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Farinél | 16 luglio 2023, 12:57

Farinèl/ In Omero non deve morire il racconto di una Langa della Malora che è monito per il futuro

Mercoledì 19 luglio nel contesto di “Casa Alba” in piazza Medford sarà proiettato “Omero non deve morire”, il documentario di Fondazione Radici, Città di Alba e Centro Studi “Beppe Fenoglio” che mette in scena la Langa della Malora attraverso i racconti degli ultimi testimoni oculari

Foto Archivio Radici/Murialdo

Foto Archivio Radici/Murialdo

Dopo il tutto esaurito di febbraio quando, nel contesto del centenario fenogliano, venne presentato nel Teatro Sociale “G.Busca” di Alba, sarà proiettato mercoledì 19 luglio il documentario “Omero non deve morire” realizzato dalla Fondazione Radici, con il Centro studi “Beppe Fenoglio” e con Alba città creativa Unesco.

Quando scrivi di qualcosa per cui hai lavorato mesi, di qualcosa che hai visto crescere e prendere forma, giorno dopo giorno, è difficile non lasciarsi prendere dalle emozioni. Ci proverò lo stesso perché ritengo “Omero non deve morire”, dal geniale titolo coniato dal professor Piercarlo Grimaldi, un’opera davvero importante che potrà segnare una via da seguire per far sì che la Langa della Malora non debba un giorno ritornare.

Parto proprio dal professor Grimaldi, lavorare a stretto contatto con lui è stata una fortuna che spero di poter ripetere e che, in ogni caso, mi servirà nel mio futuro da antropologo. Antropologo, una “parolaccia” con un significato meraviglioso perché identifica lo studioso dell’uomo e dei suoi comportamenti. Grimaldi a questa professione ha dedicato tutta la vita e con i suoi “Granai della memoria” ha ridato slancio all’importanza della raccolta della memoria del nostro territorio, un’opera che oggi prosegue con Fondazione Radici.

Nelle lunghe ore di intervista, ma anche nella preparazione e nello studio dei personaggi ho capito cosa significhi mettersi al servizio dell’intervistato, cosa significhi entrare in empatia con l’intervistato, cosa significhi annullarsi per far emergere l’anima dell’intervistato. Posso dire di essere andato a scuola da un vero maestro che a sua volta aveva studiato dal Maestro di tutti gli antropologi piemontesi Nuto Revelli.

«Fenoglio con i suoi racconti del parentado è stato l’Omero di questa terra, il cantore di una condizione contadina che senza “La Malora” e senza il lavoro di Nuto Revelli oggi si sarebbe persa. Affinché Omero non muoia dobbiamo fermare nel tempo le ultime testimonianze di una Langa che non esiste più. Non può esserci un futuro per chi perde le proprie radici», ha spiegato in occasione dell’anteprima il professor Grimaldi Grimaldi aggiungendo: «Durante il lavoro di ricerca ho capito che sta morendo il senso della tradizione. Si sta perdendo il significato della mitologia legata ai luoghi, quella che veniva tramandata di generazione in generazione. Perché Omero? Perché è il grande cantastorie della tradizione greca, e come la nostra cultura contadina, si è sviluppato in un contesto orale e non scritto. Per questo auspico che non muoia, anche perché dobbiamo far sì che questo nostro grande patrimonio resti vivo, recuperando il significato del passato».

Le riprese sono durate circa sei mesi con una troupe formata dal fotografo Bruno Murialdo, l’antropologo della fotografia con i suoi 55 anni di carriera spesa nel fotografare migliaia di personaggi di Langa e dagli operatori professionisti Daniele Ferrero e Francesca Nota.

Il risultato, lo vedrete, per chi sarà presente mercoledì 19 luglio, sono 45 minuti di interviste con Grimaldi a fare da collante tra i vari temi e i vari personaggi per un documentario che reputo, nonostante io sia spesso ipercritico verso le opere a cui collaboro, particolarmente riuscito, dal ritmo veloce e con contenuti importanti.

Sullo schermo scorrono i racconti di personaggi di Langa che hanno tra 85 e 101 anni, che hanno vissuto e ricordano il periodo di totale miseria a cavallo tra le due guerre, quando mancava tutto, ma si cantava ogni sera e si viveva una esistenza semplice in comunità coese, pronte a sostenersi di fronte a qualsiasi tipo di difficoltà. Una langa in cui si aveva nulla oltre a una ricca umanità.

Tra le varie storie a strappare lo sguardo e la mente è quella di Luigi Barroero, uno degli ultimi cantastorie di Langa, che racconta dello zio morto di crepacuore perché costretto a non sposare la donna che amava o del pane fatto con le ghiande “Buono solo per i maiali”. O quella di Giuseppe che ha vissuto una vita grama in una famiglia con troppi figli e a tre anni ha iniziato a portare i secchi d’acqua dal torrente al centro di San Benedetto Belbo. Ad appena sette è stato obbligato dal padre a uccidere il suo primo maiale e poi punito pesantemente per non esserci riuscito.

In “Omero non deve morire” a rapire lo spettatore sono, però, le donne di Langa cantate da Fenoglio che raccontano l’importanza della donna nel fronteggiare crisi, avversità, guerre, malattie. Un punto di vista particolarmente interessante è anche quello della maestra Carolina Gennaro, insegnante dal 1942 al 1982 di intere generazioni di langhetti e oggi grande memoria storica del nostro territorio.

Ci sono tutti, insomma, gli ingredienti per scoprire una Langa che rischiava di andare perduta per sempre, per riflettere, ma anche per sorridere con i personaggi intervistati dalla Fondazione Radici.

E Omero non morirà anche perché l’importanza dell’opera, appena iniziata, è stata compresa in tutta la sua portata dalla Fondazione Crc che, nella sessione erogativa generale, ha approvata il progetto presentato da Radici con un importante contributo che consentirà di continuare a raccogliere le testimonianze degli ultimi testimoni oculari della Langa della Malora.

Marcello Pasquero

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