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| 26 giugno 2024, 09:32

Unione del Monviso a pezzi: Meirone perde la presidenza e prova a diventare dipendente dell’ente

Dopo il “caso Sanfront”, dove 750 schede tra nulle e bianche hanno portato al commissariamento del Comune, incerte le prospettive dell’organo montano sovracomunale. L’ex sindaco di Sanfront, che lo presiedeva, partecipa ad un concorso da lui stesso indetto

Il sindaco di Sanfront Emidio Meirone

Il sindaco di Sanfront Emidio Meirone

Bocciato come sindaco e, di conseguenza, anche come presidente della già traballante Unione montana del Monviso, Emidio Meirone ha provato a passare dall’altra parte della barricata, cercando di diventare dipendente dell’ente da lui guidato fino a qualche settimana fa.

Ha destato un certo stupore in valle Po apprendere che il presidente dell’ente sovracomunale, a ridosso della tornata elettorale amministrativa, ha partecipato ad un concorso per un posto da istruttore amministrativo contabile a tempo indeterminato indetto dal medesimo organo che presiedeva.

Venerdì scorso, 21 giugno, sul sito istituzionale dell’Unione montana è stato pubblicato l’esito della graduatoria finale che lo vede classificato al quinto posto su undici partecipanti. L’esame consisteva in due prove, una scritta (18 giugno), superata la quale si accedeva a quella orale/colloquio, in calendario appunto il 21 giugno.

Sin qui le vicende più o meno private dell’ex sindaco che, con questa scelta, esce definitivamente dalla scena politico-amministrativa valligiana.

In municipio a Sanfront si è già insediato il commissario prefettizio Marinella Rancurello, cui è affidata l’ordinaria amministrazione. Non si annuncia breve il periodo di commissariamento, dal momento che la prima tornata elettorale utile, cui abbinare le prossime comunali, sarà non prima di un anno.

Nel frattempo, coloro che non avevano trovato la forza (o il coraggio) di mettersi in gioco alle comunali dell’8 e 9 giugno, stanno organizzando i primi conciliaboli per capire quali prospettive amministrative dare al paese dopo l’ampia parentesi commissariale. Siamo alle fasi preliminari e nessuno degli amministratori uscenti, né quelli che sedevano sui banchi della maggioranza, né quelli che avrebbero dovuto, essendo all’opposizione, provare a trovare soluzioni alternative, ha le idee chiare.

Col senno di poi viene da considerare che si sono puntualmente realizzate le previsioni del presidente della fondazione Ospedale di Carità, Silvio Ferrato, il quale – in tempi non sospetti – aveva parlato di un “clima compromesso a tal punto da rendere auspicabile il commissariamento”.

Oltre all’aspetto strettamente municipale, c’è un problema che va oltre la cinta daziaria e riguarda la governance di tutta la valle. Sono dieci i Comuni della valle Po andati alle urne in questa tornata. In alcuni casi sono state riconfermate le amministrazioni uscenti, in altri – è il caso di Revello – si è voltato pagina.

Qualcuno vorrebbe tentare di riunire attorno ad un tavolo i sindaci della valle, anche quelli più riottosi, per vedere se una ripartenza è possibile e in quali termini.

In questa situazione – in attesa che il nuovo sindaco di Revello Paolo Motta, decida il da farsi - solo il capoluogo, Paesana, rientrata non da molto nell’Unione, può assumere l’iniziativa. La palla – caduto Meirone - passa formalmente nelle mani di Emanuele Vaudano, riconfermato sindaco di Paesana senza concorrenti.

Ma l’uomo forte, quello che di Vaudano resta vicesindaco, è Marco Margaria, presidente del Bim, esponente provinciale di Azione.

Giocando di sponda col collega di partito, il neo assessore regionale Marco Gallo che avrà la delega alla Montagna, cercherà di mettere insieme i cocci di una valle che, politicamente parlando, è a pezzi.

Il caso più emblematico, segno del caos istituzionale in cui versa l’ente montano, riguarda Martiniana Po, che ha aderito sì ad un’Unione, ma quella delle Alpi del Mare.

Vaudano e Margaria proveranno a far ripartire l’Unione mentre da Torino l’assessore regionale Gallo cercherà di rimediare ai danni prodotti dalla riforma Maccanti, che ha abolito le Comunità Montana sostituendole con le Unioni. Salvo rare eccezioni, hanno dimostrato di non riuscire ad assolvere al ruolo per le quali erano state previste.

Il percorso di riassetto della governance della montagna sarà comunque complesso e non è dietro l’angolo. Nel frattempo, per restare alla valle Po, passaggio ineludibile, è tentare di riannodare i fili delle relazioni tra gli amministratori, operazione che – dato il clima - appare al momento come una fatica di Sisifo.


Giampaolo Testa

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