Attualità - 10 gennaio 2024, 12:58

Crisi ex-Ilva: “Rischio stop impianti. Se Taranto si ferma, Racconigi smette di lavorare"

Domani i sindacati convocati in un incontro serale a Roma dopo l’accordo saltato tra il privato Arcelor e il governo. Nello stabilimento racconigese operano 98 persone

Un incontro dall’esito “pesantemente negativo” quello avvenuto a Palazzo Chigi nella giornata di lunedì 8 gennaio. Così definisce Domenico Calabrese, segretario della Fiom Cgil Cuneo, quanto successo nel tavolo romano tra Arcelor Mittal e governo rispetto al futuro degli stabilimenti italiani dell’ex Ilva. 

In quella riunione - che si sarebbe dovuta tenere prima della fine dell’anno poi rinviata subito dopo l’Epifania -  la società privata, con sede legale in Lussemburgo e che dal 2018 ha rilevato gli impianti del maggior centro siderurgico in Italia, ha, di fatto, declinato l’offerta pubblica. 

ArcelorMittal  attualmente detiene il 62% delle quote di Acciaierie d’Italia, mentre  il 38% è in mano a Invitalia, azienda governativa partecipata del Mef. 

L’accordo, poi saltato, prevedeva un aumento di capitale pari a 320 milioni con il passaggio al 66% della quota di Invitalia. Una battuta d’arresto in quella che il governo riteneva una giornata decisiva, “dirimente" per il futuro di Acciaierie d’Italia

“Da una parte Arcelor non è disposta a investire - spiega Calabrese - dall’altra non è intenzionata a cedere le sue quote societarie. È necessario accelerare per un cambio di governance. Se si aprisse una battaglia legale i tempi si allungano e tempo non ce n’è più. Gli impianti sono di un degrado tale che non garantiscono produzione, né di operare in sicurezza. Il rischio è quello  che una delle maggiori acciaierie d’Europa si fermi, con ripercussioni non solo a Taranto”.

In Piemonte sono presenti due stabilimenti dell’ex Ilva: a  Racconigi e Novi Ligure, nell’alessandrino, con ripercussioni anche alla Sanac di Gattinara, nel vercellese. Si stimano circa cinquecento dipendenti, tremila - secondo quanto riferiva il presidente Alberto Cirio nell’ultimo incontro tra le parti in Regione - se si calcola l’indotto. 

“Già stiamo vedendo - continua il segretario della Fiom - come le ripercussioni di Taranto influenzino l’operato di tutti gli stabilimenti. Se si ferma Taranto, Racconigi smette di lavorare. Qui da quando nel 2018 è entrato Arcelor i dipendenti sono passati da 150 a 98, oltre al fatto che sono aumentate le ore di cassa integrazione. Siamo arrivati al punto che si è dovuta utilizzarla perché non c’erano più soldi per il gasolio da mettere nel muletto. Ma non c’è una crisi dell’acciaio, il calo è soltanto dovuto al fatto che chi ha in mano l’azienda ha perso clienti e non garantisce standard europei.”

“Ma - afferma Domenico Calabrese - occorre intervenire. C’è preoccupazione per la tenuta occupazionale e dovrebbe essere in questo momento la preoccupazione di tutto il paese. Se si va verso la cassa integrazione in deroga, che non prevede l’accordo con un sindacato, se non si sblocca questa situazione di stallo, c’è l’alto rischio di un inasprimento delle relazioni.”  

Intanto sono stati convocati i sindacati per domani alle ore 19 presso la Sala Monumentale di Largo Chigi a Roma con la presenza di una delegazione del governo e dei rappresentanti nazionali di cinque sigle (Fim, Fiom, Uilm, Ugl metalmeccanici e Usb).

Precedente a quell’incontro, alle 16, è previsto un coordinamento da remoto tra i sindacati di ogni stabilimento a cui parteciperà anche un delegazione racconigese. 

Intanto nella giornata di ieri il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha dichiarato: "La Regione Piemonte è al fianco dei lavoratori per i quali abbiamo già attivato tutte le forme di sostegno in vista di quella che potrebbe essere una crisi occupazionale che però vogliamo cercare di prevenire” e ribadisce che “il governo deve, come sta facendo e bene, rivendicare la centralità nelle politiche dell’acciaio”.

Lo scorso 11 dicembre, proprio nel grattacielo della Regione, si era tenuto un incontro, dove erano presenti, oltre che i sindacati, anche gli amministratori dei comuni coinvolti. Qui era stata proposta “un’azione coordinata con Puglia e Liguria per far sentire la voce delle Regioni in difesa degli stabilimenti produttivi”. 

“Abbiamo chiesto al presidente Cirio -  conclude Calabrese - di preoccuparsi di questa situazione. Ci ha confermato la volontà di seguire la vicenda anche sui tavoli romani e di attivarsi per quelle che sono le sue competenze."