Attualità - 17 maggio 2024, 17:09

Nella Giornata Internazionale contro l’omolesbobitransfobia la storia di Andrea

“Vorrei che non fosse così - dice Andrea, tra timore e desidero di sconfiggerlo - Mi sento in colpa, vittima forse anch’io del pensiero che la normalità è l’eterosessualità e soprattutto consapevole che i miei non lo accetteranno mai fino in fondo"

“Se mio figlio fosse gay non ci sarebbe alcun problema, però mi dispiacerebbe: la maggior parte delle persone dice o pensa ancora questo.”

Inizia così il racconto di Andrea (nome di fantasia), un giovane della nostra Provincia, nella Giornata Internazionale contro l’omolesbobitransfobia, data fondamentale per le persone LGBTQIA+ e per le Istituzioni che si impegnano a tutelare e promuovere i Diritti di ogni essere umano. Il suo è un racconto umano, sofferto, ma anche molto consapevole.

“Spesso mi sento fare battute spinte sulle ragazze - dice - Ogni volta annuisco, sorrido e cerco di rispondere secondo i canoni. A volte ho mentito, inventandomi una finta relazione. Alla gente importa tantissimo della nostra vita sentimentale/sessuale e queste informazioni spesso vengono usate anche per definirci come persona. Penso ad esempio a mia cugina e a tutte le volte che qualcuno, già a 18 anni, le chiedeva se avesse avuto un fidanzatino. Io ho superato i 25 anni e ho passato la fase del divertimento concesso al ‘ma quando ci porti a conoscere una ragazza’, da parte dei parenti”.

Il 17 maggio 1990 è la data in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la World Health Organization ha cancellato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, riconoscendola come una variante naturale del comportamento sessuale umano. Una Giornata riconosciuta e celebrata dalle associazioni impegnate sul fronte dei Diritti Umani e dalle Istituzioni internazionali e nazionali, celebrata dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite nonché dalle loro Istituzioni.

“Vorrei che non fosse così - dice Andrea, tra timore e desidero di sconfiggerlo -. Mi sento in colpa, vittima forse anch’io del pensiero che la normalità è l’eterosessualità e soprattutto consapevole che i miei non lo accetteranno mai fino in fondo. La mia è una famiglia di ampie vedute, però con gli altri. Le persone dicono di non avere alcun problema nei confronti dell’omosessualità, ma come per una malattia sperano che non capiti a loro, che non ne sia ‘affetto’ loro figlio. E così un po’ ci si sente malati, ma anche consapevoli che la guarigione corrisponderebbe a un qualcosa per il quale si sente dentro sé repulsione, credo esattamente la stessa che prova chi invece è eterosessuale pensandosi con una persona del suo stesso sesso. C’è poi il discorso degli stereotipi, nel mio caso nessuno ha mai avuto il sospetto e oltretutto faccio uno sport estremamente maschile. C’è poi il dirlo agli amici, la loro reazione.”

Che valore ha la propria vita? Vale davvero la pena accontentare gli altri? Sono queste le domande che più si pone Andrea:

“La verità è che siamo tutti un po’ incasellati, spinti ad adempiere quello che spera per noi chi ci ha messo al mondo, quello che pensa la gente, e non è affatto facile. Spero di riuscire a dire finalmente la verità, tutti speriamo di riuscire un giorno ad essere veramente felici.”

Beatrice Condorelli