E' venuto a parlare di vecchiaia, da vecchio quale è. Classe 1940, Vittorino Andreoli è tra i più celebri psichiatri italiani, autore di decine di libri, innamorato dei matti, "quindi di quasi tutti - scherza. Perché la normalità mi annoia".
Ieri era a Cuneo, invitato dalla Fondazione Ospedale Cuneo Onlus, in collaborazione con Villa Tornaforte Aragno Humanities Forum Cuneo. Un'occasione per andare da Arione e prendere un caffè e comprare i Cuneesi. "Che bella città, accogliente".
Un incontro molto partecipato, sul tema "La Vecchiaia come Visione del Mondo", introdotto dal dottor Luigi Salvatico.
Non ama termini diversi dalla parola vecchio, Andreoli. Longevo, senile, anziano... "Pensate se "Il vecchio e il mare" fosse stato intitolato "Il longevo e il mare"...
Un discorso a cuore aperto, il suo, quello di un uomo che vive la condizione della vecchiaia e ne evidenzia tutta la forza. "Diventare vecchio è analogo al passaggio tra infanzia e adolescenza. Stiamo vivendo un fatto antropologico senza precedenti: superiamo il 25 per cento degli ultra sessantenni in Italia. E' una fase in cui ci si può concentrare sui legami, sui sentimenti. La vecchiaia non è la malattia né la saggezza, è un’età di libertà rispetto a obblighi e corse. È l’età del perdono, l'età della fragilità, in cui si sperimenta il senso del limite".
E ancora: "La vecchiaia è come l'ultimo capitolo di un libro, che a volte lo spiega tutto". Infine un invito a non colpevolizzare i vecchi, a non considerarli un peso, ma una splendida risorsa, perché hanno tanto da dare. E fa l'esempio di alcune comunità di anziani nelle quali sono stati accolti anche bambini. Un esperimento bellissimo e potente.
Infine un cenno alla depressione. "Il depresso ritiene di non essere capace di fare nulla e rimane fermo perché non sa più cosa fare. Il 14% delle persone è clinicamente depresso e molti di questi sono anziani. Vorrebbero fare qualcosa per la società, ma nessuno li coinvolge".
E racconta di un libro presentato di recente a Milano, scritto da un professore di Fisica del Politecnico, adesso 91enne. "La prefazione è di un altro fisico, di 87 anni. La postfazione è mia, che di anni ne ho 83. Questo libro ha 250 anni. E stiamo pensando già al prossimo".