Attualità - 14 luglio 2023, 12:51

A sette anni dalla strage di Nizza, una ferita ancora aperta anche per la provincia di Cuneo

La folle corsa dell'autocarro sulla Promenade des Anglais causò la morte di 86 persone, tra cui la piaschese Carla Gaveglio. Un ricordo di chi quella sera del 14 luglio 2016 era presente

Sono passati sette anni dalla strage che ha sconvolto l’intera Francia e la Costa Azzurra. Il bollettino parlò di 86 vittime e oltre quattrocento feriti. Tutto questo a non troppi chilometri dalla città di Cuneo, gemellata con Nizza, teatro in quella sera del 2016 di un bagno di sangue.

Una tragedia che coinvolse, inevitabilmente, anche la nostra provincia.

Era il 14 luglio, la giornata che celebra la presa della Bastiglia e segna la fine della monarchia assoluta in Francia. Un giorno storicamente di festa e di libertà, per i francesi, che quel giorno si trasformò in un dramma nazionale. E non solo.

Alle 22,30 un autocarro, un Renault Midlum, di colore bianco, si scagliò a folle velocità sulla folla ammassata lungo la Promenade Des Anglais per assistere al tradizionale spettacolo pirotecnico. 

Una strage poi rivendicata dall’Isis. Le indagini nei giorni successivi individuarono il 31enne Mohamed Lahouaiej-Bouhlel come artefice di quella folle corsa.

Tra le vittime ci fu anche una donna di Piasco: Carla Gaveglio. La sua morte fu confermata solo a distanza di giorni, dopo una lunga ricerca da parte dei famigliari, negli ospedali della città. 

Carla Gaveglio si trovava sulla Promenade insieme alla figlia, Matilde, allora 14enne che rimase seriamente ferita ad una gamba.

Morì, come le altre vittime, in una serata di mezza estate, nella spensieratezza del lungomare della Costa Azzurra, all'età di 48 anni.

Persona molto impegnata sul fronte del volontariato e del sociale nelle varie realtà del territorio. Era volontaria della Croce rossa di Melle, dove il 30 luglio del 2017 i suoi colleghi le hanno intitolato lo spazio convegni della sede.

In quella serata erano presenti anche una coppia di San Michele Mondovì. Andrea Avagnina, tabaccaio e consigliere del comune, all'epoca dei fatti 53enne, e la moglie Marinella Ravotti, 55enne e infermiera al Sert di Mondovì. 

Dopo un lungo ricovero poterono tornare in Italia, alla vita di sempre, nonostante quella ferita indelebile.

Ma furono molte le testimonianze di cuneesi presenti sulla Promenade il 14 luglio del 2016.

Riportiamo per intero dai colleghi di MontecarloNews, la testimonianza di Renato Sala, testimone della strage.


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Ricordare è difficile, lo è ancora di più se i ricordi sono dolorosi, ma lo è soprattutto quando si tratta di esprimerli parole. A sette anni di distanza le immagini non sono nitide, ma forse non lo erano, o meglio non lo diventarono nemmeno la sera di quel 14 luglio.

Dopo il bel concerto in Massena dedicato a Ravel, scendemmo sulla Promenade per vedere i fuochi e dirigerci poi verso casa. Era una splendida serata, cielo sereno e piacevole brezza. Le luci sulla Prom si accesero appena spentesi quelle dei fuochi d’artificio: e poi tutto divenne...sfuocato, già allora, non solo nei ricordi. Ci eravamo fermati ad ascoltare un’orchestrina jazz più o meno all’altezza del Royal, quando non ci furono che urla e movimenti caotici di persone. “Che ci fa un camion bianco sulla Prom?” dissi a mia moglie “Renato, sparano!” 

Mi prese per mano e, fortuna volle, che fossimo vicini ad una scaletta che scende in spiaggia, ci appiattimmo contro il muro. Qualcuno ci saltava via da sopra, uno finì sul braccio di Ornella e non so come abbia fatto a non spezzarlo. Gli spari cessarono, le urla e il caos sopra di noi aumentarono, sulla spiaggia si correva di qua e di là. Una sola immagine nitida: un passeggino rovesciato, vuoto. Non capivamo cosa stesse succedendo: “Male che vada ci buttiamo in acqua” fu l’ingenuo pensiero e ci dirigemmo verso casa. Non ho ricordi né di immagini né di suoni, solo un cupo rumore di fondo. Risalimmo sulla Prom all’altezza del Voilier e le luci dei lampioni ci mostrarono una donna col volto insanguinato, che urlava ed abbracciava qualcuno, forse un bambino a terra.

E i corpi sparsi come birilli caduti, qualcuno già coperto: non erano allineati, ma disposti a zig zag. Risalimmo in casa e poi fu il freddo: mai avuto così freddo! Ornella scaldava l’acqua per la boule invernale, ma era quasi inutile. Telefonammo a nostro figlio: ”Se senti qualcosa su Nizza, noi siamo in casa”. Poi dalla tv venimmo a sapere cosa era successo. Non mi ricordo come ci addormentammo. Il mattino seguente scesi sulla Prom e qui l’immagine è invece nitida e a colori: in un silenzio assoluto (solo i versi dei gabbiani), tra gli azzurri limpidi di mare e cielo, omini bianchi si muovevano, quasi al rallentatore tra una fila di tende bianche, là dove c’erano stati i corpi delle vittime.

Se fossimo partiti subito, forse non saremmo più tornati a Nizza, ma decidemmo di rimanere (amiamo, nonostante tutto questa città), di camminare (non fu facile!) di nuovo sulla Prom, ma di non fare nessuna foto: solo mi toglievo il cappello davanti ai fiori sparsi sull’asfalto macchiato. Ed abbiamo continuato a venire a Nizza anche i mesi seguenti, ma non ce la sentiamo oggi di partecipare alla varie commemorazioni ufficiali né di esporre bandiere.

Solo un silenzio interiore ed un simbolico togliermi il berretto di fronte alle vittime.