Una lettera provocatoria, che ci arriva dal titolare di un'attività e che evidenzia come le lungaggini legate ai responsi dei tamponi incidano in maniera diversa in base alla propria situazione, in particolare quella lavorativa.
C'è chi è garantito, come i dipendenti, e chi invece ha una pensione e quindi non lavora più.
Per chi, invece, deve mandare avanti "la baracca", perdere giorni di lavoro in attesa di avere l'esito del tampone costituisce un'ennesima difficoltà in un contesto economico già complicatissimo.
Ci è sembrato giusto dare voce a questo lettore, perché evidenzia una situazione comune a molte persone e che, probabilmente, comporta anche che alcuni autonomi o professionisti potenzialmente positivi non si sottopongano al test proprio perché rischiano di restare bloccati in un'attesa che può durare molti giorni.
Egregio direttore,
da 6 giorni io e mia moglie abbiamo fatto il tampone, peraltro in modo molto agevole, a Mondovì. Non abbiamo notizie sulla nostra eventuale positività, il sito non funziona, il medico di medicina generale - non che sia colpa sua - non ci ha comunicato nulla. Da una settimana siamo isolati!
Mi chiedo se in un paese civile, confrontiamoci con la solita Germania, tutto ciò abbia senso...
I tamponi rapidi esistono e consentono in mezz’ora di valutare il tuo stato di salute! Questi tempi sono assurdi soprattutto in un momento di crisi economica che colpisce tutti, ma attenzione, non indistintamente!
Avanzo una proposta: investiamo sui test rapidi per chi è attivo e se proprio dobbiamo mantenere queste assurde lungaggini, “riserviamole” a chi è in pensione o a chi è garantito, come molti dipendenti, in particolare gli statali.
Ciò non deve essere visto come discriminatorio, ma come una richiesta di adeguarsi ad una realtà che non è uguale per tutti!
Io pretendo di sapere se sono positivo o posso essere produttivo, per me e per la mia azienda! Dobbiamo avere coraggio, anche in queste scelte. Il mal comune, purtroppo patologico, non può essere mezzo gaudio.
Antonio Zucco, Trinità