Province: l’annunciata riforma era solo un grande bluff?
Vedendo la legge Finanziaria viene il sospetto confortato dalle notizie che in queste ore vengono diffuse dalle agenzie.
“Questo Governo e tutte le forze politiche che lo rappresentano in Parlamento hanno sottolineato, sin dall’inizio della legislatura, l’urgenza di restituire alle Province funzioni, personale e risorse, per assicurare ai cittadini, soprattutto quelli che vivono nelle aree deboli del Paese, servizi efficienti, strade, ponti e collegamenti moderni, scuole superiori sicure e in grado di sostenere la crescita intellettuale e sociale degli studenti italiani. Un indirizzo politico che è del tutto incoerente con la scelta operata in questa manovra di tagliare 50 milioni di euro a Province e Città metropolitane dal 2024 al 2028. Fare cassa sui territori non potrà che aggiungere nuove tensioni a quelle che già si fanno sentire nel Paese e avrà pesanti ripercussioni sui servizi ai cittadini”.
Questo il giudizio espresso dal presidente dell’Upi (Unione Province Italiane) Michele De Pascale, il quale evidenzia come “questi ennesimi tagli si aggiungono a quelli già previsti nelle manovre precedenti, 150 milioni per il triennio 2023–2025, e incidono sui bilanci già fortemente compromessi, come attestato dalla Commissione Tecnica del ministero dell’Economia e del Ministero dell’Interno, che ha individuato in 842 milioni lo squilibrio attestato tra capacità fiscale contributo alla finanza pubblica delle Province e il fabbisogno di spesa per l’esercizio delle funzioni fondamentali. Tra l’altro questi tagli impediscono ai nostri enti – osserva De Pascale - di assumere personale specializzato proprio mentre siamo impegnati nell’attuazione del Pnrr”.
“Il governo penalizzando Comuni, Province e metropolitane – aggiunge il presidente Upi - non fa altro che agire a danno dei servizi e dei diritti dei cittadini che sono garantiti dagli enti locali”.
Un quadro tutt’altro che rassicurante se si considera che l’elezione diretta del presidente e dei Consigli provinciali sembrava cosa già fatta nella prossima tornata elettorale del 2024.
Il ministro degli Affari regionali e delle Autonomie Roberto Calderoli si era detto certo – nel recente convegno promosso da Confindustria Cuneo - che la road map era tracciata e che non si sarebbe tornati indietro.
Evidentemente anche lui, così come i suoi colleghi ministri, hanno dovuto prendere atto che la coperta offerta dal collega di partito Giancarlo Giorgetti, ministro del Mef, è ancora più corta di quanto si potesse immaginare.
È pensabile con un taglio di queste dimensioni che si possa procedere al superamento della vituperata legge Delrio?
Senza risorse finanziarie quali risorse e quali funzioni si può pensare di attribuire alle Province?
Resta il fatto che – tra una decina di giorni – scadono i Consigli provinciali e nessun presidente ad oggi ancora sa come comportarsi.
Ritornare al voto con le regole della Delrio appare illogico dopo tutti i proclami che sono stati fatti nella direzione d i un suo superamento.
Per contro, una proroga appare altrettanto irrazionale considerando che – in siffatta situazione – nessuno può ipotizzare una tempistica.
Entro l’8 novembre – per restare in casa nostra – il presidente dell’Amministrazione provinciale di Cuneo Luca Robaldo e con lui oltre 70 suoi colleghi dovranno assumere decisioni.
Ad oggi nessuno però sa che pesci pigliare perché l’unica certezza al momento è che non solo non ci sono risorse aggiuntive per le Province, ma addirittura è previsto nella legge di Bilancio dello Stato un ulteriore taglio sulle poche che queste già avevano a loro disposizione.