Farinél - 31 marzo 2024, 11:27

Farinél/ Ricordate! Una mela marcia se non isolata può far marcire tutto il cesto

Nella settimana in cui le Langhe sono state associate all’odioso fenomeno del caporalato con episodi accertati di grave sfruttamento, in molti hanno cercato di sminuire parlando di un fenomeno marginale gonfiato per danneggiare un territorio. Mettere la polvere sotto il tappeto, danneggia tutti, bisogna fare come fece il settore nel 1986 di fronte allo scandalo del metanolo che divenne la chiave di volta per andare verso la qualità lasciando dietro i delinquenti

In primo piano vigneti trattati con prodotti chimici a Mango

In questa settimana non si è parlato d’altro che dell’esplosione del caso caporalato nelle Langhe. Tutto è partito venerdì 22 marzo con il rilancio del Corriere della Sera Torino dell’inchiesta di Al Jazeera con l’intervista a Sajo, gambiano, sfruttato nei vigneti langhetti per 3 euro l’ora, domenica 24 marzo il mio Farinél con un titolo volutamente provocatorio che ha fatto discutere e ha alimentato il dibattito.

Lo sapevamo tutti, era nell’aria e martedì 26 marzo, come un fulmine a ciel sereno, i Carabinieri hanno comunicato ufficialmente: “Il caporalato nelle Langhe esiste” e non è solamente un prodotto della fantasia dei giornalisti “cattivi” alla ricerca di qualche scoop a buon mercato. No. L’indagine era partita a marzo 2023, in tempi non sospetti e le risultanze sono chiare: gli sfruttatori ci sono e al loro fianco si muove una rete di connivenze e complicità finalizzata al risparmio di qualche schifoso euro sulla pelle di chi vive situazioni di degrado e disperazione.

I giornalisti non sono cattivi, ma tengono famiglia anche loro e subiscono, soprattutto i cronisti della carta stampata, una crisi irreversibile dell’informazione che, attenti, si potrebbe risolvere in un solo modo: continuando a criticare i giornali, ma tornando a leggerli e tornando a leggere, più in generale, pratica ormai desueta per gli italiani. Alcuni giornalisti (e titolisti) della carta stampata, dotati di famiglia, pensano di poter sbarcare il lunario con titoli a effetto e allora ecco “Schiavi nelle Langhe”, “Vigneti insanguinati” ecc che hanno messo alla berlina un intero territorio.

L’apice si è toccato in un articolo di un noto quotidiano torinese in cui il giornalista ha concluso il proprio pezzo sparando a caso i nomi di due aziende storiche del Barolo e del Barbaresco. Aziende in cui l’ispettorato del lavoro avrebbe riscontrato delle irregolarità, che, per quanto ne sappiamo potrebbero essere anche dovute alla presenza di un lavoratore sorpreso nell’atto di potare senza guanti, ma che sicuramente nulla hanno a che fare con il caporalato e lo sfruttamento. In questo sicuramente la categoria a cui appartengo dovrebbe migliorare evitando accostamenti e allusioni inopportune che possono screditare aziende serie nell’opinione pubblica. Sono atti che squalificano tutta la categoria dei giornalisti e che possono mettere l’opinione pubblica contro i bersagli sbagliati.

Fatto il mea culpa del caso, però, sono in tanti a dover fare un esame di coscienza, oltre ai giornalisti, perché ho trovato inopportuna e controproducente la levata di scudi di molti addetti ai lavori che hanno parlato di un fenomeno marginale e isolato, di un gruppetto di criminali stranieri, sottolineando stranieri, anche se a fare affari ospitando a peso d’oro i lavoratori sfruttati nelle vigne erano personaggi italianissimi.

Sicuramente non è la norma e sicuramente la stragrande maggioranza dei produttori della zona opera in modo onesto e trasparente. Lo stesso possiamo dire di gran parte delle cooperative che provano a destreggiarsi tra una burocrazia mastodontica per riuscire a sostenere un costo all’ora per lavoratore in regola di circa 15.50 euro lordi.

Esborso alla portata di qualsiasi Barolista, ma proibitivo per chi deve far lavorare vigne di Dolcetto o Moscato. Ormai quasi nessun produttore affida il lavoro a ore, si va per appalti affidandosi al 100% alle cooperative che solitamente lavorano nella piena legalità.

Gli episodi oggetto di indagini, tirando le fila, sono casi non frequenti, ma purtroppo più diffusi di quanto immaginiamo e prevedono la creazione di una rete che coinvolge decine di persone con caporali senza scrupoli, produttori che chiudono non solamente un occhio, ma due, proprietari di abitazioni conniventi, autisti, complici. Una rete, insomma, molto più diffusa, una vera e propria associazione a delinquere, in cui alla fine a rimetterci maggiormente è chi meglio lavora.

I titoli a caratteri cubitali, i servizi del Tg1 e degli altri telegiornali nazionali, pensate che abbiano danneggiato i caporali o quelle cooperative che operano nell’illegalità e nello sfruttamento? No, hanno danneggiato le Langhe, il Barolo, il Barbaresco, i produttori che da oltre un secolo calpestano le strade di tutto il mondo per tenere alto il nome di un territorio unico come questo.

E allora il mio consiglio è chiaro: mettere la polvere sotto il tappeto, come ho sentito fare in questi giorni, danneggia tutti, bisogna fare come fece il settore nel 1986 di fronte allo scandalo del metanolo che divenne la chiave di volta per andare verso la qualità lasciando dietro chi faceva il furbo.

Vorrei che fossero lo stesso Consorzio di tutela che in passato si è occupato del fenomeno e che continua a farlo sostenendo l’Accademia della Vigna, gli stessi produttori, le stesse cooperative che lavorano nella legalità a levare gli scudi contro i caporali, contro chi vuole fare il furbo, in caso contrario continueremo a vedere titoli come “Schiavi in vigna” che in pochi secondi possono vanificare anni di lavoro e di fatica.

Emblematica vuol essere la foto scattata a Mango da un personaggio che ha dedicato la propria vita alle buone pratiche in vigna e che ho deciso di pubblicare come immagine di copertina di questo Farinél. In primo piano la chimica, le scorciatoie, la via facile per un profitto immediato, sullo sfondo la bellezza di chi lavora rispettando la natura, la salute dei consumatori e anche le vigne del vicino.

Ricordate, le mele marce vanno isolate e buttate, altrimenti fanno marcire tutto il cesto e ho fiducia nei produttori di Langhe e Roero che sapranno ancora una volta risollevarsi per tornare più forti di prima.

Marcello Pasquero