Egregio Direttore,
ho l’esigenza di esporre una problematica che mi sta personalmente molto a cuore e credo sia condivisibile e di interesse per molte altre famiglie con in casa un portatore di handicap sessantenne.
Mi chiamo Ornella e sono la sorella di Marco, tetraplegico dalla nascita
Marco frequenta il centro Diurno Orizzonti a Madonna dell’Olmo e il 31 luglio prossimo compierà 61 anni.
Da quindici anni, dopo la morte di entrambi i nostri genitori, vive a casa sua presso la Cooperativa la Via, seguito da una badante. Qui lui vive una discreta autonomia, si muove da solo all’interno del villaggio, partecipa alle iniziative di socializzazione nell’area comune (momenti di feste, estate ragazzi, corsi , visione di film ), qui ha instaurato profonde amicizie e si è ricostruito un ambiente familiare, accettando in tutti questi anni la fatica di un turnover di più di trentacinque badanti … La sua frase, però è sempre stata: “Purché rimanga qui a San Rocco”.
Io sono la sua unica sorella, per cui il carico è tutto su di me. Ormai, però, da tempo mi sto rendendo conto che questa gestione per me, per la mia famiglia e per Marco non può continuare a lungo.
Sempre più difficile risulta il reperimento e l’assunzione di badanti che possano garantire l’effettiva gestione di Marco e delle sue necessità.
L’impegno necessario per gestire questa situazione e garantire a mio fratello una vita autonoma in casa sua è diventato per me sempre più pesante, dopo 15 anni quasi insostenibile, ed elevato è il costo che mensilmente Marco deve affrontare, reso fattibile dai risparmi di una vita dei miei genitori.
Da un po’ di anni Marco riceve dal Consorzio Socio Assistenziale un contributo economico, che nell’anno copre le spese di due, tre mesi, di cui ringrazio, ma che non può dare sollievo alla mia stanchezza ed ansia a seguito di un impegno giornaliero, che si intensifica nelle necessità improvvise.
Riconosco anche l’investimento economico necessario per il Centro Diurno frequentato da Marco dal lunedì al venerdì. Luogo di offerta relazionale, con molte iniziative atte al mantenimento delle sue capacità psicofisiche, con operatori professionalmente preparati ed umanamente sempre disponibili.
Ma cosa succede a Marco se non riesco più a seguirlo? E cosa accadrà ai suoi 65 anni?
Ad oggi, a 65 anni si è considerati giovani e si può o si deve continuare a lavorare.
Un portatore di handicap a 65 anni viene considerato vecchio, con un’unica soluzione di vita: la casa di riposo con persone di 80, 90 anni.
La casa in cui vive Marco, perché non potrebbe diventare il luogo per sperimentare un un progetto pilota?
Una casa che ospiti persone anche con esigenze diverse, ma bisognose di assistenza e desiderose di vivere in un ambiente più a dimensione familiare. Una realtà che possa valorizzare ancora le personali potenzialità e farle diventare, anche se limitate, un supporto reciproco, per garantire più qualità di vita.
Questo è il sogno che coltivo da sempre, mi è ormai chiaro, però, che la sua realizzazione richiede la volontà di forze politiche, sociali, assistenziali, privatamente non è fattibile.
Vorrei che a questo mio scritto seguissero riflessioni e decisioni da parte di chi ha la facoltà di cercare soluzioni a tale problematica e risollevare familiari, soprattutto tanti genitori stanchi ed anziani che vivono questa angosciante realtà in solitudine.
Ricordiamoci anche che quando c’è un disabile , tutta la famiglia è coinvolta e ruota intorno a lui/lei.
Dove c’è un disabile è necessario uno sguardo allargato, che abbracci e sostenga l’intera famiglia.
Ornella Folco