Determinato nell’elencare i risultati ottenuti, agghiacciato nel ricordare il femminicidio di Giulia Cecchettin. Analitico nell’analizzare la possibile alleanza tra Pd e M5s, commosso nel ricordare le difficoltà del Covid e la scomparsa di Silvio Berlusconi. E’ un Alberto Cirio a 360° quello che si racconta a pochi giorni dalla fine dell’anno, pochi mesi dal termine del mandato da governatore.
Riflessioni sul futuro del Piemonte tra auto e spazio. E ancora: Tav, grattacielo. E poi una candidatura non ancora annunciata ma nell’aria da mesi: “Abbiamo fatto tanto ma c’è ancora tanto da fare. Vorrei, come insegnano gli scout, finire quello che si è iniziato”.
Presidente Cirio, volge al termine il 2023 e si entra nella fase conclusiva del suo mandato: qual è il ricordo più bello e quale il momento più difficile?
Il momento più difficile e il ricordo più bello coincidono, può sembrare un po’ strano ma è proprio così. Il mio mandato è stato caratterizzato dal Covid, dalla pandemia: facevo il presidente da 5 mesi quando un sabato, alle ore 15, arriva la segnalazione del primo caso di Covid isolato a Codogno. Da lì la mia vita, come quella di tutti i cittadini del mondo, è cambiata: mi sono trovato, in una Regione che avevo appena iniziato a conoscere, a gestire la più grande crisi e tragedia che ha toccato l’umanità dal dopo guerra a oggi. Quello è certamente il momento più brutto.
Cosa ricorda di quei giorni?
E’ stato un momento di dolore, mi sono ammalato e ho avuto gravi difficoltà anche nella permanenza con la famiglia: mi sono ammalato a marzo 2020, quando nessuno sapeva cosa fosse il Covid. Sono stati due anni complicati, in trincea. Due anni in cui le persone che incontravano mi dicevano che non avrebbero voluto essere al mio posto. Eppure io c’ero.
E come tutto questo diventa un momento bello?
Perché ne siamo usciti. La soddisfazione di aver fatto tutto quello che potevo, che ha portato il Piemonte ad essere una delle regioni più virtuose nella gestione della pandemia e dei vaccini. Siamo stati presi a modello: il generale Figliuolo durante le riunioni diceva “fate come il Piemonte”. Ogni giorno un vaccino in più significava salvare una persona in più. Alle Ogr, luogo in cui si fanno mostre ed eventi, abbiamo realizzato un ospedale da campo con terapie intensive. Non avevamo donne e uomini, siamo andati a Cuba grazie a Lavazza e abbiamo portato qui i medici cubani. Loro hanno montato un albero davanti all’ospedale da campo: loro arrivavano dall’ebola in Africa e avevano l’abitudine di mettere un fiocchetto bianco per ogni persona guarita. Io passavo davanti all’albero e vedevo il numero di fiocchi crescere, fino a superare questa grande crisi. Oggi, passata l’emergenza, possiamo gestire il futuro.
Riavvolgiamo il nastro. 26 Maggio 2019, la prima conferenza dopo aver vinto le elezioni improvvisata nel cortile di Palazzo Lascaris. Tante ambizioni e progetti. Oggi c’è un provvedimento in particolare tra quelli portati a termine che la rende orgoglioso?
La soddisfazione di aver fatto ripartire un Piemonte fermo. Ricordo che la Tav era ferma: quando sono diventato presidente, 50.000 persone sono scese in piazza perché la più grande opera che garantisce una prospettiva al Piemonte era ferma. Lunedì assenneremo i lavori della tutta italiana, entro 7 anni l’avremo completata, proiettando il Piemonte al centro degli scambi europei. Abbiamo chiuso vicende che sembravano impossibili da risolvere, pensate al grattacielo: l’ho ereditato fermo, senza soldi, con scandali poco edificanti. Quando l’abbiamo preso ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo trovato i soldi, gestito con onestà e serietà la cosa e l’abbiamo completato. Questo ci ha permesso di chiudere 20 sedi periferiche, risparmiare 18 milioni di euro all’anno e di rispettare i soldi dei cittadini. In un anno abbiamo spostato 2.000 dipendenti, con tutte le difficoltà connesse ma con grande determinazione. In due anni abbiamo dato una destinazione alla vecchia sede di piazza Castello: era un costo, oggi un’opportunità. Chi c’era prima di me voleva venderla ai privati, noi l’abbiamo data alla Corte dei Conti perché rimanga della famiglia pubblica, dello Stato. E abbiamo incassato i soldi. Abbiamo rimesso in moto un Piemonte fermo, lo dicono i livelli di occupazione: erano decenni che il Piemonte cresceva meno della media italiana, ora cresce più velocemente. E Torino cresce più del resto del Piemonte.
Ha invece un rimpianto?
Tutto può esser fatto meglio, io ho il rimpianto di aver avuto poco tempo. Perché siamo usciti dalla pandemia nel 2022, abbiamo avuto poco più di un anno per programmare. E’ il motivo per cui ho deciso di dare la mia disponibilità a ricandidarmi alla guida del Piemonte. Abbiamo fatto tanto ma c’è ancora tanto da fare: vorrei, come insegnano gli scout, finire quello che si è iniziato.
Lei si è messo a disposizione della coalizione, ma l’ufficialità della sua candidatura non è ancora arrivata. Quando possiamo attenderci novità? Nel 2019 venne ufficializzato a due mesi dalle elezioni...
Sì, da Berlusconi. Che mi manca tantissimo. Ecco, tra i rimpianti c’è anche questo: non ho più una figura che per me era importante. Tante volte mi capita nelle mie giornate, quando ho un problema che non so da che parte affrontare, di prendere il telefono in mano e pensare di chiamare Berlusconi. Il presidente, il Cavaliere. Era una figura per me importante ed è venuta a mancare. Oggi più che mai abbiamo la possibilità di rappresentare la sua area politica. Ho dato la mia disponibilità alla coalizione perché sono un uomo di coalizione: la coalizione l’ha inventata Berlusconi, che ha fondato il centrodestra unito. La politica ha la sua liturgia, le sue forme e la rispettiamo. Mi interessa che la presidente del Consiglio, alla domanda sul mio operato e la mia Giunta, ha detto che il Governo piemontese ha dato grandi soddisfazioni. A me questo basta. Aggiungo che Salvini mi sta dimostrando fiducia nella risoluzione di tanti problemi strutturali come l’Asti-Cuneo, che dopo oltre 30 anni abbiamo risolto e chiuderemo nel 2024. E poi il mio partito: sono molto legato ad Antonio Tajani, oggi è anche segretario politico di Forza Italia.
Dopo quasi 30 anni di politica, un giudizio sulla possibile alleanza M5s-Pd: la spaventano di più uniti?
Io penso sempre che le partite si determinano anche quando si fanno le squadre, è un momento importante. Non sottovaluto l’avversario e rispetto quello che accade nel centrosinistra. Rispetto anche le loro difficoltà nel trovare un candidato. E’ evidente che se il Pd si allea con il M5s è un posizionamento radicale, estremo, che aprirebbe un campo ampio a chi come me è un moderato e può parlare a un elettorato di centro che mal vedrebbe un posizionamento con il M5s. Non giudico cosa fanno gli altri, ma mi auguro una competizione come quella di cinque anni fa. Lì ho imparato tantissimo: per me avere un avversario come Chiamparino, per me avere un avversario come lui è stata una palestra straordinaria. La campagna elettorale è un momento di confronto e scontro, ma se il tuo interlocutore è uno in gamba si cresce. Ecco, mi auspico che chiunque siano gli avversari siano persone con cui poter costruire un momento di confronto nell’interesse del Paese e non di polemiche.
Ci dica la verità: nel futuro del Piemonte e di Torino c’è ancora l’auto? O bisogna guardare al cielo, allo spazio?
C’è l’auto per forza. In Europa è nata qui, abbiamo iniziato a costruirla qui. Credo che quei numeri che ho citato prima sul buono stato dell’economia piemontese sono numeri che dicono che la vocazione dell’auto rimane. Portiamo in dote un grande risultato: con il Comune di Torino abbiamo sottoscritto per la prima volta un contratto con Stellantis. Dico per la prima volta perché l’azienda non era mai stata messa a un tavolo. Abbiamo preteso che anche Stellantis facesse la sua parte: ha aperto l’hub europeo del riciclo, ha aperto il battery technology center. Tutto questo testimonia come stiamo lavorando con l’azienda perché l’elettrico, la guida autonoma e il Politecnico continuino a essere la squadra dell’automotive piemontese.
L’aerospazio può essere un complemento, non un settore sostitutivo. Non lo potrà mai essere. Può esser un luogo in cui si reinventano settori dell’automotive che oggi nell’aerospazio hanno aperto. Negli ultimi due anni sono più di 100 le aziende che sono nate e si occupano di aerospazio, alcune di queste prima si occupavano di automotive. Siamo passati da 20.000 addetti a 35.000. Aerospazio insieme all’auto, perché in Piemonte l’industria manifatturiera paga 1/3 degli stipendi dei piemontesi e dobbiamo continuare a difenderla.
Da uomo e soprattutto da padre, ancor prima che da governatore, è preoccupato per il dramma della violenza contro le donne? Il caso di Giulia Cecchettin ha scosso l’Italia. Quali soluzioni per arginare e risolvere questo problema?
Sono agghiacciato da quanto successo, sono papà di una bimba di 14 anni. Quando vedo le immagini di Giulia sorridente, che fa quello che fanno i ragazzi della sua età, cantava , scherzava, sorrideva o faceva le smorfie, penso che sono cose che fanno tutti i nostri figli. E’ un dramma che ci tocca da vicino. Non dobbiamo agghiacciarci solo quando accade, ma dobbiamo prevenirlo. E’ la responsabilità culturale che abbiamo: dobbiamo insegnare il valore del rispetto ai nostri figli. Lo Stato deve essere più attento a intercettare quelli che sono gli allarmi: chi conosce questo mondo ci dice che ci sono i campanelli d’allarme che ti possono segnalare. Serve creare una rete che coinvolga le scuole e che sappia comprendere quei campanelli e intervenire. Dobbiamo prevenire, non dobbiamo solo indignarci o piangere dopo. Abbiamo il dovere di far sì che quanto accaduto non si ripeta. Un dovere che abbiamo come uomini e come esseri umani.