Economia - 08 gennaio 2024, 19:28

Ex Ilva, salta il tavolo a Palazzo Chigi: Arcelor indisposta all'aumento della partecipazione pubblica

Proposto l'aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, ma non c'è l'accordo. A Racconigi uno stabilimento occupa circa novanta persone

Immagine di repertorio

Salta il tavolo sull'ex Ilva di Taranto convocato oggi, lunedì 8 gennaio, a Palazzo Chigi con ArcelorMittal, la società  che attualmente detiene il 62% delle quote di Acciaierie d'Italia, mentre il 38% è dell'agenzia governativa partecipata dal Mef, Invitalia.

"La delegazione del governo - come si legge in una nota di Palazzo Chigi - ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva”. 

Ma a quanto si apprende da un’agenzia dell’Adnkronos ora la trattativa subisce un brutto stop.

"Il governo - scrive infatti Palazzo Chigi nella nota che sancisce la rottura tra le parti - ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale. Le organizzazioni sindacali saranno convocate dall’esecutivo per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio (anziché domani 9 gennaio)”.

Una battuta d’arresto per una giornata decisiva che secondo il Governo sarebbe stata dirimente per il futuro di Acciaierie d’Italia. 

Nonostante il cuore del centro siderurgico sia a Taranto, in Piemonte sono presenti tre stabilimenti dell’ex Ilva a Racconigi, Gattinara e Novi Ligure, per un totale di circa cinquecento dipendenti, tremila - secondo quanto riferiva il presidente Alberto Cirio - se si calcola l’indotto. 

Lo scorso 11 dicembre, proprio nel grattacielo della Regione, si era tenuto un incontro, dove erano anche presenti gli amministratori dei comuni coinvolti. Qui era stata proposta “un’azione coordinata con Puglia e Liguria per far sentire la voce delle Regioni in difesa degli stabilimenti produttivi”. 

Nello stabilimento racconigese lo scorso 21 novembre era stato indetto uno sciopero. Qui operano circa novanta dipendenti che si occupano della produzione di tubi in acciaio, prima del Covid erano circa 150. Una fase di stallo, quella che si sta verificando nella fabbrica di Strada Regionale 20, che vede un ricorso sempre più massiccio della cassa integrazione. 

"L'indisponibilità di Mittal, manifestata oggi nell’incontro con il Governo, è gravissima, soprattutto di fronte alla urgente situazione in cui versano oramai i lavoratori e gli stabilimenti, e conferma la volontà di chiudere la storia della siderurgia nel nostro Paese". Così Fim Fiom e Uil, in una nota unitaria, commentano l'esito dell'incontro tra governo e ArcelelorMittal sul futuro dell'ex gruppo Ilva. 

Un incontro, prosegue la nota, che "conferma quello che Fim Fiom Uilm hanno denunciato e per cui hanno mobilitato i lavoratori: la necessità di un controllo pubblico e la mancanza di volontà del socio privato di voler investire risorse sul futuro dell’ex Ilva".

 

E dall'incontro di giovedì i sindacati si attendono dal Governo "una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale"."La delegazione del governo - come si legge in una nota di Palazzo Chigi - ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva”.