È stato rimando a gennaio il vertice del cda di Acciaierie d’Italia. Un nuovo nulla di fatto dopo circa tre ore di confronto per trovare, in primis, un accordo su aumento di capitale e l'acquisto degli impianti.
Come riporta l’Adnkronos, tutto è ora rinviato ad un incontro tra i vertici degli azionisti, Governo, Invitalia e Arcelor Mittal la cui data non è stata ancora fissata ma che presumibilmente si dovrebbe tenere per i primi di gennaio. Sarà quella la sede dunque in cui si cercherà di trovare una quadra alla ricerca di un massimo allineamento o meno, per poi eventualmente riconvocare un nuovo Cda e nuovamente l’assemblea.
Nonostante il cuore del centro siderurgico sia Taranto, in Piemonte sono presenti tre stabilimenti dell’ex Ilva a Racconigi, Gattinara e Novi Ligure, per un totale di circa cinquecento dipendenti, tremila - secondo quanto riferiva il presidente Alberto Cirio - se si calcola l’indotto.
Lo scorso 11 dicembre, proprio nel grattacielo della Regione, si era tenuto un incontro, dove erano anche presenti gli amministratori dei comuni coinvolti. Qui era stata proposta “un’azione coordinata con Puglia e Liguria per far sentire la voce delle Regioni in difesa degli stabilimenti produttivi”.
Nello stabilimento racconigese lo scorso 21 novembre era stato indetto uno sciopero. Qui operano circa novanta dipendenti che si occupano della produzione di tubi in acciaio, prima del Covid erano circa 150. Una fase di stallo, quella che si sta verificando nella fabbrica di Strada Regionale 20, che vede un ricorso sempre più massiccio della cassa integrazione.
Intanto per domani, venerdì 29 dicembre, alle 16, è stato convocato un incontro a Palazzo Chigi alla presenza delle sigle sindacali dei metalmeccanici.
“È inaccettabile che il Cda e l’assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia si riuniscano da mesi senza prendere decisioni per la salvaguardia dell’occupazione, dell’ambiente e della produzione di acciaio in Italia. - commenta Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil - È un comportamento irresponsabile, in un Paese normale dovrebbero dimettersi e il Governo dovrebbe prendere in mano l’azienda. Il Governo nazionale non può essere ostaggio di una multinazionale. Il Consiglio dei Ministri, riunito in queste ore, decida per la salita nel capitale pubblico”.
“Perdere altro tempo - prosegue Scarpa - significa mettere a rischio la salute e l'occupazione dei lavoratori, l'ambiente, la continuità aziendale e la tenuta gli impianti”. Poi commenta la decisione della Presidenza del Consiglio “di ridurre la delegazione delle organizzazioni sindacali convocate per domani” come "la manifestazione della paura del Governo di affrontare gli unici che hanno fatto proposte concrete per impedire il fallimento. Il Governo faccia l’interesse di tutto il Paese, non può continuare con questo atteggiamento di retroguardia, ci sono di mezzo le vite di migliaia di persone e il futuro dell’industria siderurgica italiana”.
"Questa situazione di stallo continua ad essere fortemente pericolosa per il futuro dell’azienda, dell’occupazione e della produzione del più grande polo siderurgico europeo - sostengono il leader Fim Roiberto Benaglia e il segretario nazionale Valerio D'Alò - E ci chiediamo anche, come mai, il confronto con i vertici del Governo e i Mittal a livello mondiale non sia stato tenuto in questi mesi ma sia stato programmato per le prossime giornate di gennaio. Pensiamo che sia il momento delle scelte e non dei rinvii, perché non c’è più tempo. L’incontro di domani del sindacato, con il Governo, sia quindi non una perdita di tempo ma concreto nel programmare scelte che permettano al di là del confronto con i Mittal, di salvare l’azienda e di evitare un “bagno di sangue” industriale e occupazionale”.