- 03 settembre 2014, 07:45

Non facciamo di tutte le collezioni un fascicolo

La fine estate è il nuovo inizio. Ricomincia la scuola, si riprende il lavoro dopo una pausa più o meno lunga, si torna in palestra, si riprende la vita di sempre. E le edicole si riempiono di nuove collezioni. Delle quali ne avremmo fatto benissimo a meno.

Sommergibili, rosari, navi (velieri), soldatini, case per bambole, orologi, paccottiglia religiosa (santini), automobiline, scheletrini, dinosauri, pietre e gemme, enciclopedie, insetti, caschi in miniatura, corsi di lingue, trattori, macchine movimento terra, coltellini: sono solo una piccola parte di cose intrinsecamente inutili che gli esperti del marketing hanno pensato potrebbero invece esserci molto appetibili.

Chi di noi non si è fatto attirare dal comprare, almeno una volta, qualcosa che ci aveva attratti inspiegabilmente, un oggettino insignificante, una enciclopedia a dispense o un modellino di automobilina. Senza essere riusciti ad andare oltre al terzo numero. Per questo motivo mi chiedo se poi tutte, ma proprio tutte, le raccolte riescono ad arrivare fino all'ultimo, dopo mesi (anni) di pubblicazioni. E soprattutto mi piacere conoscere personalmente il signor Tal dei Tali che è andato in edicola e ha chiesto all'edicolante la settecentesima dispensa con annessa una minuscola vite, ultimo pezzetto indispensabile per completare il veliero di formato quasi pari all'originale.

Che, completato, gli sarà costato un capitale, sicuramente molto di più che se lo avesse acquistato già bello che fatto. Ma vuoi mettere la soddisfazione di averlo creato da soli e con tanti sacrifici con tanto tempo sottratto a fare di qualcosa di più utile (o anche a non fare assolutamente niente, che non è poi tanto male) e dire: “Questo l'ho fatto io!”. Io questa pazienza non ce l'ho. E non mi interessa neppure averla.

All'inizio si trattava solo di enciclopedie o corsi di lingue. Tutti abbiamo avuto in casa un'enciclopedia che avevamo acquistato a dispense, che generalmente arrivava a completamento. Più difficile, invece, arrivare fino all'ultimo numero del corso di inglese o francese. Che dapprima erano dischetti 45 giri, poi evoluti in audiocassette, poi in compact disc, poi spariti. Oggi sopravvivono solo i dizionari, cartacei (quelli piccolini, tascabili, dove cerchi sempre una parola che non trovi) o al massimo in formato digitale da leggersi sui lettori ad hoc. Ma anche questi stanno dando segni di cedimento. Con l'avvento dell'era digitale e soprattutto degli smartphone chi ha più necessità di andare in paesi stranieri portandosi un pesante e ingombrante libro per dire buongiorno, grazie, quanto costa, buonasera.

Questo collezionismo spiccio, che non comporta alcun sforzo, nessuna ricerca né tanto meno dedizione, in quanto è sufficiente passare ogni settimana in edicola per arrivare – eventualmente – alla collezione completa, rivolto verso oggetti seriali, riprodotti industrialmente, nulla ha che fare con la vera passione di chi cerca, magari con sacrifici, spendendo tempo e denaro, anche viaggiando, quell'oggetto particolare che può essere anche solo un ditale. Ma il senso di soddisfazione ed il piacere che il vero amatore prova quando poi, alla fine, riesce a trovare proprio quel ditale lì, il collezionista di automobiline non le proverà mai.



Monica Bruna