I dirigenti del Pd, anche ai più alti livelli, sono sfuggenti quando si chiede loro quale percorso intendano avviare per l’appuntamento elettorale delle regionali 2024 in Piemonte.
Tacciono o prendono tempo. Dicono che non c’è tutta questa fretta, ma la sensazione che si respira nel centrosinistra è di un’atmosfera di rassegnazione, quasi che la partita del prossimo anno venga data per persa già a tavolino. Qualcuno tra i Dem confida ancora che tra qualche mese il clima politico possa cambiare e non sia più così favorevole come lo è oggi al centrodestra, ma è una speranza – allo stato dell’arte – confinata nel grembo di Giove.
La ventilata alleanza con i 5 Stelle non piace alle piccole formazioni di centro, sia civiche che di partito, che infatti hanno già fatto fagotto dal centrosinistra o stanno per farlo. Il segretario regionale del Pd, Mimmo Rossi, dopo le conferenze programmatiche svoltesi in varie località piemontesi (per il Cuneese si è svolta a Saluzzo sabato 24 giugno) e all’indomani dell’iniziativa di Napoli per dire no all’autonomia differenziata del ministro leghista Calderoli, ha convocato per lunedì un tavolo per iniziare a dipanare la matassa.
La sensazione diffusa è che il Partito Democratico sia in ambasce, proteso più alla salvaguardia degli equilibri interni post congressuali, che a tessere alleanze che possano in qualche modo impensierire la maggioranza di centrodestra. Per contro, mentre il Pd indugia il presidente Cirio fa razzia di “cespugli”, anche di quelli che in passato erano collocati nel centrosinistra e a questi aggiunge le formazioni “terzopoliste” che si supponeva potessero correre in autonomia.
I Moderati di Mimmo Portas così come Azione di Enrico Costa stanno limando gli ultimi dettagli per accasarsi nella lista civica di Cirio, mentre anche Italia Viva di Matteo Renzi, offesa per non essere stata invitata al tavolo di lunedì, lascia intendere che cercherà altre sponde per non ritrovarsi col cerino in mano. Quali sia il possibile approdo è facile da intuirsi.
“Sinite parvulos venire a me” (Lasciate che i piccoli vengano a me), sembra dire il presidente con l’astuzia langhetta che lo caratterizza mettendo in questo modo a segno tre micidiali colpi. Primo: acquisire la galassia centrista in tutte le sue variegate articolazioni indebolendo e sfiancando in questo modo il Pd. Secondo: rafforzare la sua personale posizione nel momento in cui il partito che lo aveva espresso nel 2019, Forza Italia, priva del suo leader maximo, sta ridefinendo la propria identità. Terzo: fare in modo che la sua lista, con l’apporto dei “cespugli”, raggiunga una percentuale a due cifre così da essere il meno possibile ostaggio di Fratelli d’Italia quando dovrà varare la prossima giunta regionale.
Il Pd e quel che resta del centrosinistra sembrano guardare impotenti: le contromisure – fino ad oggi - si limitano all’invettiva o poco più. Sarà pur vero che la partita è dura, ai limiti dell’impossibile, ma “la rassegnazione – come considerava Honorè de Balzac – è un suicidio quotidiano”.
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