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Cronaca | 28 maggio 2024, 20:32

Caporalato a Racconigi, il gestore del Cas: "Nessuno sfruttamento dei ragazzi, solo integrazione sul territorio"

I richiedenti asilo, ospiti del centro di accoglienza dal 2016, erano alle dipendenze di un imprenditore agricolo di Costigliole Saluzzo che ha patteggiato per sfruttamento

Immagine di repertorio

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“Abbiamo sempre cercato di lavorare in modo professionale dando i servizi essenziali richiesti dalla Prefettura e cercando anche di dare un senso a una parola di cui tutti si riempiono la bocca ma che pochi riescono a vivere: l’integrazione sul territorio”. Sono queste le parole con cui il responsabile del Centro di accoglienza straordinaria (CAS) di Racconigi, accusato di caporalato in tribunale a Cuneo, ha spiegato quale fosse il suo ruolo all’interno della cooperativa che si occupava di prendere in carico i richiedenti per offrir loro possibilità lavorative. “Nel 2016 - ha spiegato l’uomo - ospitavamo una cinquantina di ragazzi. Ci chiedevano continuamente di poter lavorare perché avevano bisogno di soldi. Noi li mettevamo in contatto con le aziende che si davano disponibili per poterli accogliere”.

La vicenda inizia nel 2021, quando un gruppo di richiedenti asilo mise in atto una protesta che richiese l’intervento delle forze dell’ordine. Il motivo del malcontento, in un primo momento, sembrava essere dovuto al fatto che nella struttura “non si mangiasse bene” ma poi, quando i Carabinieri iniziarono ad ascoltare le voci di alcuni migranti, ne sarebbe emerso un quadro di sfruttamento del lavoro.  
Molti di loro iniziarono a presentarsi in caserma tramite un ‘passaparola’ muniti di bigliettini su cui venivano annotate le ore di lavoro nei campi di frutta di un’azienda agricola a Costigliole Saluzzo. Dai documenti raccolti risultò un quadro di sfruttamento e il titolare dell’azienda patteggiò la pena. Al datore si contestavano pagamenti in nero e retribuzioni non proporzionate all’attività lavorativa dei braccianti e, assieme a lui venne anche rinviato a giudizio l’odierno imputato.

I lavoratori da Racconigi a Costigliole Saluzzo si muovevano attraverso un pulmino che prima era stato messo a disposizione dalla cooperativa e poi dall’azienda agricola per cui lavoravano. Questo servizio, però, non era gratuito ma costava cinque euro.
La Procura sostiene che i migranti pagassero direttamente all’ex gestore del Gas quelle somme di denaro e che fosse lui stesso a sottrarli dalla busta paga dei braccianti.

Accusa che però è stata completamente smentita dai sette braccianti chiamati a testimoniare in aula a marzo e assisiti da una traduttrice: tutti hanno riferito di non aver mai visto l’imputato prendere quei soldi e tanto meno richiederli e che quelle somme venissero sottratte dal datore di lavoro. “Nel 2017 un ragazzo afghano del centro morì in bicicletta – ha continuato l’imputato – Questo episodio fece molto riflettere in tema di trasporto stradale. Il pulmino era stato una strategia condivisa da tutti. I ragazzi erano contenti. Dopo aver ricevuto una serie di preventivi piuttosto salati da aziende di trasporto locali, avevamo deciso di usare quello della cooperativa chiedendo un rimborso spese di 5 euro a ogni ragazzo. I soldi raccolti venivano consegnati in ufficio e messi in una cassa comune che veniva utilizzata per i bisogni in più: il gelato d’estate, i datteri, qualche sfizio per i ragazzi”.

Il pulmino non era però autorizzato accompagnare i ragazzi sul lavoro e in assenza di una codificazione chiara nella contabilità della cooperativa, in quanto i soldi della cassa comune non venivano rendiconti, venne sospeso. Furono pertanto le aziende in cui i ragazzi lavoravano ad occuparsi di riscuotere il pagamento. Aziende, che però, la Procura sostiene essere state imposte dall’imputato ai lavoratori: “Io non ho mai minacciato nessuno. I ragazzi erano tutti richiedenti asilo - ha proseguito -  non avevano bisogno di dimostrare che lavoravano per avere il rinnovo del permesso di soggiorno. I richiedenti asilo sono persone che scappano perché perseguitate nei propri Paesi di origine. Una volta accertato lo status il rinnovo era automatico. Non ho mai imposto a nessuno di lavorare, anzi alcuni ragazzi preferivano studiare l’italiano e magari conseguire il diploma di scuola media per avere in futuro migliori occasioni di lavoro”.

Il 24 ottobre, la prossima udienza.


CharB.

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