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Attualità | 09 giugno 2024, 10:41

Il Papa chiude con una grande festa la prima Giornata mondiale dei bambini

Intanto l’Italia è in pieno inverno demografico, lo confermano le statistiche

Papa Francesco alla GMB di Roma (Foto Vatican Media)

Papa Francesco alla GMB di Roma (Foto Vatican Media)

Domenica 26 maggio, papa Francesco ha chiuso la prima Giornata mondiale dei bambini in una piazza San Pietro gremita e festante. Il Pontefice ha dato appuntamento per la seconda edizione al termine della Messa solenne. Sarà a settembre 2026, sempre a Roma.

«Vi aspettiamo», ha detto Francesco, lasciando il sagrato in carrozzina per salire poi sulla papamobile e proseguire con un giro di saluti tra i 50mila presenti, in maggioranza bambini provenienti da 100 nazioni del mondo.

Tanti sorrisi, colori e festa, fino al monologo di Roberto Benigni che ha detto: «I bambini sono il nostro futuro, la gioia di domani, una cosa meravigliosa. Magari in mezzo a voi c’è un nuovo Michelangelo, un nuovo Galileo, una nuova Rita Levi Montalcini. O magari c’è il nuovo Papa, o due o tre, non si sa mai».

La spensieratezza e la gioia dei più piccoli, che si respirava in piazza San Pietro e ancora il giorno precedente allo Stadio Olimpico ha contagiato tutti anche lo stesso papa Francesco rinvigorito dall’incontro con le nuove generazioni.

E se parliamo della Giornata mondiale dei bambini è per strappare un sorriso su un tema dove non c’è proprio niente da ridere. Un altro studio dice che nessuno vuole più fare figli. Zero. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Nazionale di Statistica del 2023, sembra che la natalità stia facendo ciao ciao con la manina, e pure il numero di trapassati è in discesa. Ma quando si tirano le somme viene fuori che ogni mille abitanti ci sono mediamente 6 neonati e 11 defunti che prendono la strada opposta. Un disastro.

Ma cosa significa, concretamente, tutto ciò? Che se ci sono meno nascite oggi, domani ci saranno ancora meno giovani in giro. Se poi confrontiamo la situazione con gli altri paesi d’Europa, ecco che ci rendiamo conto che siamo un po’ come il fanalino di coda.

Guardate la Germania, con i suoi asili nido gratis e la Francia che fa incentivi per far crescere la famiglia. E noi? Beh, come saprete sembra che siamo un po’ indietro sulla strada dell’assistenza alla natalità. Meno nascite significa meno lavoratori, meno tasse pagate, più pressione sui servizi sanitari e previdenziali.

Questo calo folle delle nascite sta dipingendo un quadro nazionale piuttosto agghiacciante. Basta dare un’occhiata ai numeri provvisori dei nuovi abitanti d’Italia, solo 379mila, ben 14mila in meno rispetto all’anno precedente. Sempre secondo l’Istat, quasi la metà delle donne tra i 18 e i 49 anni ha scelto di non cambiare pannolini. Tra di esse, il 17,4% ha già deciso che non vuole nemmeno pensarci a dare alla luce un bebè, perché semplicemente non rientra nei loro piani di vita.

Forse è il momento di andare a sbirciare il passato demografico italiano. Parliamo di una sorta di montagna russa storica. Gli anni ‘50 e ‘60 erano tempi d’oro per fare bambini! Parliamo del periodo del baby boom causato dal miracolo economico italiano. La fecondità era alle stelle con una media di 2,44 per vent’anni. Ma poi, ecco che arriva la svolta negli anni ‘70. Le nascite cominciano a scemare. E da lì in poi, è stato un triste scivolare verso il basso, con l’età media della maternità che si allunga sempre di più.

Anche per quanto riguarda il numero di figli per donna, sembra che sia in caduta libera. Da quel misero 1,24 del 2022 è sceso ancora a 1,20 nel 2023, e in certe province sarde sembra proprio che la fecondità sia diventata rarissima. Cagliari con un misero 0,86; Oristano con 0,93; Sassari con 0,95 e Nuoro con 0,99.

Figli decimali e decimati, insomma.

Silvia Gullino

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