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| 01 luglio 2015, 06:29

Un articolo sol-levante

Un articolo sol-levante

In principio fu Yoko Ono. Fra la fine degli anni '60 e il decennio dei '70 era l’artista giapponese più famosa sulla faccia della Terra. Personaggio molto complesso, contro di lei si sono accaniti in tanti: è colpa sua se i Beatles si divisero? Forse si, forse no, chi può dirlo se non i diretti interessati? Ma per quello che mi riguarda, fu con Yoko Ono che la “giapponesità” iniziò ad incuriosirmi.

Fateci caso, i giapponesi sembrano arrivare da un altro mondo. Certo, tutti i popoli sono diversi, con le proprie peculiarità, che possono piacere o meno. Ma loro sono decisamente molto peculiari. Di seguito alcune considerazioni, del tutto personali e purtroppo non testate in loco, ma frutto di quanto ricavato da letture di articoli su giornali e libri. Quindi informazioni di seconda mano, in attesa di verificarle di persona, se mai ne avrò l'occasione. Tralasciando gli ovvi sushi e manga.

1. Sono ordinatissimi e nel contempo disordinatissimi. Le case giapponesi sono un modello di rigore e minimalismo. Così appaiono sulle riviste di design. Però nella maggior parte dei casi abitano in appartamenti molto piccoli, se non addirittura in una sola stanza, e inevitabilmente ammucchiano alla rinfusa le proprie cose. Nelle città (che risultano piuttosto bruttine, a differenza da quanto appare dalle poetiche fotografie nei centri rurali) è tutto un brulicare di cavi elettrici che penzolano dai pali e dagli spigoli delle case, dando un'immagine da terzo mondo di una civiltà che invece è moderna e ricca.

2. Sono sensibili e nel contempo crudeli. Per quanto ci hanno fatto vedere dei giapponesi i film di guerra (girati però da cineasti che ne furono nemici), l'esercito nipponico fu talmente spietato da far concorrenza con le peggiori SS tedesche. La stessa vena truce che traspare dai documentari sulla sanguinolenta caccia alle balene. D'altro canto adorano gli animali da compagnia, soprattutto i gatti. Che sono molto “kawaii”, cioè carini, come tutta un'altra serie di cose. Non solo Hello Kitty e i maneki neko (i gattini con la zampa alzata), ma anche le Kokeshi, bambole tradizionali di legno del nord senza braccia e gambe, o i kyaraben, bento da pranzo che riproducono personaggi dei cartoni animati. In generale, è tutto molto “pupazzoso”, compresi i “cosplayers” che vanno in giro vestiti come i loro personaggi manga (e non solo) preferiti e le varie sottospecie di ragazze lolita.

3. Sono proprio strani e la vita quotidiana in Giappone è complicatissima (per uno straniero). A sentire chi ci ha veramente vissuto e lavorato, trasferirsi laggiù è un'impresa ardua. Lasciando da parte la lingua, che pure ha regole talmente contorte da essere ostica per gli stessi nativi, il lifestyle nipponico sembra studiato apposta per rendere complicate anche le cose più semplici. Ad esempio, una delle cose essenziali che bisogna procurarsi se si intende risiedere laggiù è un timbro (Inkan o Hanko) personalizzato per firmare i documenti, perché non è sufficiente il consueto scarabocchio del proprio nome come succede praticamente in tutto il mondo. Una specie di sostituto dell'impronta digitale. Nonostante del Giappone si abbia una visione di civiltà ampiamente digitalizzata, pare invece che la burocrazia (forse persino peggiore della nostra) viaggi soltanto tramite cartaceo. Ugualmente complicata è la toponomastica stradale. Le vie non hanno nome, le case non hanno numero civico, bensì vengono localizzate a seconda della cronologia in cui sono state costruite e non ho capito tanto bene quindi come ci si riesca ad orientare. Ci sono anche i mestieri che da noi sarebbero impensabili, come l’addetto che ringrazia indistintamente tutti viaggiatori che scendono dal treno e lasciano la stazione ferroviaria. Per farsene un’idea merita andarsi a rivedere l’interessante reportage che fece Pif nella sua trasmissione “Il Testimone” per l’emittente MTV, quando andò, telecamera in spalla, ad avventurarsi nel profondo mondo orientale.

Questi ed altri caratteri del mondo nipponico mi suscitano una enorme curiosità. Ma c'è anche altro che mi fa amare il Giappone, come la pulizia, la cortesia, la puntualità (quella dei treni è proverbiale, il limite di tolleranza del ritardo è di 2 minuti) e, soprattutto, gli scrittori. Che sono anche loro particolari, e infatti non a tutti piacciono. Ne cito due su tutti, i contemporanei più famosi: Murakami Haruki e Banana Yoshimoto. L'uno onirico, astratto e fantastico, Banana più semplice e lineare con le sue storie di vita quotidiana fatte di nonne, nipoti, gatti e cibo. Ovvero, la summa della vita giapponese.






Monica Bruna

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