Le Poste Italiane in questo periodo stanno facendo una massiccia campagna pubblicitaria con cui ci dicono che "stanno cambiando". Solo il tempo ci dirà se questa metamorfosi sarà in grado di offrire un servizio efficiente, ma il processo di privatizzazione di un colosso simile si trascinerà dietro inevitabili trasformazioni. Come i paventati tagli degli uffici postali nelle piccole località montane o la consegna a giorni alterni della posta in alcuni comuni, annunci che hanno spaventato non poco gli utenti e sollevato un acceso dibattito sulle pagine dei giornali, e non solo.
Sta di fatto che già da un po' la posta non è più quella di una volta. Quando per comunicare con qualcuno c'era solo la parola che veniva veicolata nell'etere tramite il telefono o la parola scritta. La lettera, cioè un foglio bianco sul quale si tracciavano dei segni dai precisi e studiati significati. Si prendeva poi questo foglio, lo si piegava, lo si metteva dentro una busta e si spediva. A questo punto subentrava l'attesa. Mai meno di un giorno, a volte settimane perché arrivasse la risposta. Ma ci eravamo abituati, lo mettevamo in conto, anche quando si attendeva "la Risposta" dalla quale poteva anche dipendere il resto della vita. E poi che emozione quando arrivava il postino con la busta che aspettavi da un parente lontano, dal tuo spasimante o dall'amico di penna dall'altra parte del mondo.
Oggi una parola inglese ha sostituito la "lettera". La Mail di per se è quanto di più astratto ci possa essere. Scrivi su uno schermo, niente carta, niente inchiostro, in silenzio, nessun ticchettio di tasti pestati: la risposta è immediata, questione di pochi minuti o addirittura pochi secondi. Non c'è il tempo per limare, aggiustare, scegliere le parole più giuste. Si butta lì il testo, si schiaccia il tasto “invio”, e finito lì. Difficile immaginare, sotto la forma attuale di mail, lo scambio epistolare, i carteggi fra personaggi famosi, letterati, poeti, artisti e personaggi politici, diventati in alcuni casi vera e propria letteratura. Scambi epistolari scritti con penna e inchiostro, che già a scrivere una parola il tempo era straordinariamente lungo, in quel corsivo che i ragazzi, oggi, non sanno o non vogliono quasi più adoperare: ecco un'altra cosa che sta scomparendo.
E addio anche alla figura eroica e antica del postino che affrontava magari la bufera di neve o altre intemperie, ligio ad ottemperare il suo dovere, quello di recapitare “la lettera”. Il portalettere moderno arriva con motociclo elettrico, è dotato di una macchinetta elettronica per le ricevute, mentre l'ufficio postale è diventato anche una banca, un gestore telefonico, un negozio dove si vende un po' di tutto tranne gli alimentari. Così come gli uffici postali che si sono trasformati in avanzate postazioni tecnologiche da semi-cattedrali del primo Novecento (nelle grandi città) e piccoli bugigattoli (nei paesini) dove lavoravano impiegati che sembravano il prototipo del “travet”, persone grigie con mezzemaniche dai movimenti straordinariamente lenti.
Ma poiché oggi il concetto di lentezza è quasi totalmente bandito, e anzi pare essere un difetto o qualcosa che proprio non va, e il “subito” o “adesso” è diventato imprescindibile, la vecchia e cara lettera fine a se stessa è in via di estinzione, mentre sopravvivono (non si sa ancora per quanto tempo) bollette, avvisi, intimazioni, multe, citazioni legali, tutte cose accomunate dal portare con sé una sensazione di disagio quando le si intravede spuntare dalla cassetta postale.