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Farinél | 19 novembre 2023, 14:25

Farinèl - L’amore vero non uccide, non umilia e non ferisce. L’amore crea

Difficile educare all’amore, più facile insegnare la storia, la geografia o la matematica. Nessuno ha una ricetta, una pozione magica che insegni la corretta gestione della rabbia, come reagire a un abbandono o come rispondere a una crisi, la risposta bisogna trovarla dentro sé stessi

Farinèl - L’amore vero non uccide, non umilia e non ferisce. L’amore crea

Rientro in Italia nel giorno in cui, purtroppo, non si parla d’altro che dell’omicidio di Giulia Cecchettin, da parte del ragazzo che diceva di amarla, ma che voleva solamente possederla e tenerla per sé per sempre. Difficile non cadere nel già detto e ripetuto o nelle solite frasi fatte, ma ci proverò raccontando quello che mi è successo nei giorni scorsi.

Ho capito sulle mie spalle in questi mesi che non si può tenere qualcuno legato, per affetto, per abitudine o semplicemente per egoismo, a sé stessi e che la migliore risposta possibile sia lasciare liberi. Molte volte, come sta avvenendo nel mio caso, è possibile accorgersi di aver trovato molto più di ciò che si è perso.

Ho capito anche come la violenza psicologica a volte possa distruggere quanto quella fisica e quanto ci si possa trovare nudi di fronte a un dolore, ma quanto anche sia importante e utile affrontare il dolore e la sofferenza, senza scappare.

Noi e, di conseguenza, i nostri figli scappiamo dal dolore, lo evitiamo a ogni costo e con ogni mezzo, con il risultato di trovarci sprovveduti e inermi quando il dolore ci assale troppo pesantemente da poter scappare.

Questo perché è difficile educare all’amore o ai sentimenti, più facile spiegare la storia, la geografia o la matematica. Nessuno ha, invece, una ricetta, una pozione magica che educhi all’amore e ai sentimenti in genere, che spieghi come affrontare un abbandono o un lutto.

La scuola demanda ai genitori, i genitori nella migliore delle ipotesi hanno un esempio da offrire, altre volte si affidano a professionisti, a psicologi e psicoterapeuti, ma molto spesso demandano a un cellulare, dove è possibile trovare solamente le risposte sbagliate.

La corretta gestione della rabbia, la reazione a un abbandono, la risposta a una crisi non si trovano tra i libri di scuola e nemmeno su Google. Così genitori si trovano da soli a dover affrontare questi temi quando ormai è già troppo tardi.

Sicuramente il nostro essere costantemente soli, perennemente connessi con tutti, ma in fondo con nessuno, porta a sentirsi perduti di fronte alle avversità della vita e capisco come gli stessi genitori possano sentirsi impotenti. Dove non arrivano i genitori o la scuola spesso si infilano amicizie sbagliate, esempi poco edificanti, quando non veri e propri approfittatori.

Come educare allora all’amore? Su questo tema penso di essermi documentato più negli ultimi mesi che nei 41 anni precedenti. La risposta che mi sono dato in realtà mi è arrivata da una ragazza che ho conosciuto questa settimana in Kenya e di cui ho scritto su Facebook.

Lei è la ginecologa veronese Elisa Lupi che con il marito, il langhetto doc (di Lequio Berria) Federico Sibona, ortopedico infantile, vive e lavora in Kenya, presso l'ospedale di Kijabe, con una meravigliosa famiglia allargata. Il mercoledì Elisa, nel suo unico giorno libero, si sveglia alle 4 e parte con il Matato, il pulmino sgangherato su cui si viaggia stipati come sardine e raggiunge Nairobi, la capitale delle contraddizioni.

Elisa attraversa ogni volta Githurai 45, uno dei quartieri più poveri e malfamati di Nairobi per arrivare ad Amini Home, il sogno suo e di un gruppo di volontari italiani di cambiare concretamente il mondo partendo dall'inferno, dalle prostitute della città.
Ho vissuto l’esperienza di andare con lei e le volontarie che la accompagnano in quel girone dantesco che sono i club dove si prostituiscono le ragazze più povere della capitale keniana. Ragazze che guadagnano 1 euro per un rapporto completo, di cui il 30% va lasciato per l'affitto del tugurio dove si consuma il rapporto. Una stanza inquietante che sono riuscito a fotografare.

I clienti sono spesso malati, quando va bene "solo" ubriachi. Metà delle donne sono incinte, molte sono ubriache o incinte, vivono in mezzo ai rifiuti, alla sporcizia, al piscio e alle feci, senza speranze.

Io, uomo, bianco, mi occupavo di servire il the, dopo di me una signora donava un biscotto e poi Elisa e le sue collaboratrici arrivavano spiegando che sognare un futuro diverso è possibile recandosi ad Amini Home.

Per me è stata un’esperienza che lascerà un prima e un dopo nella mia vita.
La risposta, quindi, l’avevo già intuita vivendola sulla mia pelle, ma ho voluto chiedere lo stesso a Elisa: “Perché lo fai? Perché ti svegli alle 4 nel tuo giorno libero e vai a parlare con gli ultimi tra gli ultimi di questo mondo tornando alla sera tardi. Pensi di poter salvare il Mondo?”

Lei mi ha risposto: “No, io provo solo a salvare me stessa, lo faccio prima di tutto per me, perché quando si dona amore lo si fa prima di tutto per sé stessi”.

In questa risposta penso ci sia un insegnamento che tutti possiamo fare nostro e che ci riporta allo spirito più puro dell’amore, quello del donarsi, lontano dall’amore malato che sentiamo raccontare in tv, che porta un “Bravo ragazzo” a uccidere barbaramente la fidanzata e poi a scappare in giro per l’Europa perché nemmeno ha il coraggio di prendersi le proprie responsabilità.

Mancano gli esempi, si dice spesso ed è vero, quello di Elisa è un grande esempio di ciò che disse padre Massimiliano Kolbe in punto di morte «L'odio non serve a niente, solo l'amore crea». Penso sia un buon punto di partenza per educare all’amore noi stessi e chi ci sta intorno.

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Marcello Pasquero

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