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Attualità | 24 dicembre 2022, 08:16

Carlo Petrini: “È l’agnolotto della nonna la star dell’economia circolare. La mia passione? Il Balon di Langa”

Il patron dell’Università di Scienze Gastronomiche e Slow Food: “Un’allieva di Pollenzo guiderà le politiche alimentari del Brasile, significa che il nostro metodo funziona”

Petrini

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“Lo dico sempre: si innova solo se non si dimentica. Per questo credo che l’agnolotto della nonna salverà il mondo”.

In queste poche parole si condensa tutta la filosofia di Carlo Petrini - gran patron di Slow Food, nonché fondatore dell’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo, in provincia di Cuneo - che in tempi non sospetti, oltre trent’anni fa, già aveva intuito dove il mondo dell’agricoltura stava andando a parare, senza più un’identità vera, cura delle tradizioni e delle diversità territoriali. E adesso che tutti si stupiscono per il termine “sovranità alimentare” affiancato a Ministero dell’Agricoltura, lui può ben dire: “è un concetto di cui parlo da sempre”.

Gentile e mai avaro nel regalare il suo tempo e il suo pensiero agli altri, Carlo Petrini, in un raro momento di tranquillità, spiega: “La sovranità alimentare è alla base del lavoro di Slow Food da sempre. Il principio cardine è la scelta dei popoli su cosa coltivare affinché le politiche agricole siano in sintonia con il tessuto ecologico, economico e sociale. In questo modo non si creano squilibri né dipendenze. Del resto al tempo dei nostri nonni era così”.

“Quindi andiamo avanti solo se ci guardiamo indietro”.

“Assolutamente sì. Il che non vuole dire rimanere fermi su posizioni obsolete ma iniettare innovazione sulle nostre pratiche tradizionali. A volte sorrido nel vedere in televisione grandi chef che parlano di economia circolare contro ogni spreco, che è poi ciò che facevano un tempo le nostre donne in cucina: riciclavano inventando piatti nuovi e gustosi. Così hanno sfamato famiglie intere. La ribollita toscana e gli agnolotti sono un esempio perfetto di questa economia antispreco: due piatti che nei ristoranti stellati paghi 40 euro e che le nostre nonne creavano recuperando gli avanzi della settimana. Il mondo del cibo è da sempre in mano alle donne, sono loro a far crescere le generazioni future”.

“È appena tornato dal Brasile dove ha partecipato al congresso Mesa e le ha cantate a tutti”

“Ho solo ricordato che è una vergogna che ci sia ancora gente che muore di fame: un miliardo di ettari di terreno e 250 mila litri di acqua sono impegnati a produrre cibo che buttiamo. Ma cambiare si può, i giovani con i loro comportamenti possono dare una svolta. E in Brasile ne ho avuto la certezza”.

“Perché?”

“Ho incontrato una delegazione di ex allievi dell’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Dico sempre che loro sono i miei figli e mi ha fatto piacere constatare il loro impegno costante per creare un mondo migliore e sostenibile. Il fatto che al ministero dell’Alimentazione del governo Lula sia stata nominata Bela Gil, che ha frequentato un master a Pollenzo, non solo è un grande orgoglio ma anche un segnale tangibile che qualcosa sta cambiando”.

“A proposito di governo, sarebbe disponibile a collaborare con il ministro dell’agricoltura e sovranità alimentare Fancesco Lollobrigida?”

“Certo, noi siamo pronti a collaborare sempre e con tutti. Il settore è così ampio ed articolato che credo non abbia colore politico ma solo obiettivi da raggiungere. È molto positivo che la sensibilità delle persone verso questi temi stia cambiando: c’è ancora molto fa fare e tra pandemia e crisi per la guerra in Ucraina, abbiamo toccato con mano le difficoltà di un mercato globale che schiaccia le peculiarità del territorio a scapito della qualità”.

Come passa il suo tempo libero Carlo Petrini?

“Non ho molto tempo libero: quello che faccio mi appassiona, anche se i lunghi viaggi mi stancano di più ora che un tempo. Mi piace lo sport e sono un vero appassionato di balon, ossia del pallone elastico, il gioco tradizionale delle Langhe e appena possono vado negli sferisteri o sulle piazze a vedere una partita”.

NaMur

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