Attualità - 23 agosto 2023, 07:15

I 42 anni del teatro in piemontese di Oscar Barile: "L'esordio a Sinio per caso, da allora 2053 spettacoli"

La Compagnia Il nostro teatro di Sinio è, ormai, un riferimento per numerosissimi appassionati. "Sul palco entrano in scena i miei ricordi: scrivo le storie dal 1996, ma pensavo di non esserne capace"

Uno degli ultimi spettacoli "Premiata merceria Pautasso"

Il teatro, a volte, può racchiudere molto. Passione, ricordi, tradizioni e una chiave di lettura della società. Per Oscar Barile, il teatro in piemontese è iniziato 42 anni fa, per caso, con un gruppo di amici. Ora la Compagnia Il nostro teatro di Sinio è un riferimento per il territorio e ha al suo attivo 2053 spettacoli.

Si ricorda come è iniziato tutto?
"La nostra passione per il teatro risale al 1979, allora per vedere uno spettacolo bisognava andare a Torino. Fu, poi uno spettacolo visto all'Istituto Ferrero ad Alba ad accenderci la lampadina e a farci dire che potevamo farlo anche noi".

Per quanto riguarda il vostro esordio?
"Era il 15 agosto 1981, eravamo quattro ragazzi, Oscar, Marilena, Mirella e Ferruccio, sprovveduti ed emozionatissimi. Mettemmo in scena a Sinio, in piazza, "'Na lëssion 'd piemontèis" di Eraldo Baretti. Avevamo fatto le prove nel cortile di una cascina e avevamo come pubblico una coppia di genitori che non avevamo fatto dormire".

La compagnia negli anni si è allargata.
"Sono transitate negli anni 120-130 persone, ora abbiamo un numerosissimo gruppo di WhatsApp dove ci aggiorniamo e che è molto partecipato. Oggi la compagnia è formata da 15-20 persone, che recitano, ovviamente, in base alle proprie esigenze e possibilità. Negli anni c'è stato un grande cambiamento".

In che senso?
"Il teatro mi ha dato la possibilità di avere uno sguardo sui cambiamenti della società. Un tempo il lavoro era fisso ed era più facile organizzarsi, oggi è tutto più frammentato, veloce e ciò si ripercuote sulle disponibilità e sull'energia. Non dimentichiamo che siamo una compagnia amatoriale".

Il vostro repertorio spazia, ma ci sono delle certezze.
"Il piemontese è una di queste, è un modo per proteggere le tradizioni e i ricordi. Con Paolo Tibaldi stiamo portando in giro lo spettacolo Carvé, che attraverso il rapporto tra nonno e nipote, racconta anche come è cambiato il dialetto negli anni".

Quanto c'è di lei?
"A volte sono storie totalmente inventate, altre attingo dai miei ricordi, di famiglia, di infanzia, delle persone che ho incontrato, ma anche da storie che mi sono state raccontate quando lavoravo al comune di Sinio e mi sono rimaste impresso. C'è tanta appartenenza al territorio, ci sono anche numerosi snodi temporali: gli spostamenti delle persone verso la città e anche l'arrivo dell'acqua che per noi è stata una rivoluzione".

Il suo legame con la scrittura?
"Molto particolare, ho iniziato a scrivere nel 1996, temevo di non essere capace e che il pubblico non mi avrebbe capito. Le confesso che è un'attività individuale che mi piace molto, che mi appaga e che mi obbliga anche a immaginarmi il pubblico".

Si spieghi meglio.
"Quando scrivo, penso al pubblico, alle pause, ai personaggi. Si tratta del mio modo di fare le cose in maniera seria e rispettosa, anche divertire è una cosa seria. E lo dico anche agli attori: "Guardate avanti e parlate forte in modo che tutti vi possano sentire".

Il suo rapporto con il pubblico?
"Meraviglioso, è molto più intelligente di quello che pensiamo. Lo devo ringraziare per gli applausi, il calore e soprattutto le sue critiche che ci hanno permesso di proseguire la strada sempre con più impegno e consapevolezza".

Lo spettacolo a cui è più legato?
"In genere l'ultimo, bisogna avere affetto per il figlio più giovane. Quindi Premiata merceria Spatusso, una commedia molto divertente".

Daniele Vaira