Una vicenda che ha tutti gli ingredienti di una spy story. Per come sarebbe stata costruita e per le conseguenze che ne sarebbero derivate, con danni che la parte offesa lamenta in svariati milioni di euro.
Protagoniste contrapposte, due aziende di imbottigliamento e commercializzazione di acqua minerale della provincia di Cuneo. Da una parte Acqua Sant’Anna, colosso della Valle Stura, tra i più grandi stabilimenti di imbottigliamento d'Europa; dall'altra la più piccola Acqua Eva, proprietà della società Fonti Alta Valle Po, nata nel 2010 grazie all’iniziativa di un gruppo di imprenditori locali.
Fonti Alta Valle Po, con sede a Paesana, ai piedi del Monviso, ha denunciato i vertici di Sant'Anna. Questa mattina, sul sito della prima è comparsa una nota che così riassume la vicenda: "Con riferimento alle recenti notizie di stampa – vi si legge –, si conferma che avanti al Tribunale di Cuneo pende procedimento penale nei confronti del legale rappresentante e del direttore commerciale di Acqua Sant’Anna S.p.a., nonché di un ex dipendente della società Mia Beverage S.r.l., per i reati di turbata libertà dell’industria e del commercio e di diffamazione aggravata in danno di Fonti Alta Valle Po S.p.a".
"In particolare – prosegue il comunicato –, si contesta agli imputati di avere impiegato mezzi fraudolenti – l’attivazione, con lo specifico ed esclusivo scopo di screditare Acqua Eva, del sito web mercatoalimentare.net con dominio intestato a soggetto defunto e pagato con carta di credito estera – per diffondere sul mercato false informazioni in merito alla partecipazione azionaria di Fonti Alta Valle Po S.p.a., idonee a comprometterne i rapporti con la grande distribuzione organizzata".
"A fronte di tali sconcertanti fatti, la Società e i Soci si sono costituiti parte civile nel processo in corso al Tribunale di Cuneo con l’assistenza degli avvocati Nicola Menardo e Federico Canazza e hanno ottenuto la citazione delle società Acqua Sant’Anna S.p.a. e Mia Beverage S.r.l. quali responsabili civili per i gravissimi danni derivanti dalle condotte contestate agli imputati".
La vicenda prende il via il 18 aprile 2018, quando sul sito web www.mercatoalimentare.net viene pubblicato un articolo dal titolo “Inchiesta: Acqua Eva è un brand di proprietà Lidl?”.
L'articolo è firmato “La Redazione” e propone una ricostruzione che paventa l’esistenza di rapporti di controllo o di collegamento tra la società detentrice del marchio Acqua Eva e il Gruppo Lidl, colosso tedesco della grande distribuzione. “Acqua Eva - si legge nel sottotitolo - è parzialmente controllata da Lidl? E’ la domanda che si stanno ponendo i buyer della Gdo da alcune settimane, e in questo articolo cercheremo di fare chiarezza”.
Il 13 giugno, quindi meno di due mesi dopo l’uscita dell’articolo, il Gruppo COOP Italia, che pesa sul fatturato della società di Paesana per quasi 4,5 milioni di euro l'anno (circa un quinto del totale), chiede ad Acqua Eva un chiarimento urgente.
Il perché è piuttosto evidente: come può un'azienda della grande distribuzione commercializzare un prodotto - nello specifico l'acqua Eva - di proprietà di un proprio concorrente? Altri buyer di altre catene – lamenta l’azienda di Paesana – decidono di sospendere l'acquisto di prodotti Eva.
Le conseguenze, tutte da dimostrare in fase processuale, sarebbero state molto gravi per Fonti Alta Valle Po. Contratti interrotti, altri non andati a buon fine, bottiglie non più presente sugli scaffali dei supermercati. Si ipotizza un danno da milioni di euro, che andranno comunque quantificati in via giudiziale.
Oltre, infatti, all'interruzione dei rapporti commerciali con alcuni esponenti della grande distribuzione, sarebbero naufragate le trattative con la Red Circle Investments Srl – società riconducibile al noto imprenditore italiano Renzo Rosso –, che avrebbe portato a una possibile apertura del prodotto Acqua Eva al mercato internazionale.
Ma cosa c'entra Acqua Sant'Anna?
Dopo quell'articolo, Fonti Alta Valle Po vuole andare a fondo della vicenda: in data 15 giugno 2018, tramite un legale di fiducia, intima alla Redazione di mercatoalimentare.net l’immediata rimozione dello scritto, prospettando la rilevanza penale dei contenuti della relativa pagina. A partire dal 17/6/2018, l’intero sito viene oscurato.
Gli accertamenti investigativi svolti dalla Procura di Cuneo fanno emergere che la titolarità del dominio attraverso il quale è stato costruito il sito internet era riconducibile a una donna residente in provincia di Asti, deceduta nel 2011; la donna aveva due nipoti, uno dei quali, Davide Moscato, nella primavera 2018, risulta aver percepito redditi da lavoro dipendente dalla società Mia Beverage Srl, appartenente al Gruppo di Fonti di Vinadio, oggi Sant’Anna Spa; attraverso rogatoria internazionale, emerge che la carta di credito utilizzata per il pagamento degli oneri di gestione del dominio, appoggiata su banca lussemburghese, era intestata proprio a Davide Moscato, giovane laureato in economia esperto in marketing aziendale.
Il giovane, nel frattempo, ha reso dichiarazioni confessorie, che hanno portato all'iscrizione nel registro degli indagati di Alberto Bertone e Luca Cheri. Secondo l'impianto accusatorio della Procura, ci sarebbero loro dietro allo scritto diffamatorio.
Inoltre, quando ancora non erano concluse le indagini della Procura di Cuneo, lo stesso Alberto Bertone, avrebbe presentato ai soci di Fonti Alta Valle Po una serie di offerte per rilevare le loro quote e acquisire così la società concorrente, offerte tutte respinte al mittente.
Alla luce di tali fatti, la Procura di Cuneo ha contestato a Bertone, Cheri e Moscato i reati di turbata libertà dell’industria e del commercio (art. 517 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.) in danno di Fonti Alta Valle Po.
Si attende l'avvio del procedimento, con la prima udienza fissata presso il Tribunale di Cuneo il prossimo 22 settembre davanti al giudice Roberto Cavallo. Il pubblico ministero incaricato è la dottoressa Carla Longo.
Federico Rosso, legale di Moscato, ha sottolineato come il suo assistito abbia "chiesto la sospensione per messa alla prova, accolta dal Tribunale di Cuneo. Svolgerà lavori socialmente utili, il cui esito verrà valutato all'apertura del dibattimento. L'eventuale buon esito della messa alla prova dovrebbe quindi portare all'estinzione della sua posizione. Nel corso del dibattimento sarà comunque sentito come testimone e ribadirà quanto già dichiarato nella fase delle indagini".
"Ci difenderemo nelle sedi opportune con documenti alla mano", si limita a commentare l’avvocato Michele Galasso, difensore di Alberto Bertone. Tra i documenti, probabilmente gli stessi bilanci di Fonti Alta Valle Po, reperibili in rete, che evidenziano un fatturato in crescita. Era di 25 milioni circa del 2018, arrivando a superare i 31 milioni nel 2021.
Nel processo sono costituiti parte civile la società Fonti Alta Valle Po Spa, patrocinata dall’avvocato Nicola Menardo (Studio Grande Stevens di Torino) e i soci della stessa, rappresentati dall’avvocato Federico Canazza (Studio Weigmann).
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