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Attualità | 26 gennaio 2024, 18:02

Sinagoga di Saluzzo: Mattia Terracina, staffetta della memoria, con il bagaglio dei tragici ricordi consegnatogli dai nonni

Il rappresentante della comunità ebraica di Torino alla commemorazione della Giornata della Memoria con la storia della famiglia e il ricordo dei 29 ebrei della Comunità saluzzese. La cerimonia si è svolta questa mattina in Sinagoga e al cimitero ebraico. “Ricordare, meditare e raccontare". E cercare le farfalle gialle dei bambini sui parabrezza e vetrine della città per dire oggi e sempre ”Mai più”

Mattia Terracina, rappresentante della Comunità ebraica di Torino alla Giornata della Memoria di Saluzzo

Mattia Terracina, rappresentante della Comunità ebraica di Torino alla Giornata della Memoria di Saluzzo

 

Oggi, venerdì 26 gennaio,  a Saluzzo, la commemorazione della Giornata della Memoria, per ricordare il giorno in cui le truppe dell'Armata Rossa, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz nel 1945.

Come tutti gli anni è stata una sentita partecipazione di autorità militari, comunali, studenti, associazioni, cittadini, con il ritrovo nella sinagoga di via Deportati ebrei, che ha visto l’interventi di don Roberto Bruna vicario generale della Diocesi e del sindaco Mauro Calderoni incentrato sul dovere di non dimenticare le sofferenze di allora per scongiurare le sofferenze oggi, in qualsiasi parte del mondo. “Ricordiamo le vittime del più folle ed ossessivo piano di sterminio concepito dall’uomo. La Shoah è stata la più grande tragedia dei nostri tempi e ha portato il mondo a dire “mai più”.

Un "mai più" che purtroppo oggi è ancora speranza più che realtà. Ma il ricordo può molto perchè il ricordo è attivo. Porta a farsi domande. Ricordare è un dovere che dobbiamo ai morti e ai vivi. Ma non basta, occorre agire di conseguenza".

Toccante l’intervento di Mattia Terracina in rappresentanza della Comunità ebraica di Torino.

“Una emozionante staffetta della memoria tra Giuseppe Segre e suo nipote che porta speranza - ha commentato il sindaco - Come le farfalle gialle dei bambini, che oggi volano sui parabrezza e vetrine della città. Perchè sempre si dica “Mai più”.

“Sono un ragazzo, tale e quale a molti altri presenti in questa sala" - Così si è presentato il giovane rappresentante della comunità ebraica torinese, portando nella storia della sua famiglia e degli ebrei di Saluzzo, vittime delle leggi razziali.

"Vi guardo negli occhi quasi a cercare un segnale di solidarietà e sostegno reciproco in una giornata solenne come questa. Ma, in questo silenzio, io tremo. Tremo per il peso che porto sulle spalle, che un poco mi grava, ma che ho il dovere di sostenere, quasi come un bagaglio, o uno zaino per andare a scuola che mi è stato consegnato dai miei genitori, a cui era stato consegnato dai miei nonni.  

Sono un ebreo torinese, figlio di ebrei e nipote di un nonno ebreo saluzzese presente in questa sala, Giuseppe Segre.  Suo padre Vittorio, mio bisnonno, era nato e cresciuto a Saluzzo, dove lavorava. Alla fine dell’estate ’43, stava lavorando alla costruzione di un aeroporto militare qui vicino, quando incominciò a diffondersi la voce che gli uomini del regime fascista avrebbero cercato gli ebrei casa per casa per arrestarli e consegnarli nelle mani dei tedeschi, che li avrebbero poi deportati. Riuscì a scappare appena in tempo, una fredda mattina, il primo dicembre, con la moglie Eugenia e il figlioletto di sette anni, Giulio".

Furono ventinove gli ebrei saluzzesi deportati e trucidati nei campi di sterminio, più di due terzi della comunità.

Come evitare che la Giornata della Memoria diventi solamente una mera formalità?

"Occorre ricordare, meditare e raccontare" ha più volte ribadito Terracina. "Raccontare l’eroismo di Don Cirillo Perron, parroco di Courmayeur ( Nel 2015 riconosciuto da Israele "tra i Giusti tra le Nazioni") alla cui porta bussarono nel dicembre ’43 i miei bisnonni in fuga da Saluzzo.

In preda alla disperazione, presero la coraggiosa scelta di fidarsi. Scelta che a molti, moltissimi costò cara. Ad aprire quella porta invece trovarono un uomo di un coraggio e di una generosità unica, che accettò di nascondere il fratello maggiore di mio nonno, zio Giulio, facendolo passare per  un nipote bisognoso di trascorrere del tempo respirando l’aria di montagna"

Ricordare, meditare e raccontare il coraggio dei coniugi torinesi Dalmiro e Verbena Costa, che nell’inverno tra il 1943 e il 1944 nascosero la sua bisnonna tredicenne Nedelia nella loro casa di Sauze d’Oulx, e l’eroismo dei 600.000 partigiani "che scelsero di combattere piuttosto che di piegarsi, l’azione e non l’indifferenza, l’eterno ricordo, e non l’oblio".

Il giovane rappresentante della comunità ebraica di Torino ha poi ricordato le varie stragi nazifasciste e le azioni antisemitiche. Ha sottolineato "la viltà di chi è rimasto indifferente di fronte al dramma e chi decise di vendere ai nazifascisti per qualche migliaio di lire la vita di persone con cui, fino a poco tempo prima, avevano convissuto in tutta normalità".

Cinquemila lire, era la ricompensa per la consegna di un uomo, tremila per quella di una donna, mille e cinquecento per un bambino. 

"Sono figlio di anni di racconti tragici ed eroici che mi sono stati tramandati, di generazione in generazione, con le lacrime agli occhi e la pelle d’oca, o con la voce roca.

Sono figlio di racconti di persone che hanno perso la vita nei campi di sterminio, di persone che si sono salvate grazie alla fortuna, al proprio ingegno o all’eroismo di altri, di eroici partigiani, di nazi-fascisti assassini, di persone comuni e di persone indifferenti.

Sono quel figlio che non si stancherà mai di continuare a ricordare e a trasmettere.

E anche qui, in questa sinagoga nella quale i miei genitori si sono sposati più di venti anni fa, la stessa in cui i miei avi il secolo scorso celebravano  le preghiere ebraiche, sento più che mai sulle mie spalle il peso di quella memoria che mi è stata tramandata, che ormai è parte di me, e che tutti dovrebbero avere per fare in modo che quello che è accaduto, non avvenga mai più".

Il secondo tempo della commemorazione si è svolta al cimitero ebraico di via Lagnasco, aperto in questa occasione. Prima dell’ingresso, accanto alla lapide che li ricorda e alla corona d'alloro della città, la lettura scandita dei nomi delle vittime della Shoah, i 29 ebrei della comunità saluzzese. 

 

Vilma Brignone

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