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Schegge di Luce | 21 maggio 2023, 06:50

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di Pierluigi Dovis

Commento del Vangelo di domenica 21 maggio, Ascensione del Signore

Foto: “L’Ascensione di Cristo”, dipinto a olio su tavola (280x216 cm) di Pietro Perugino, databile al 1496-1500 circa, Musée des Beaux-Arts di Lione

Foto: “L’Ascensione di Cristo”, dipinto a olio su tavola (280x216 cm) di Pietro Perugino, databile al 1496-1500 circa, Musée des Beaux-Arts di Lione

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20)

Oggi, domenica 21 maggio, la Chiesa celebra l’Ascensione del Signore (anno A, colore liturgico bianco). A commentare il Vangelo della Santa Messa è Pierluigi Dovis, Direttore della Caritas Diocesana di Torino. 

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Parole e pensieri per accendere le ragioni della speranza che è in noi. 

Eccolo, il commento. 

C’è qualcosa di discordante nel modo con cui si conclude la narrazione del Vangelo secondo Matteo. La sceneggiatura, il set, la fotografia, il copione dicono tutti all’unisono che siamo davanti ad un addio e ad una partenza. 

Le parole del protagonista che all’inizio sembrano avallare l’ipotesi, si concludono in modo del tutto inaspettato: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Inaspettate, ma non parole contraddittorie. Gesù non ha terminato l’incarico, ne è stato trasferito ad altro servizio. Sta semplicemente inserendo in maniera continuativa l’infinito nel finito, rendendo quest’ultimo un «già» di futuro, anche se appare «non ancora» agli occhi appesantiti della nostra materialità. 

Lui c’è perché non può non esserci, perché è legato a noi in modo indissolubile sancito dall’incarnazione e dalla redenzione. Non lo si vedrà nella sua fisicità e neppure nei segni, ma nell’annuncio, nell’obbedienza di tutti i popoli a ciò che lui stesso ha insegnato, nella vita nuova generata con il battesimo. 

La missione che Gesù consegna agli undici allora e a noi oggi manifesta una signoria speciale: quella di un Dio che abita i cieli, ma continua a camminare nella storia utilizzando le gambe di chi si farà discepolo. Le mie, le tue, quelle di ogni fratello che, quando da Lui invitato, accetta di salire sul monte della Galilea.

Silvia Gullino

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