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| 06 aprile 2016, 07:15

Chi non vorrebbe una vita da favola?

Disegno di Danilo Paparelli

Disegno di Danilo Paparelli

 Una vita da favola? Dipende. Nei racconti tradizionali di autori come Perrault, i fratelli Grimm o Andersen, i protagonisti spesso vivevano vite orrende e finivano malissimo. Prendiamo “La piccola fiammiferaia”, che è di una tristezza infinita. La ragazzina che dovrebbe vendere i fiammiferi per la strada non ne vende neppure uno, pensa di usarli per scaldarsi, ha varie apparizioni e poi muore. Sono cose da raccontare a un bambino? In alternativa alla storia desolante, la storia truculenta. Nel classico dei classici, “Cappuccetto Rosso” la bambina viene mandata dalla madre irresponsabile dalla nonna attraverso un bosco, tutta sola. Inevitabilmente, incontro il Lupo Cattivo, che se la mangia. Poi va bene, arriva il cacciatore che uccide il lupo e lei esce dalla sua pancia sana e salva (me la sono sempre immaginata tutta sporca di sangue con in mano ancora il famoso cestino che doveva portare alla nonna, mangiata pure lei e con la quale aveva convissuto nello stomaco dell'animale -che poi come facevano a starci in due…). Ma quanto fa paura?

Eppure una volta funzionava così. Si trattava quasi sempre di trame deprimenti perché scritte nel Sette-Ottocento, quando i bambini o erano poveri e miserabili, oppure ricchi e infelici. E prima doveva essere anche peggio. Matteo Garrone con il suo film “Il racconto dei racconti” ci ha fatto conoscere alcune delle fiabe di Giambattista Basile, autore vissuto nel Seicento: spaventose. Proprio qui sta il punto, terrorizzare i più piccoli. State attenti che il mondo degli adulti è crudele, un posto orrendo, pieno di pericoli. Con un possibile lieto fine consolatorio, alla Cenerentola e Biancaneve, o una fine e basta, come nel caso della piccola fiammiferaia.

Quando ero piccola le favole erano sostanzialmente ancora queste vecchio stampo. Le parti dei racconti che più mi rimanevano impresse erano quelle centrali, le più dolorose. Come per “Il brutto anatroccolo”. Che poi diventasse un affascinante e invidiato cigno per me era ininfluente. Il vero fulcro era che c'era questo animaletto sgraziato e che tutti lo prendevano in giro, e basta. La sua e la mia realtà era quella da bimbo-anatroccolo, non da adulto-cigno.

Poi, per fortuna, qualcosa cambiò. Quando fui in grado di leggere autonomamente, mi buttai sui libri di un genio, Gianni Rodari: “Le avventure di Cipollino” o “Gelsomino nel paese dei bugiardi”, sono letture che anche i bambini di oggi, che hanno un cervello strutturato in modo diverso dal nostro, possono apprezzare pienamente. Anche Astrid Lindgren, l'autrice di Pippi Calzelunghe, ebbe il merito di creare un personaggio che funziona ancora. Perché Pippi era assurda, ed il fatto che vivesse da sola con una scimmietta (il Signor Nilsson) e con un cavallo a pois, che non andasse a scuola (forse la cosa più strana e anche bella da concepire per un bambino), quindi non ancorata per nulla alla vita reale, la rendeva simpaticissima.

Da qualche decennio a questa parte i bambini sono decisamente più fortunati perché possono attingere a libri stupendi, sotto tutti i punti di vista. Sono belli perché raccontano storie a misura di ragazzino, anche attingendo alla vita reale, perché no. E sono belli perché illustrati con disegni stupendi, dove la fantasia dei disegnatori toccano vertici altissimi. A proposito di questo, peccato non poter fare un giro alla Fiera di Bologna dedicata alla letteratura infantile che si sta svolgendo in questi giorni. Questa sì che sarebbe una vera giornata da favola. 

Monica Bruna

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