Primo giugno. E’ questa la data alla quale il Governo Conte guarda per la riapertura di bar e ristoranti: attività ferme dallo scorso 8 marzo (ma qualcuno aveva autonomamente deciso di chiudere prima di quella data) e che quindi sono ormai entrate nel terzo mese di stop, con la difficoltà di doversi inventare la nuova "normalità" di una ripresa prossima ventura difficile a immaginarsi, secondo gli stessi addetti ai lavori, costretta tra pannelli di plexiglas, misuratori della febbre e registri per il tracciamento dei commensali.
Un destino che, guardando in particolare alla ristorazione, accomuna realtà anche molto diverse tra loro, ma che tra Langhe e Roero interessa una percentuale altissima di locali di alto e altissimo rango, tale è il numero degli stellati (ben 18) che da tempo fanno delle colline Unesco uno dei più apprezzati comprensori mondiali della buona tavola.
Abituati a condividere esperienze e fare sistema, gli chef del territorio in questi giorni non hanno perso l’occasione di confrontarsi sulle ricette possibili della ripartenza, giocando da protagonisti negli appuntamenti del forum che l’Atl di territorio sta promuovendo alla ricerca di una bussola capace di orientare gli operatori del comparto verso il turismo di domani.
E nell’attesa della riapertura, dopo settimane di serrata obbligatoria, anche gli stellati sono ritornati nei loro locali per fare quello che meglio sanno fare: cucinare per i loro clienti, anche se nelle forme – quella del "delivery" e ora anche del "take away" – descritte da due degli inglesismi che la quarantena ha importanto nel nostro vocabolario.
Una scelta, quella di riaccendere i fornelli, che non esclude i più rinomati nomi della nostra gastronomia, a partire dal suo principe indiscusso, quell’Enrico Crippa che - in sodalizio con la famiglia Ceretto – col suo "Piazza Duomo" ha portato alla corte della capitale delle Langhe le tre stelle Michelin: unico locale del Piemonte a potersi fregiare di un riconoscimento internazionale appannaggio in Italia di appena undici colleghi.
Un segnale dato all’affezionata clientela locale, ma anche alla forza lavoro impegnata tra la cucina e la sala dell’esclusivo ristorante affacciato sulla cattedrale albese e a quelle – più sobrie – del suo fratello minore, l’osteria "La Piola".
E’ da questa seconda che ormai da settimane si prendono le prenotazioni sulla base di un menu fortemente ispirato ai classici della cucina langarola, prima che dalla stessa cucina partano i furgoncini dedicati alle consegne. Due momenti che hanno consentito di ridare gas a fornelli che, prima dell’emergenza, impegnavano ogni giorno oltre 40 persone: 24 chef e 12 addetti di sala a Piazza Duomo, una decina di persone, tra cuochi e camerieri, nella trattoria del piano terra.
"Quella del delivery, della consegna a domicilio dei nostri piatti,era una possibilità che per quanto riguarda in particolare la Piola avevamo già preso in considerazione in tempi non sospetti – spiega Roberta Ceretto, che da tempo segue da vicino le attività di ristorazione della famiglia vinicola albese –, viste le frequenti richieste di clienti desiderosi di poter offrire anche a casa quanto abitualmente potevano gustare ai nostri tavoli. Ci siamo arrivati con questa emergenza, soprattutto per lanciare un messaggio, per dire che comunque sia si riparte, anche se in modo nuovo, e con tutte le cautele del caso".
E’ così che, dopo settimane di fermo, Enrico Crippa e Dennis Panzeri, lo chef della Piola, hanno deciso di impegnarsi in questo progetto, elaborando un progetto diventato poi il menu a quattro mani che rappresenta l’attuale offerta della casa.
"Da giugno contiamo di riaprire i nostri ristoranti - riprende Roberta Ceretto –, ma sappiamo che questa sola facoltà non potrà risolvere d’incanto le problematiche dell’emergenza sanitaria. Da settimane stiamo ragionando sul 'come', ma in questo senso il nostro settore più di altri è costretto a navigare a vista, appeso all’evolversi della situazione. La bella stagione e gli spazi dei dehors aiuteranno. Ma Alba non è la Sicilia, e dopo l’estate le difficoltà collegate agli spazi e all’esigenza del distanziamento si ripresenteranno, in mancanza di decisive novità sul fronte sanitario".
Anche da qui la volontà di provarci, di portare la cucina del ristorante a casa dei clienti, nel caso dei due locali lavorando con attenzione sul confezionamento, con piatti recapitati in sottovuoto e accompagnati dalle istruzioni per portare in tavola nel modo più corretto i "tajarin" al sugo o la torta alle nocciole con lo zabajone al moscato.
"Prima che la gente si riabitui a frequentare luoghi pubblici ci vorrà probabilmente del tempo. Dopo settimane nelle quali, reclusi in casa, abbiamo riscoperto il piacere della cucina, siamo già passati a una fase nella quale il convivio familiare può passare dalla voglia di farci una coccola, di concederci un 'comfort food' che ci riporti nella quotidianità perduta, nell’attesa di ritrovarla. Anche perché tutti speriamo di poter tornare presto a ospitare i nostri familiari e amici, con la differenza che le persone comunque lavorano, anche se da casa, e che in famiglia non sempre abbiamo il tempo necessario a cucinare gli agnolotti col plin o il vitello tonnato… Enrico ci crede e noi sosteniamo questa scelta".
Questo è l’oggi. E per il futuro?
"Il futuro al momento è un’incognita per tutti, e per la ristorazione più di altri. Temo che almeno per un po’ di tempo dovremmo abituarci a fare a meno degli stranieri, che per realtà come le nostre rappresentavano anche il 70-80% della clientela. Sarà allora importante lavorare tutti insieme per incrementare la cultura gastronomica di noi italiani, saper educare il nostro pubblico e quello locale in particolare ad apprezzare i nostri buoni locali di prossimità. Così come avviene abitualmente in Francia, ad esempio, dove una cena stellata è un’esperienza frequente e ricercata".
Un auspicio?
"Saputo della possibile riapertura al 1° giugno a Piazza Duomo sono arrivate le prime prenotazioni, mentre altre ne abbiamo già per settembre. E’ un segnale che ci fa ben sperare, per i nostri locali e per tutto il comparto di Langhe, Roero e Monferrato".