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Attualità | 14 marzo 2024, 14:40

Nevediversa, quale futuro per lo sci? L'impietoso rapporto di Legambiente non risparmia la Granda

Un'analisi approfondita che passa in rassegna i tanti impianti dismessi, quelli che aprono a singhiozzo e quelli che sopravvivono solo grazie all'innevamento artificiale. Colombero, Uncem: "Bisogna accettare ciò che non è e non sarà più"

Immagine di repertorio

Immagine di repertorio

Tanta neve come quella scesa nelle ultime settimane, sulle Alpi piemontesi, non si vedeva da anni. Eppure non basta ad invertire una tendenza ormai conclamata: precipitazioni sempre più scarse e temperature sempre più alte. 

Lo attestano i dati di Arpa Piemonte, che evidenziano come il trimestre invernale appena terminato abbia fatto registrare sul Piemonte le temperature più calde degli ultimi 70 anni, con una media regionale di 4.5°C, ovvero quasi +3°C in più rispetto alla norma del trentennio di riferimento 1991-2020.

Le conseguenze sono ovviamente ambientali ma anche economiche, in quanto al turismo della neve sono legate tante attività, come ben sappiamo nella nostra provincia, che conta due importanti comprensori sciistici, quello della Riserva Bianca a Limone Piemonte e quello del Mondolè. Oltre a tanti altri, più piccoli.

Non sopravviverebbero senza l'innevamento artificiale, lo si dice da tempo e lo dice con convinzione Roberto Gosso, presidente di Cuneo Neve, che gestisce gli impianti di risalita di Entracque.

In Piemonte ammontano a 32.339.873 di euro i contributi previsti per il biennio 2023-2025 (contro i 29.044.956 di euro del biennio 2022-2024).

HA ANCORA SENSO INVESTIRE SOLDI PUBBLICI?

Una domanda a cui risponde Nevediversa 2024, il report realizzato da Legambiente sugli impianti di risalita in Italia, dove sono in aumento quelli che, a causa della mancanza di neve e privi di innevamento artificiale, aprono a singhiozzo o non aprono affatto.

I DATI NAZIONALI

177 gli impianti temporaneamente chiusi nella Penisola (+39 unità rispetto al report precedente), di cui 92 sull’arco alpino e 85 sull’Appennino.

Salgono a 93 gli impianti aperti a singhiozzo (+9 rispetto al report precedente), il grosso, ben 55, si concentra sugli Appennini.

Altro dato in crescita è quello delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica; e quello degli impianti sottoposti al cosiddetto “accanimento terapeutico”, 241 quelli censiti da Legambiente (+33 unità) che sopravvivono solo con forti iniezioni di denaro pubblico. Il grosso, ben 123, sugli Appennini.

Dati a cui va aggiunta la crescita dei bacini idrici per l’innevamento artificiale: 

158 quelli censiti (+16 rispetto al report 2023) di cui la gran parte in questo caso, ben 141, sulle Alpi, e il restante, 17, sulla dorsale appenninica. Sul fronte finanziamenti, per aiutare il settore sono ben 148 i milioni di euro destinati lo scorso anno dal Ministero del Turismo per l’ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale a fronte dei soli quattro milioni destinati alla promozione dell’ecoturismo.

I DATI DELLA PROVINCIA DI CUNEO

IMPIANTI DISMESSI

Viola, a 1200 metri di quota. Un villaggio della neve completamente abbandonato e fatiscente per la cui ristrutturazione servirebbero circa 30 milioni di euro

Acceglio, chiuso dagli anni '90

Prazzo, a 1000 metri di quota

Bagni di Vinadio, area mai realmente decollata

Chiusa Pesio, chiuso dal 1998

Sciovie della Sposa a Vernante, chiuso dal 2010

Orme, dismesso dagli anni Novanta

Roccaforte Mondovì, chiuso dagli anni Ottanta

Molti di questi impianti sono ancora lì, mai rimossi e ormai diventati tutt'uno con i boschi.

 

IMPIANTI TEMPORANEAMENTE CHIUSI

Pian Giasset a Crissolo. Mancano acqua e neve e l'innevamento artificiale costa troppo, per cui al momento è chiuso

 

UN PO' CHIUSI E UN PO' APERTI

Garessio, riaperto lo scorso 28 gennaio, tornato in funzione dopo sette anni e un finanziamento pubblico di 1,5 milioni di euro

 

IMPIANTI SOGGETTI AD ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Lurisia

Sampeyre

 

BACINI ARTIFICIALI PER INNEVAMENTO

Iter in corso per un bacino a Limonetto e uno a monte della cabinovia Bottero

A Prato Nevoso e Artesina

 

LA VOCE DI LEGAMBIENTE

Così Legambiente, nella presentazione del dossier: "Chiediamo un cambio di rotta a livello politico e territoriale, superando la pratica insostenibile dell’innevamento artificiale, lavorando ad una riconversione degli impianti e puntando ad un turismo invernale più sostenibile e dolce che rappresenta il futuro della montagna. L’innevamento artificiale comporta ingenti consumi d’acqua, forte dispendio di energia, oltre alla realizzazione di più bacini per l’innevamento e quindi un consumo di suolo in territori di pregio naturalistico. Da parte nostra non c’è alcuna contestazione nei confronti degli operatori del settore, ma più un’obiezione contro la resistenza al cambiamento. Il dialogo e il confronto con gli operatori del settore è fondamentale per contribuire a costruire il nuovo orizzonte di cui la montagna ha bisogno".

UNCEM PIEMONTE

Sul tema abbiamo interpellato Roberto Colombero, presidente di Uncem Piemonte, da sempre sostenitore di una montagna che vada oltre lo sci e di cui la Valle Maira, da cui proviene, è un esempio virtuoso.

"Il rapporto conferma una situazione che conosciamo da anni. Dobbiamo distinguere tra stazioni sciistiche grandi, a gestione privata e imprenditoriale, con un indotto importante, quali Limone e il Mondolè, che non possono chiudere, - sottoliena Colombero. Diverso il caso delle tante piccole stazioni, spesso a gestione pubblica. Tenerle in piedi è accanimento terapeutico e va oltre le evidenze del cambiamento climatico. Questi territori in bilico, come vengono chiamati, hanno bisogno di investimenti ma non per tenere in vita gli impianti, ma per ripensare il concetto di turismo e di montagna invernale, che non può più essere solo lo sci. In altri Paesi lo stanno già facendo, qui da noi si continua ad investire su impianti e innevamento artificiale. Ma con quali prospettive? Bisogna accettare ciò che non è più e ciò che non sarà più. In Valle Maira il processo di cambiamento della visione è durato trent'anni. Questo tempo non ce lo abbiamo più".

Barbara Simonelli

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