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Saluzzese | 03 gennaio 2023, 07:18

Commercio, Saluzzo manda in archivio un 2022 con 18 nuovi negozi a fronte di 12 chiusure

Numeri in linea con quelli del 2021 per il terziario cittadino. "I dati dicono che Saluzzo è un luogo dove si aprono più attività di quelle che chiudono": Francesca Neberti Assessore alle attività produttive. In 10 anni circa 100 aperture. Rinaudo (Ascom): "Annata di generale tenuta. Bene l’alimentare, altalena per altri generi"

Vetrine accese in corso Italia a Saluzzo

Vetrine accese in corso Italia a Saluzzo

Che anno è stato per il commercio saluzzese? A offrire una prima parziale risposta sono i dati forniti dall’Ufficio Attività Produttive del Comune. Numeri che evidenziano come, negli ultimi dodici mesi, in città si è registrata l’apertura di 18 nuovi negozi, contro i 12 che hanno cessato la propria attività.
Un andamento in qualche modo simile a quello già visto nel 2021, quando le nuove insegne comparse in città erano state 17, a fronte di 9 che si erano invece spente.  
Nel solo settore della somministrazione di bevande, sempre nell’anno appena concluso, si registrano due cessazioni e tre nuove insegne (nessuna cessazione nel 2021 a fronte di una aper tura).s

Il saldo dell’anno appena trascorso  in termini di numeri è positivo. Ma può essere un dato asettico e non indicatore di benessere o malessere commerciale, se non analizzato con altri fattori. 

Il tema commercio era già stato al centro del dibattito durante la seduta del Consiglio comunale del 30 novembre scorso, quando l’assessore alle Attività produttive Francesca Neberti era stata chiamata a rispondere a un’àèùinterpellanza presentata sul tema dagli esponenti della minoranza Alessandra Piano e Fulvio Bachiorrini. Alla Giunta la minoranza chiedeva conto del progressivo depauperamento del tessuto commerciale cittadino: un fenomeno a loro avviso ben ravvisabile nelle numerose chiusure registrate nel centro città.

Lo stesso assessore aveva però spiegato come nel 2012 le attività del terziario attive sul territorio comunale fossero 613, mentre dieci anni più tardi se ne contano 707. Questo secondo quanto riportano conteggi che, fino al 2019, arrivavano dal competente Osservatorio della Regione, e successivamente dall’Ufficio Attività Produttive del Comune.

Ma se è vero che i numeri in crescita dell’ultimo decennio dicono che non c’è stata una chiusura di massa e parlano di un tessuto produttivo attivo e vitale, certamente sarebbe balalizzare dire che “non va tutto bene” e alcune vetrine vuote nel centro cittadino qualche riflessione devono indurla. 

Questo per ragionare sulle criticità del comparto come sugli interventi da adottare a supporto di un commercio che da anni sta cambiando pelle, faticando per fattori che vanno dagli alti costi generali di gestione a merci che non arrivano facilmente come un tempo, dagli alti costi degli affitti, con la conseguente fuga dal centro degli imprenditori, sino ai cambiamenti che la pandemia ha portato nelle abitudini di acquisto della clientela, sempre più rivolte al digitale e sempre meno legate al contatto personale col venditore. 

In Consiglio l’assessore Neberti aveva ricordato le azioni intraprese in favore del terziario ( oltre un milione di euro investiti) e testimoniato la volontà dell’Amministrazione di cogliere tutte le opportunità possibili per promuoverlo in città e territorio, sottolineando quanto una narrazione  sbagliata del comparto possa essere dannosa per l’immagine dello stesso. “I dati dicono che Saluzzo è un luogo dove si aprono più attività  di quelle che chiudono”.  In questi dieci anni c'è sempre stato un trend positivo di aperture (circa 100) e le tante inizisatuve messe in campo per il sostegno al commercio  e per nuove progettualità hanno dato il loro frutto". 

Ma superando il tema del saldo tra aperture e chiusure, a dare un giudizio sull’anno appena chiuso è il presidente della locale Ascom Danilo Rinaudo: "Parlerei di una sostanziale tenuta generale – spiega – con punte in alto per il settore food, e in particolare per bar e ristoranti, e in basso per quello no food, con alcuni settori dell’abbigliamento in altalena. Nel 2021, dopo un anno di chiusure e restrizioni legate al Covid, la gente si era un po’ sfogata nel periodo natalizio e questo aveva garantito un finale d’anno con ottimi incassi. Il fatto di aver mantenuto stabile quel trend anche nel 2022 ci fa ben sperare".

Ma certamente vanno tenute sotto controllo le chiusure: nel 2022 ci sono state cessazioni di importanti e storiche vetrine. Spesso dovute alla sopraggiunta età da pensione dei titolari, che magari non hanno nei figli l’occasione di una possibile continuità, semplicemente perché questi ultimi si sono dedicati da tempo ad altro. O perché quello stesso traguardo si è fatto anche solo vicino, ma intanto sono venute meno le condizioni economiche per tenere aperto in modo profittevole. “Speriamo in qualche aiuto anche da parte del Governo, per non fare venire quel fondamentale presidio del territorio che il commercio garantisce nel contesto delle nostre città e paesi", è l’auspicio del presidente Rinaudo.

Vilma Brignone

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