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Copertina | 30 giugno 2024, 00:00

Guido Guglielminetti, se la storia della musica italiana parla "puragnin"

Da Fossati a De Gregori a Gianmaria Testa, in Italia e nel mondo, “passione e stima le chiavi per collaborare con i ‘big’”

Guido Guglielminetti, se la storia della musica italiana parla "puragnin"

Bassista, compositore, arrangiatore e produttore discografico: la definizione in senso lato di “musicista” a tutto tondo non può non calzare nel descrivere Giudo Antonio Guglielminetti.

Torinese di nascita – 72 anni il prossimo 15 dicembre – Guglielminetti vive a Peveragno, ai piedi della Bisalta ma gira l’intera Italia come parte della band che accompagna, da decenni ormai, il grande cantautore Francesco De Gregori. Una collaborazione che arriva da lontano e che però è solo uno dei tasselli di una carriera costellata di successi e soddisfazioni soprattutto artistiche; una vita passata immerso nella grande musica nazionale e internazionale.

Con lui, TargatoCn ha deciso di fare quattro chiacchiere.

Quando la carriera è lunga, articolata e piena di grandi risultati come la tua definirne l’inizio è sempre interessante. Da dov’è partita la tua passione per la musica suonata in generale? E per il basso nello specifico?
Io ho vissuto quelli che credo siano stati gli anni migliori della musica. Parlo degli anni ‘60, quindi Beatles e Rolling Stones tra gli altri. Con gli amici, tra i quali Umberto Tozzi, dedicavo molto tempo all’ascolto della musica: uno di noi aveva una soffitta e un bellissimo impianto stereo, e  frequentavamo una parrocchia nella quale ci lasciavano fare le prove in una stanzetta.

La scelta del basso, inizialmente è stata casuale, il nostro front man suonava la chitarra quindi io dovetti passare al basso. Ebbi modo così di scoprire questo bellissimo strumento e non me ne staccai più.

Una delle tue prime esperienze ti ha visto parte del Patrick Samson Set assieme a Umberto Tozzi. Ma il suo è solo uno dei grandissimi nomi della musica italiana e internazionale con cui hai collaborato: Lucio Battisti, Ivano Fossati, Mia Martini, Luigi Grechi, Loredana Bertè, Edoardo Vianello, Giovanna Marini. Figure che, per tutti noi, sembrano lontane e imperscrutabili. Com’è stato collaborare con loro?
Prima ancora mi sono fatto le ossa nelle sale da ballo suonando tutta la sera i più svariati generi musicali. Tutte le collaborazioni che hai citato, più molte altre, sono state utili e piacevoli; da ognuno ho avuto modo di imparare un sacco di cose.

Con quale di questi grandi personaggi hai sentito di avere più feeling, artistico e/o personale? E con quale hai avuto più difficoltà? C’è qualche aneddoto che puoi raccontarci?
Senz’altro è con Ivano Fossati che ho avuto più feeling, sia musicale che personale, e abbiamo trascorso molto tempo insieme da me a Torino o da lui a Genova. Non ho mai avuto nessuna difficoltà a instaurare buoni rapporti di lavoro, soprattutto perché ho sempre avuto grande stima per gli artisti coi quali ho avuto la fortuna di collaborare.

Forse non molti dei nostri lettori lo sanno ma tua è la musica di "Un’emozione da poco" (con il testo di Ivano Fossati) di Anna Oxa, della quale apprezzo personalmente molto la versione cantata da Luca Marinelli nel film Lo chiamavano Jeeg Robot. Vi aspettavate avrebbe avuto tutto questo riverbero, quella canzone? Anche qui, c’è qualche aneddoto in merito?
Io portavo sempre con me una cassetta sulla quale registravo i miei appunti musicali accompagnandomi al pianoforte o alla chitarra. Quando a Ivano chiesero se avesse un pezzo per una giovane cantante esordiente lui girò la domanda a me (in quel periodo dividevamo un appartamento a Tor Lupara, fuori Roma, perché lavoravamo insieme alla RCA); ascoltammo quindi un po’ di cose che avevo registrato e trovammo il pezzo, su cui lui scrisse il testo.

Un’emozione da poco nacque così! Nessuno di noi due avrebbe mai immaginato potesse riscuotere tanto successo.



Altra grande collaborazione è quella con Gianmaria Testa, cantautore cuneese tra i più celebri, che ha portato per esempio a Biancaluna. Hai voglia di raccontarci qualcosa del vostro rapporto e del vostro lavoro insieme?
Avevo una sala prove in centro a Cuneo, in contrada Mondovì, nella quale in molti venivano a fare le prove, anche molti militari che sceglievano di passare le serate facendo musica. Conobbi Gianmaria in quella circostanza, veniva con i suoi musicisti a provare i brani che scriveva. Nacque subito un buon rapporto e scrivemmo anche alcune cose insieme.

Purtroppo, negli ultimi anni, non sono più riuscito a trovare quegli appunti anche perché nel frattempo sono cambiati i supporti sui quali registravo e la sala prove l’ho chiusa perché ho trasferito tutto a Torino. Di conseguenza, con Gianmaria, non ho più avuto modo di collaborare.

Indubbiamente il più rappresentativo dei grandi cantautori italiani con cui collabori (ormai da diversi decenni) è Francesco De Gregori. Perché questo rapporto così stretto? Che cosa di De Gregori ti ha colpito particolarmente, portandoti nel 1985 a diventare ‘capobanda’ dell’ensamble che ne accompagna i live?

Sarebbe più giusto chiedersi che cosa di me abbia colpito De Gregori al punto di affidarmi la produzione dei suoi album e la direzione musicale dei concerti. Entrambi siamo persone molto appassionate del proprio lavoro e conserviamo una grande stima reciproca.

Ancora su De Gregori. Quale esperienza, tra quelle che avete vissuto insieme e costruito, ricordi con più soddisfazione?
Sicuramente la volta in cui, alla fine delle registrazioni di Terra di nessuno, mi disse: ‘Perché non vai tu a fare i mix a Londra?’ Naturalmente io non ci potevo credere, ma era tutto vero. Ho avuto veramente molta paura di non essere all’altezza di un compito così importante e delicato ma mi fidai soprattutto di lui, pensai che se aveva questa fiducia nei miei confronti probabilmente lui vedeva qualcosa in me che io stesso non vedevo.

Il lavoro andò molto bene. Ci trovammo agli studi Townhouse, in cui conobbi Freddie Mercury: stava facendo i mix dell’album Barcelona che registrò con Montserrat Caballè. Quindi, direi, un’esperienza indimenticabile.

Stando a quanto riportano le varie pagine internet che trattano la tua carriera c’è stato anche spazio per il cinema. Tue sono le musiche per il cortometraggio italiano del 1991 La casa. Che esperienza è stata? Non si è poi più ripetuta, negli anni, se non vado errato…
E’ stata un’esperienza nata in modo casuale, coinvolto da un amico. Fu molto divertente ma rimase un fatto isolato. Magari potrebbe ripetersi, chi lo sa?

Parlaci anche dell’attività della PSRFactory, che si propone di individuare e coltivare alcuni dei nuovi talenti della musica nostrana. Da dove parte l’idea di mettere in piedi una “factory”, termine che riporta ad anni passati e a realtà artistico-creative senza freni e limiti come quella warholiana?
Tutto il mio lavoro è sempre stato improntato alla collaborazione, all’interazione, allo scambio. È vero che io ho molto da insegnare, data l’esperienza, ma è ancora più vero che ho molto da imparare dalle persone che si affidano a me, quindi chi viene da me porta le proprie idee e le mette a disposizione, per raggiungere l’obiettivo di creare qualcosa in cui potersi riconoscere.

Naturalmente sto parlando di musica, di canzoni, ma anche di video e di grafica. Intorno a me gravitano molti grandi professionisti che mettono a disposizione il proprio talento per la realizzazione dei prodotti.

Ultimamente sto lavorando con una ragazza molto giovane e di grande talento, Isabella Sarale “Isabella”. Stiamo realizzando alcuni brani inediti scritti principalmente da Martina Bolzoni, giovanissima autrice, da Franco Vietti e da me.

Se forse solo gli appassionati riconducono a te il successo di Anna Oxa e Ivano Fossati, credo ancor meno siano al corrente del fatto che vivi, ormai da anni, in provincia Granda. Scoprire che un luogo così “periferico” come il nostro possa sfornare personaggi di peso – come te e Testa, per citarne due – stupisce, forse, di certo incuriosisce. È “la provincia” che può essere terreno fertile in questo senso?
Sicuramente la qualità della vita influisce in modo determinante nella quotidianità di chiunque e il lockdown penso ci abbia fatto riflettere su questo.
Io sono nato e cresciuto in città quindi per me vivere qui è una scoperta continua.

Quando vado a Roma o a Milano per lavoro mi domando spesso se riuscirei a vivere ancora in una città; non credo di avere una risposta perch* chiaramente se il mio lavoro lo richiedesse mi trasferirei ovunque, ma non so se ne sarei molto felice!

Guardiamo un po’ avanti. Dove potremmo vederti, nei prossimi mesi, e ovviamente ascoltarti?
Luglio, agosto e settembre mi vedranno impegnato in Tour con Francesco De Gregori in giro in tutta la penisola, isole comprese. E nel mese di novembre, a Milano all’Out off. Oppure, negli altri giorni, mi potrete vedere a Peveragno, al mattino presto, in giro con la mia cagnolina Ginetta.

Simone Giraudi

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