Anas A.A. (per cui la Procura ha chiesto la condanna), in quanto il ruolo del suo assistito era sorveglianza e non di controllo quotidiano sulle opere in corso.

Anche per l’ingegnere M.C., dell’impresa Grassetto che fornì i conci per la costruzione l’avvocato Nicola Gianaria ha chiesto l’assoluzione a fronte della richiesta di condanna della Procura, sottolineando anche come il suo assistito non avesse una funzione di garanzia sulla realizzazione dei lavori. “Secondo i consulenti dell’accusa la boiacca era troppo fluida, troppo porosa e l’acqua riuscì a penetrarla corrodendo i cavi. Ma qual è stato l’innesco del fenomeno di corrosione, i lavori del 1992 o la sostituzione dei giunti del 2006 con la mancata impermeabilizzazione? Neanche i consulenti dell’accusa hanno saputo dare una risposta a questa domanda e se non sappiamo quando si è innescata la corrosione, non possiamo dire chi è il responsabile”.

Il 15 luglio, la parola alle restanti difese.

CharB.