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Curiosità | 02 aprile 2019, 10:01

Bra, la chiesa di Santa Maria degli Angeli e una storia rimasta sottotraccia

Fra Luca, al secolo Pier Giorgio Isella, ci accompagna alla scoperta di uno dei tesori della città (Seconda puntata)

Bra, la chiesa di Santa Maria degli Angeli e una storia rimasta sottotraccia

In pochi conoscono la storia di Santa Maria degli Angeli, la chiesa che si staglia sulla collina di Bra di fronte a piazza XX Settembre.

A ripercorrere i vissuti dell’edificio sacro è ancora Fra Luca, al secolo Pier Giorgio Isella, frate cappuccino residente nel convento, che è già stato autore di sorprendenti scoperte come la tomba di Filippo d’Agliè e la Bastita di Torino.

Nella città di Bra la chiesa di Santa Maria degli Angeli è nota tra gli abitanti anche con il nome di chiesa della “Rocca”, dal luogo; e dal 1906 anche detta dei “Fratini” per via del piccolo Seminario dei Cappuccini che per alcuni anni e in maniera transitoria costituì con l’annesso convento; la notevole struttura occupa uno spazio urbano ambizioso in posizione di rilievo sull’attuale piazza XX Settembre, sito che fino alla fine del secolo XIX era in gran parte occupato dalla voragine della Rocca. La chiesa ha il prospetto principale, quello dell’ingresso, volto verso occidente. L’originale e considerevole struttura tondeggiante venne eretta a partire dal 1742 su disegno perduto di ignoto, in seguito attribuita con qualche dubbio all’ingegnere Pietro Giacomo Ronco, personaggio noto nella storia cittadina solo per gli interventi sulle strutture idrauliche a riguardo delle criticità idro-geologiche dell’area della Rocca; il critico d’arte Giuseppe Luigi Marini riportò invece il nome di Giovanni, senza citare altro. Il fatto che del progetto di questo edificio apprezzabile e impegnativo non si conosca l’autore può apparire paradossale a molti: la ricerca che soggiace a questo scritto si propone anche di apportare qualche contributo a questo riguardo. Il prospetto esterno della chiesa appare tutt’ora non ultimato, in nuda opera muraria, e come si rileva, è predisposto per l’intonacatura; l’insieme si svela come ricercato dominio prospettico del paesaggio, espressione dell’ultimo barocco sabaudo nella prima metà del secolo XVIII e invito alla cultura del razionalismo; dalla piazza sottostante l’edificio è reso imponente per l’accesso con una doppia serie di scalinate di recente e poco adeguata fattura. Ad un primo sguardo ravvicinato la chiesa rivela non pochi evidenti segni di incompiutezza architettonica e decorativa a partire dalla facciata, e denuncia anche abbondanza di significative lesioni che dal basso si allungano e aprono fino alla linea di gronda, queste ferite sono riparate con importanti cuciture nell’orditura muraria. Dalle vicende edilizie della chiesa, appuntate negli antichi “Ordinati comunali” si rileva trattarsi degli esiti della poca consistenza nelle fondazioni in relazione al sito geologico acquoso e costituito da terre “sabionicie” della Rocca sulle quali l’edificio è stata eretto. Il particolare è indicato anche dalle perizie richieste all’ingegnere Bernardo Vittone che nel 1742 avviava in Bra il cantiere di Santa Chiara; gran parte delle medesime citate lesioni sono di facile rilevamento tutt’intorno all’esterno ed anche nell’interno. La struttura dell’edificio appartiene alla tipologia delle chiese con pianta ellittica, un modello di cui sono conosciute molte realizzazioni negli edifici di culto progettati tra i secoli XVII e XVIII; in Santa Maria degli Angeli, tuttavia, lascia interdetti la singolarità dell’ellisse orientato con l’asse maggiore trasversale, mentre di regola, come noto, l’orientamento dell’asse è sempre posto sulla longitudine, perché è quello funzionale e proprio all’uso liturgico; consuetudine richiesta nella architettura delle chiese della Controriforma. Per altre notizie circa l’architettura della chiesa, soprattutto sul patrimonio d’arte si rinvia ai contributi di Paolo Brizio nel secolo XVIII; dei contemporanei Marcella Brizio per la storiografia artistica; di Lidia Botto su architettura, pittura e arti varie”.

Proposta di un cammino artistico e interiore che ci riconduce e restituisce a noi stessi e alla nostra città.

silvia gullino

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