Attualità - 08 dicembre 2023, 13:10

La vicenda del gioielliere finisce in Senato: Bergesio porta in aula la drammatica testimonianza di Silvia Roggero

A Palazzo Madama l’intervento del senatore, che annuncia l’adesione alla raccolta fondi lanciata dalla famiglia: "Da rappresentante delle istituzioni mi chiedo cosa avremmo potuto fare e cosa possiamo fare per evitare simili tragedie"

Silvia Roggero col padre Mario e la madre Mariangela, qui sorridenti nello scatto di famiglia che accompagna l'appello da lei pubblicato sui social

E’ arrivato in Senato, oggetto di un intervento tenuto nella giornata di ieri dal senatore di Cervere Giorgio Maria Bergesio, il caso di Mario Roggero e della condanna che lunedì 4 dicembre ha chiuso il processo di primo grado aperto nei suoi confronti dalla Corte d’Assise del Tribunale di Asti. 

Come noto quest’ultima ha ritenuto infondate le argomentazioni avanzate dalla difesa del commerciante, che per scagionarlo dall’accusa di duplice omicidio volontario, tentato omicidio e porto abusivo di arma da sparo ha richiesto di riconoscere, nell’azione con cui l’uomo ha inseguito e ucciso due dei tre rapinatori che avevano appena dato l’assalto al suo negozio, minacciando lui e la sua famiglia, i presupposti di una legittima difesa "putativa". Roggero – è la tesi sostenuta nella sua arringa dal legale Dario Bolognesi, dopo che il pubblico ministero Davide Greco aveva invece parlato di "vendetta" – era convinto che la moglie fosse stata presa dai banditi e che quindi si trovasse in pericolo. Da qui l’azione che il commerciante ha portato inseguendo e sparando ai banditi. 

L’istituto della legittima difesa, conviene ricordarlo, è quello contemplato dall’articolo 52 del Codice Penale (“Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”), riformato nel 2006 con l’aggiunta di due commi destinati alle ipotesi "speciali" riguardanti la violazione del domicilio e delle sedi di attività commerciali. 

La giuria presieduta dal dottor Alberto Giannone e composta per sei ottavi da giudici popolari ha evidentemente ritenuto non sussistere gli elementi di un pericolo "attuale" e "concreto" richiesti per "scusare" giuridicamente quanto fatto dal commerciante. E anzi, altro punto oggetto di accese discussioni in questi giorni, ha riconosciuto in capo ai tredici parenti dei due rapinatori uccisi costituiti al processo come parte civile la sussistenza del cosiddetto "danno parentale", disponendo a loro favore provvisionali per un totale 480mila euro (oltre a 22mila euro di spese legali), che si aggiungono ai 300mila euro già versati loro dal commerciante prima del processo. 

Questo nell’attesa che sia la sede civile a valutare la congruità di richieste che le stesse famiglie hanno avanzato per complessivi 2,8 milioni di euro.  

LE PAROLE DI BERGESIO

“Quando penso a Mario Roggero, a tutto quello che ha dovuto subire nella sua vita di commerciante serio e scrupoloso, provo a mettermi nei suoi panni –, ha detto ieri a Palazzo Madama Giorgio Maria Bergesio, esponente di un partito, la Lega di Matteo Salvini, che negli anni ha molto insistito sulla necessità di una più radicale revisione dell’istituto della legittima difesa –. Un padre di famiglia, un lavoratore, che più volte ha visto il suo patrimonio volatilizzarsi in un attimo, strappato via da gente che a differenza sua ha scelto la strada del crimine”.

“Posso solo immaginare cosa voglia dire trovarsi davanti ad un’arma che minaccia me e, ancor peggio, mia moglie e le mie figlie”, ha proseguito il senatore cuneese, che ha anche letto un passo tratto dal post di Silvia, una delle quattro figlie del commerciante langarolo.

“Ricordi brutali, che mettono i brividi - ha affermato il senatore -. Di fronte ai quali, come rappresentante delle istituzioni, non posso che farmi delle domande: cosa avremmo potuto fare e cosa possiamo fare più e meglio di quanto non si sia già fatto per evitare che simili tragedie accadano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti della famiglia Roggero?”.

“Aderirò convintamente alla raccolta fondi promossa dalla famiglia Roggero per aiutare Mario e i suoi familiari a sostenere le enormi spese che devono affrontare e invito tutti a farlo - ha concluso Bergesio -. Sarò sempre al fianco dei tanti Mario che purtroppo spesso nel nostro Paese si trovano ad affrontare situazioni dolorose e umilianti. Ma oggi abbracciamo da quest'aula la famiglia Roggero, persone della mia terra, il Cuneese, che dà tanto senza chiedere mai niente”.

 

IL MESSAGGIO DI SILVIA ROGGERO

Quello riportato a Palazzo Madama dal senatore Bergesio è il messaggio pubblicato attraverso Facebook da Silvia, una delle quattro figlie di Mario Roggero e della moglie Mariangela. Un lungo scritto nel quale la donna, ricordando gli estremi della raccolta fondi attivata dalla famiglia per pagare spese legali e provvisionali, propone la sua personale testimonianza della rapina vissuta il 28 aprile 2021 e di quella subita dai familiari in precedenza, nel 2015, quando il padre venne aggredito e pesantemente malmenato dai rapinatori. Lo riportiamo integralmente a seguire. 

***

Se volete aiutare la mia famiglia dopo la terribile condanna del giudice verso mio papà, Mario Roggero, questo è il momento giusto!

Ecco il Conto Etico per la raccolta fondi

Intestazione: IOSTOCONMARIOROGGERO

Banca d’Alba filiale di Grinzane Cavour

IBAN:  IT87L0853046380000000014216

 

Vorrei condividere con tutti voi il modo in cui io ho vissuto personalmente le tristi vicende che hanno coinvolto le mie sorelle e i miei genitori. 

Il giorno della rapina (dell’aprile 2021, ndr) stavo lavorando quando ho ricevuto una telefonata da mio cognato, il marito di mia sorella minore.

Mi ha detto che c’era stata di nuovo una rapina in gioielleria e mi ha spiegato che questa volta i rapinatori erano 3 e la situazione era ancora più grave.

Immediatamente nella mia mente è affiorato il ricordo della rapina precedente.

In quella occasione mia sorella maggiore, Laura, aveva accolto in negozio i due malviventi camuffati da “clienti”.

Mio papà, all’età di 65 anni, era stato picchiato selvaggiamente ricevendo senza preavviso un pugno in faccia così forte da spaccargli il naso.

Quando ero arrivata in negozio avevo visto uno dei pesanti banconi di marmo caduto a terra e le schegge immerse nella pozza di sangue scuro e denso dove c’era stata la colluttazione. 

Mio papà era stato preso violentemente a calci che gli hanno procurato danni fisici che hanno impiegato mesi, anni a guarire. 

Ha dovuto subire persino un intervento alla spalla per ricucire un tendine.

In una frazione di secondo ho rivisto il volto di mia mamma, che poco prima era andata a prendersi un caffè al bar e al ritorno era stata avvisata dall’altra sorella, che era riuscita a fuggire, di non entrare.

Dall’esterno del negozio avevano sentito lo schianto del bancone caduto scambiandolo per uno sparo.

Non potevo neanche lontanamente immaginare il suo stato d’animo pieno di paura e senso di impotenza, sapendo che il marito e la figlia maggiore erano all’interno del negozio con i due aggressori. 

In una frazione di secondo è affiorato nella mia mente il racconto di Laura, che era stata minacciata con una pistola puntata alla testa, chiusa in bagno e immobilizzata con delle fascette ai polsi. 

Mi aveva raccontato che aveva chiesto loro, in lacrime, di non sparare perché aveva due figli a casa.

 

E di nuovo, a distanza di 2 anni, ecco un’altra aggressione alla mia famiglia. 

Questa volta c’erano stati 2 morti. 

Mio papà aveva ucciso due rapinatori su tre, mi aveva detto mio cognato al telefono.

In uno stato di shock ho preso la macchina e mi sono precipitata al Gallo, poco distante. 

Ho dovuto parcheggiare davanti alla gelateria Berlica, perché dalla Banca d’Alba avevano messo le transenne ed era pieno di gente.

Non volevo incrociare lo sguardo di nessuno, volevo solo raggiungere la mia famiglia.

Camminando a passo svelto ho visto un corpo a terra, coperto da un telo e subito dopo un altro.

Raggiunto l’ingresso nel retro del negozio ho visto mio papà sulla soglia, in un evidente stato di alienazione, che cercava di spiegarmi cosa era successo e mia mamma, con una espressione di paura (…) dopo aver ricevuto brutalmente un pugno in faccia! 

Ho visto mia sorella Laura, che ancora una volta aveva subito la stessa sorte, di nuovo ammanettata e minacciata con una pistola.

Di fronte a quella ennesima situazione disperata cercavo di mantenere la calma facendo respiri profondi.

Ho sentito il desiderio di espormi quella sera, scrivendo un messaggio sul mio profilo Facebook che poi ha fatto il giro d’Italia attraverso tutti i telegiornali.

Ho scritto che pregavo per quelle due anime e che credevo nella giustizia.

Adesso, a distanza di due anni e mezzo da questa triste vicenda, mi sento inerme di fronte alla spietata sentenza del giudice: 17 anni di carcere che equivalgono a un ergastolo, considerata l’età di mio papà!!

Per non parlare della sanzione che deve essere pagata entro 15 giorni, oltre a tutti i soldi già esborsati… 

Quindi, amici miei, se volete darci un sostegno concreto, vi ringrazio in anticipo dal profondo del cuore.

Per favore NON SCRIVETE COMMENTI. 

Sono già state fatte troppe parole.

GRAZIE GRAZIE GRAZIE". 

Il senatore cuneese Giorgio Maria Bergesio