Una donna in gravidanza su sei partorisce con il Covid. È la rilevazione che la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso) ha compiuto in 12 ospedali sentinella.
Il dato è preoccupante dal punto di vista gestionale, per le ripercussioni organizzative nei reparti di Ostetricia e, a catena in quelli delle Terapie Intensive Neonatali (Tin).
A confermarlo il primario della Tin attiva presso l'ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo, dottor Andrea Sannia.
"Da qualche settimana – spiega il dottor Sannia – stiamo assistendo ad un aumento importante delle partorienti positive. Il sistema sta reggendo, ma con un enorme sforzo organizzativo e logistico. Al momento abbiamo quattro bambini in isolamento perché potenzialmente positivi in quanto contatti di madri positive. Quasi certamente non lo saranno, il rischio è dell'1%, ma non si può agire diversamente".
Il dottor Sannia spiega quelle che sono le evidenze scientifiche, su milioni di casi nel mondo: "Una madre positiva non partorisce un bimbo positivo. Il Covid non si trasmette attraverso la placenta, né mediante l'allattamento. Avviene, però, tramite contatto. Non separiamo il neonato dalla madre, anche se positiva. Vengono separati insieme, con conseguenze sulla gestione degli spazi. Vengono date delle indicazioni alle neomamme, tra cui igienizzarsi costantemente le mani, indossare le mascherine ed evitare il contatto ravvicinato, se non per allattare. Ma non è semplice: come fa una mamma a non sbiaciucchiare il proprio bimbo appena nato? Ecco che siamo costretti a tenere isolati mamma e figlio. I bambini possono essere, infatti, per almeno 14 giorni, dei potenziali untori, ed essere quindi pericolosi per gli altri neonati, che sono nelle Terapie intensive perché prematuri o fragili. Quindi ad alto rischio. Questo complica notevolmente la gestione, perché riduce gli spazi e gli operatori sanitari, che sono destinati solo a questi casi e non possono entrare in contatto con pazienti non Covid".
Nelle scorse settimane erano ricoverate, per partorire, una decina di mamme tutte positive. "E' stato necessario predisporre una sala parto aggiuntiva", evidenzia ancora Sannia.
La vera emergenza, in questo inverno, è stata invece quella rappresentata dalle bronchioliti da virus respiratorio sinciziale. Infezioni delle vie respiratorie non dovute al Covid. Ma difficili da gestire proprio per la presenza di bambini in buono stato di salute ma potenzialmente positivi al Covid. "Tra ottobre e novembre siamo stati in enorme stress per questo. Abbiamo avuto 24 ricoveri per bronchioliti, un'impennata incredibile, quattro volte superiore a quello che accadeva negli anni precedenti, dovuta perlopiù alla frequentazione della scuola da parte dei fratellini. Questi bambini, tutti sotto i 6 mesi, hanno avuto bisogno di essere trattati con l'ossigeno o ventilati meccanicamente. Questa è stata la vera emergenza. Al contrario, non abbiamo avuto nessun ventilato per Covid. Le altre patologie continuano, abbiamo avuto enormi difficoltà nella gestione dei bambini affetti da bronchioliti, che arrivavano anche dagli altri ospedali della provincia. Noi stessi li abbiamo dovuti trasferire a Torino, al Sant'Anna o al Regina Margherita, perché da soli non ce la facevamo. La rete pediatrica regionale ha funzionato ottimamente, ma il punto è un altro: un bambino che nasce da una madre positiva richiede una gestione che impatta su tutto il resto. Pur stando bene, complica la gestione di pazienti che hanno invece patologie importanti e rischiose".
Sannia conclude: "Noi eravamo abituati a 6 o 7 casi all'anno di infezioni delle alte vie respiratorie. In questa stagione, invece, sono esplose. La gestione, proprio per l'aumento importante di madri positive e neonati a rischio che, ribadiamo - tranne qualche rarissimo caso stanno bene - è complicata. Un paziente Covid che devi isolare crea un problema enorme nei reparti".
In Breve
venerdì 22 novembre
Accadeva un anno fa
Attualità
Attualità
Attualità